lunedì 17 settembre 2012

Rinnovo passaporto creativo - Bangkok, Thailandia


Ricordi dell'agosto 2006

Ho deciso di sottoporre il passaporto a un'altra di quelle sessioni intensive che gli ho imposto così spesso negli ultimi anni asiatici. 
Il piano è questo: da Bangkok a Hong Kong, dove incontrerò Lu e Lo provenienti da Venezia, poi col ferry a Macao, quindi ritorno assieme a Hong Kong. Ottenere lì il visto per la Cina, passare il confine via terra e da Shenzhen volare fino al limite occidentale del paese, nello Xinjiang - con capatine a Urumqi, nel deserto, a Turpan e a dei sudici, stupendi mercatini rurali -, fare quindi di nuovo rotta a est sbarcando a Chengdu e da lì calare sullo Yunnan per fermarci a Kunming, dove da sei mesi affitto un appartamento assieme a dei compagni di studi (lingua cinese presso la Yunnan Normal University). I miei ospiti torneranno quindi a Hong Kong da dove si imbarcheranno nel loro volo di ritorno per l'Italia. Io invece mi ci fermerò un po' per poi puntare di nuovo su Bangkok, da cui anch'io ho un volo (A/R) per l'Italia. Ogni anno ci torno per un mese a visitare famiglia, amici e luoghi cari. Infine, una volta lasciata l'Italia, da Bangkok tornerò a Kunming, per restarci qualche mese.
Faccio sempre così: periodi di stazionarietà, a godermi una città o una spiaggia dove mi piace bighellonare o dove ho un contratto di lavoro, poi all'improvviso parto, senza salutare nessuno (spesso perché non c'è nessuno da salutare) e nelle settimane che seguono lascio che dei simpaticoni ai punti di frontiera o nelle ambasciate mi flagellino le pagine del documento di viaggio a colpi di timbro o le ingessino con degli adesivi che sembrano delle marche da bollo giganti. Gli spostamenti diventano ancor più frenetici quando qualcuno viene a trovarmi dall'Italia, come in questo caso. Col tempo e con l'esperienza infatti sono diventato un viaggiatore (o turista?) tendenzialmente lento: se con un posto non c'è intesa parto subito, altrimenti ci passo una settimana almeno, anche soltanto per fare qualche passeggiata e leggermi a rate un libro in un caffè che dopo un paio di giorni mi sembra già il salotto di casa. Ma gli amici o parenti che vengono a trovarmi hanno le ferie di ordinanza da venti giorni e fremono dalla smania di visitare il maggior numero possibile di località. Io per il piacere del viaggiare in compagnia (quella buona, altrimenti gli spostamenti solitari mi vanno benissimo) sono ben lieto di adeguarmi. Come questa volta.
Riassumendo, nel giro di due mesi il mio passaporto subirà quattordici timbri, tra entrate e uscite, ci saranno poi due passaggi di frontiera gratuiti (quella italiana) e in più dovrò ottenere un visto cinese. Il documento deve avere più di sei mesi di validità (ok, ce li ho) ed essere in condizioni almeno accettabili. Controllo: le copertine sono a posto, le pagine anche, la serie di sigilli e visti pure. Sembra tutto in regola...un attimo...NO! Ma che cazzo è successo alla foto? L'immagine è pesantemente offuscata, non era così l'ultima volta che l'ho guardata, ma chissà quand'è l'ultima volta che l'ho guardata. Non mi si riconosce nemmeno, potrebbe esserci chiunque dietro quella nebbiolina lattea. Sarà stata la carta da stampa scadente, o il processo di sviluppo, che ne so. Comunque è un problema serio, ho bisogno di un altro passaporto. All'ambasciata...subito!
Riconoscimento al cancello, saluti al caramba, coda (è pieno di italiani che cercano di ottenere un visto per la donna che quest'anno hanno deciso di portare a casa). Passa un po' di tempo poi arriva il mio turno. Compilo il modulo, lascio le foto, le fotocopie, i soldi e me ne vado. Mi faranno sapere.
Il giorno dopo ricevo una telefonata.
"Lei il passaporto originale ottenuto presso la questura di Padova lo ha già rinnovato due volte...una volta a New Delhi e un'altra qui."
"Esatto...in entrambi i casi erano finite le pagine..."
Silenzio all'altro capo della linea.
"Quindi?"
"Quindi visto che queste sono praticamente tre copie dello stesso documento abbiamo bisogno dei tre libretti per poterle fare l'estensione, lei ce ne ha consegnato soltanto uno, ne mancano due..."
Ah davvero? Ma quando mi avete fatto il terzo non avete voluto le due copie precedenti. Questo commento però lo penso soltanto. Non servirebbe a nulla. E' soltanto frutto della frustrazione del momento. In più lo so che queste persone stanno sinceramente cercando di aiutarmi e di fare il loro lavoro, non di ostacolarmi. Chi se ne frega del perché servono tutte le copie, servono e basta. Il problema è che...in effetti ho un problema...
"Il fatto è che ne ho uno con me, l'originale rilasciato dalla questura di Padova, ma...ehm...l'altro, quello fatto presso l'ambasciata in India...beh...è in casa a Kunming, in Cina."
"Senta, se lei non aiuta noi, noi non possiamo aiutare lei."
C'era una punta di irritazione nella voce dell'addetto. Avrà avuto una giornata difficile, con tutti quegli italiani dalla fidanzata facile...meglio gettare acqua sul fuoco.
"No no, si figuri se non voglio aiutarvi. Solo che sto pensando al modo di procurarmelo. Vi posso richiamare più tardi?"
"Va bene"
Ci penso, qui ci vuole flessibilità, improvvisazione...una procedura creativa. Mando un SMS ad A., il mio coinquilino israeliano a Kunming, ricevo la sua risposta e poi richiamo l'ambasciata.
"Scusate, non è che vi andrebbe bene anche una copia via email?"
"Non ne sono sicuro, ma credo di sì."
L'indomani torno in ambasciata con il passaporto vecchio che ho con me. Riconoscimento al cancello, altri saluti al caramba, coda (è sempre pieno di italiani che cercano di ottenere un visto per la donna del momento). Quando arriva il mio turno lo consegno e confermo che copie scannerizzate dell'altro arriveranno via email direttamente al loro indirizzo.
Ora devo sperare che il passaporto sia effettivamente nel cassetto dell'appartamento a Kunming in cui credo di averlo lasciato, che A. lo trovi e che riesca a districarsi tra i casini cinesi e a mandarmene delle copie ben leggibili di tutte le pagine necessarie. Infine che il tutto sia sufficiente per le procedure burocratiche dell'ambasciata.
Non so quale dei passaggi sia il più rischioso, ma sono fiducioso. A. non è uno sprovveduto, è un ragazzo sveglio, che si è fatto pure tre anni di militare come ufficiale nell'esercito israeliano: di missioni gliene hanno affidate sicuramente di più complesse (e probabilmente di più pericolose). Poi è un amico affidabile, non uno che se ne sbatte: mi onora di quello spirito di fratellanza che normalmente gli ebrei riservano spesso soltanto ad altri ebrei. Inoltre l'addetto dell'ambasciata sembrava tranquillo quando ha sentito il mio piano. E il passaporto non può che essere dove credo sia.
Infatti funziona. Non appena mi arrivano i file li inoltro all'ufficio consolare. Quando mi chiamano non è per dirmi che hanno ricevuto l'email e che va tutto bene bensì per farmi sapere che il nuovo documento è già pronto per la consegna. Mi fiondo in ambasciata. Riconoscimento al cancello, porgo di nuovo i miei ossequi al caramba, coda (c'è sempre la stessa quantità di italiani che cercano di ottenere un visto per la donna di quest'anno). Quando mi consegnano il passaporto la prima cosa che controllo è la foto. Faccia da imbecille, non è una sorpresa, ma sono io, e mi si riconosce perfettamente. 
Ora non manca davvero più nulla. Che il viaggio abbia pure inizio.

2 commenti:

Andrea da Bangkok ha detto...

Ecco... io devo andare all'Ambasciata perchè le pagine stanno finendo... che chi stà lassù me la mandi buona!

Fabio ha detto...

In bocca al lupo!