giovedì 22 dicembre 2011

Poesia di Natale, che poi sul Natale soltanto non è


Così fai shopping perché altrimenti stai male:
passatempo idiota e truffa astuta
perpetrata al meglio quando viene Natale.
Nel giorno in cui nacque il figlio del signore
celebriamo comprando
un'altra borsa e un fiore.
Campanelle e sonagli mi hanno rotto i coglioni
e tu vuoi un bianco Natale
con le luci e i festoni.
Oppure sei ai tropici a mostrare le tette,
dove imbiancano le vetrine
con la schiuma in bombolette.
Ecco i Re Magi,
coi loro doni preziosi,
firmati LV, CK e D&G.
Né buoi né asinelli attorno al neonato 
solo gadget che alla Apple
qualcuno ha comprato.
Gesù è nato oggi e per portargli rispetto,
come ci insegnò S. Francesco
noi ci spendiamo tutto.

Vi auguro un felice e costosissimo Natale.

Foto di Funky64 (CC)

lunedì 19 dicembre 2011

La profezia mancata

Ancora pochi giorni, poi questo 2011 sarà finito e il tanto temuto 2012 comincerà. La scorsa settimana parlavo con un'amica a proposito della famigerata profezia maya quando a un tratto mi è venuto un dubbio: come hanno fatto i maya a predire che la nostra civiltà terminerà nel 2012 se non sono stati in grado di anticipare la caduta della loro svariati secoli fa?
Se si fossero fatti gli affari loro forse sarebbero campati più a lungo...

Foto di joiseyshowaa (CC)

martedì 13 dicembre 2011

AirAsia: non più così "cool"

Essendo stato in passato un cliente piuttosto fedele di AirAsia - fin dagli inzi, quando volavano con velicoli vecchi e ancora in pochi si fidavano di loro (“Sono sempre in ritardo...perderanno i tuoi bagagli”, era il ritornello che cantavano in tanti in Malesia) - posso dire che per alcuni anni la loro procedura di prenotazione online è stata veloce, semplice, trasparente e corretta, i loro prezzi tra i più bassi e il loro marchio uno dei più cool. Beh...non più.
Attraversando soltanto poche schermate, riempiendo un numero ridotto di campi e cliccando qualche pulsante uno sceglieva data, destinazione, numero di passeggeri, solo andata o andata e ritorno, selezionava il volo preferito tra quelli disponibili, inseriva i dati personali, quelli della carta di credito e il gioco era fatto. Come dicevo: semplice, veloce, trasparente e corretto. Niente pasto gratuito e scelta libera del posto, un po' come in corriera, ma i prezzi erano davvero ridotti al minimo, su molte tratte imbattibili.
Questo colse di sorpresa le compagnie tradizionali che persero grandi fette di mercato, mentre AirAsia da piccolo soggetto della nicchia low cost diventava uno dei leader del settore. Una vera e propia success story per Tony Fernandes, il malesiano che da dirigente della Warner Music si trovò, dopo aver acquistato i resti di una vecchia aerolinea statale in forte perdita, a essere uno degli imprenditori più ricchi e innovativi d'Asia.
A poco a poco le forze allo sbando dei nemici si riorganizzarono, colmando il gap, mentre AirAsia decideva incredibilmente di sprecare le risorse di know-how e ottima reputazione accumulate negli anni cominciando a commettere alcuni degli errori che avevano portato alla debacle i suoi concorrenti, più altri sulla cui originalità può vantare a pieno titolo i diritti d'autore.

venerdì 9 dicembre 2011

Da solo contro l'onda - Saigon, Vietnam

Del traffico di Saigon, dei fiumi di motorini, delle precauzioni da prendere quando si attraversa la strada abbiamo già parlato qui.
Oggi mentre passeggiavo in centro mi sono accorto però che c'è un aspetto di questo traffico, una sua dinamica, una circostanza specifica da trattare a parte. E' la partenza dei motorini allo scattare del verde.
Spesso gli incroci di Saigon sono dotati soltanto di semafori per veicoli: quelli per i pedoni, normalmente sistemati alle estremità delle strisce pedonali, non ci sono. Tu stai percorrendo un marciapiedi, arrivi all'incrocio, vedi la solita legione di motorette schierate dietro la linea bianca, intuisci che hanno il rosso (anche se non lo vedi) e ti affretti ad attraversare.
...tanto anche se scatta il verde aspetteranno che io sia arrivato dall'altra parte...
Questa è una conclusione azzardata che ti può costare molto cara. Rileggi queste ultime due righe tre volte prima di proseguire.
Sei ancora al centro della prima corsia e i segnali che capti non sono rassicuranti: i motori vengono scaldati con delle brevi accelerazioni, alcune ruote avanzano improvvisamente di alcuni centimetri per poi fermarsi bruscamente. Pensi a dei cavalli da corsa che scalpitano sulla linea della partenza...e non provi la stessa emozione che provavi da ragazzino, all'ippodromo, seduto accanto a tuo padre col gelato e i biglietti delle puntate in mano. Ti affretti ma sei ancora in alto mare. A un certo punto partono tutti: ti senti un fantasma, un'anima dotata di un corpo invisibile ma non è la sensazione che immaginavi di provare quando in passato hai desiderato avere questi super-poteri. E' come un'onda. Nessuno sembra vederti, eppure sei lì, lampante: l'unico pedone, occidentale, atterrito, in mezzo alla strada. Di che altro hanno bisogno per notarti?
In realtà non lo fanno apposta, per arroganza o sadismo. Seguono un automatismo, lo fanno decine di volte al giorno, tutti i giorni. Un vietnamita non si sarebbe comportato come te: sei tu l'inconcepibile eccezione, non loro.
Ovviamente all'ultimo istante faranno di tutto per evitare l'impatto: rallenteranno, sbanderanno, magari arriveranno persino a fare l'impensabile - fermarsi. Questo, unito al tuo scatto da gazzella, dovrebbe aiutarti a portare a casa la pellaccia anche stasera. 
Ma non ci contare troppo: anche se per ora ti è andata bene, la prossima volta, prima di attraversare, dai un'occhiata di sbieco al semaforo principale. Se è giallo, attendi, hai ancora tanta vita davanti a te.

martedì 6 dicembre 2011

Come un Vietcong - Saigon, Vietnam

Un tizio entra in una buca scavata in mezzo alla strada per riparare delle tubature. C'è una perdita e l'acqua gli arriva già al collo. A pensarci bene ci troviamo nelle vicinanze del mercato Ben Thanh, nel pieno centro di Ho Chi Minh City che una quarantina d'anni fa si chiamava Saigon (ancora oggi a dire il vero, almeno informalmente): a quel tempo ai suoi antenati poteva capitare di trovarsi in una situazione simile quasi tutti i giorni, immersi nelle risaie inondate mentre combattevano i GI americani. Una qualche lontana forma di eredità insomma: ecco forse perché sembra essere così a suo agio, sigaretta in bocca, mento puntato verso l'alto, mentre lavora sul quel tubo e chiacchiera con i colleghi, lanciando occhiate distratte in direzione dei passanti.

mercoledì 23 novembre 2011

Traffico complesso - Saigon, Vietnam

Motorini a Saigon
Il traffico motociclistico vietnamita è un affare piuttosto complesso. Quando devi affrontarlo per attraversare un incrocio da principio ti può sembrare che quella in cui ti stai per imbarcare sia un'impresa impossibile. Poi metti assieme tutte le virtù utili al caso che possiedi: intuito, prontezza di riflessi, esperienza passata in situazioni simili. E anche una dose massiccia di follia. Quindi fai il primo passo. Ogni mossa dev'essere calibrata accuratamente: non puoi permetterti alcun errore grossolano, pena l'investimento immediato; per quelli di lieve entità invece ci puoi mettere una pezza con un colpo di reni o un numero da equilibrista. Ogni avanzamento dev'essere accuratamente pianificato e dimensionato in quanto a tempismo, velocità e lunghezza massima. Al momento giusto è infatti necessario non farsi tentare dall'ingordigia, accontentarsi dello spazio guadagnato, fermarsi (anche in mezzo alla carreggiata) e concentrarsi immediatamente sul prossimo tentativo, un po' come in una partita di football americano.
Il pedone che si immerge in un tipico flusso continuo di motorini a Saigon deve muoversi in maniera decisa, inserendosi al meglio tra la scia di chi è appena passato e la traiettoria di chi sta arrivando, guardando l'avversario dritto negli occhi. I motociclisti devono infatti capire al volo le intenzioni di chi attraversa. Ogni avanzata va eseguita lestamente ma senza scatti improvvisi, che confonderebbero inevitabilmente chi invece deve poter decidere senza esitazione se passarci davanti o dietro. 
Ma i pedoni in fin dei conti sono soltanto una parte del problema: la serie ininterrotta di zig-zag, frenate brusche e spostamenti laterali improvvisi rendono molto probabili gli impatti tra le stesse moto.
La prima sera a Saigon, dopo dieci anni dall'ultima visita, durante la camminata esplorativa che utilizzo sempre per prendere confidenza con una città, quando ho già assistito al solito patetico battibecco con insulti e schiaffi a vuoto tra un turista anglofono e un venditore locale di magliette false mi imbatto finalmente nella scena che dal primo passo fuori dall'aeroporto uno continua a chiedersi come mai non gli sia ancora capitato di osservare. Ci sono due motorini rovesciati al centro della carreggiata mentre un crocchio di persone circonda un povero cristo che sta seduto sull'asfalto reggendosi la testa. Tra le gambe una pozzanghera di sangue. Per fortuna si capisce subito che si tratta soltanto di un'escoriazione tra sopracciglio e tempia, niente di grave. Gli astanti si danno da fare con gesti di solidarietà tanto pronti quanto sensati. Evidentemente qui tutti sono abituati a questo genere di interventi. Senza panico e confusione, seguendo una sequenza sorprendentemente appropriata individui diversi portano allo sventurato delle salviette, acqua e infine dei cerotti. Il poveretto cambia gradualmente umore: da spaesato e disperato diventa lucido e calmo. Quando qualcuno azzarda una battuta si mette persino a ridere con gli altri. Il tizio che lo ha messo a terra gli offre una sigaretta: lui la accetta e la risata collettiva che ne segue segna il finale del piccolo dramma. Il ferito si rialza, mette in moto e se ne va mentre tutti ancora sorridono: nessuno si è lamentato, ha accertato i danni o cercato un risarcimento.
Un dramma minore tipico del posto, che il traffico di Saigon - come i vecchi AK che giacciono arrugginiti e impolverati nei musei della guerra contro gli americani - spara a ripetizione ogni giorno sui suoi abitanti.

Un paio di video che ho registrato a Saigon.

1. Traffico caotico a un incrocio


2. Traffico pesante al crepuscolo


martedì 15 novembre 2011

Personaggi delle strade asiatiche

Un paziente di un grande ospedale psichiatrico osserva il mondo al di là del cancello. Si fa coraggio, ferma un passante e gli chiede: "Scusi, una curiosità, quanti siete là dentro?"
Vecchia barzelletta sui punti di vista.

Cominciamo con Kuala Lumpur.

Il primo è un indiano, torso nudo, pantaloni svolazzanti in tela leggera, piedi scalzi. Ha i capelli lunghi e un po' arruffati, la pelle scura - impronta di cromosomi del Tamil. Le ossa esposte e i muscoli guizzanti, sottili e tesi. Potrebbe essere un sadhu a cui un ladro o una calamità naturale ha strappato il manto color zafferano. Il viso non è magro come altri visi magri: è un teschio foderato di cuoio scuro e peluria ispida, e poco più. Gli occhi sono due riflettori enormi, brillanti, sgranati, da bestia braccata. Lo incontri dappertutto in centro città, mentre cammina quasi correndo, scappando dal nemico, immaginario soltanto in parte, che lo insegue da anni dovunque lui vada.

Poi c'è il barbuto con la banconota perennemente nella mano destra, con cui la gira e la rigira, facendola volteggiare tra le dita come un prestigiatore da strada mentre la osserva con attenzione, studiandola come se fosse un oggetto misterioso precipitato lì da un altro mondo o un altro tempo. Nel frattempo la sinistra aleggia leggiadra, conducendo un'orchestra di fantasmi che, a prescindere dalla direzione verso cui sta rivolto, è sempre sistemata davanti a lui.

In un'altra strada incontri quello che non smette mai di parlare tra sé e sé, velocemente, farfugliando, a bassa voce, in chissà quale lingua, percorrendo perennemente il marciapiedi per linee trasversali, dal negozio alla strada, dalla strada al portone, dal cancello alla strada...

Un altro tizio coi capelli lunghi e il torso nudo si muove sempre tenendosi il pantaloni con una mano, come se fossero un po' larghi e non indossasse una cintura per reggerli.

Ce n'è pure uno che sta sdraiato sul marciapiedi, con la schiena poggiata al muro dell'edificio e le gambe distese in avanti, a fare lo sgambetto ai passanti benestanti e per bene. La stessa sigaretta, sempre spenta, in una mano, mentre l'altra suona un pianoforte invisibile. Bisbigliando qualcosa con sguardo compiaciuto se ne sta sdraiato non tanto con l'aria di chi non sa dove altro andare ma come se questo fosse il divano più comodo nel salotto più in della città.

Tuttavia la figura di spicco tra i personaggi da strada a KL, il loro archetipo, la loro quintessenza indiscussa, è quello del globo.

Lasciata la capitale malesiana, non appena sbarcati a Bangkok, oltre il finestrino del taxi appare il personaggio più bizzarro di tutti. Un individuo magro, con i capelli a scopa e la barba di stoppa, circola indossando soltanto una maglietta sozza: è totalmente nudo dall'ombelico agli stinchi, la pelle protetta da un sottile strato di oleosa fuliggine. Due sacchetti imbottiti, legati alle caviglie, gli avvolgono i piedi come Moon Boot artigianali. Con altre borse in mano o appese con dello spago a collo e spalle attende il verde sul marciapiedi tra casalinghe e impiegati in cravatta. E' una visione talmente surreale che potrebbe essere un miraggio.

La vecchietta della foto la incontrai a Hoian, in Vietnam. Mi si avvicinò elemosinando, ingobbita: mille rughe le si contorcevano sulla faccia, continuando a ricomporre nuove forme attorno ai quattro oggetti fissi mentre lei mi implorava di darle qualcosa. Tirai fuori una banconota dalla tasca e gliela consegnai, assieme a un sorriso divertito. Lei l'afferrò e lestamente se la infilò in bocca. Non so se in segno di riconoscenza, per metterla al sicuro o come gesto scaramantico. So soltanto che se ne andò, stringendo quel prezioso dono da poco tra le labbra.

venerdì 11 novembre 2011

Arroganza da 11.11.11 - Koh Samui, Thailandia

Una coppia di sfigati ha celebrato il matrimonio sulla spiaggia di Chaweng il giorno 11.11.11 credendo che la data abbia proprietà propiziatorie. Con quel tipo di arroganza figlia di ricchezza e potere hanno ordinato a due guardie di fermare i passanti sulla battigia (uno spazio pubblico) così che solo il mare apparisse sullo sfondo delle loro foto dozzinali.
Un ambulante del posto, vecchio e debole, sudato, piegato sotto il peso della sua cassa di gelati, che stava soltanto cercando di guadagnarsi da vivere, ne ha avuto abbastanza di quelle stronzate da ragazzini viziati, ha aggirato il manganello della guardia e si è incamminato, rovinando quella messinscena falsa e pretenziosa...e mi ha rallegrato la giornata.

lunedì 7 novembre 2011

Tradizioni in via di estinzione - Mosca, Russia

Riumochnaya na Bolshoi Nikitskoi (in russo Рюмочная на Большой Никитской, ovvero "Bicchierino da vodka nella via Nikitskaya") è uno degli ultimi, forse l'ultimo locale autentico del suo genere a Mosca. Assomiglia a una vecchia osteria italiana: pochi tavoli squadrati sparpagliati in una sala non molto grande, tendine leggere alle finestre che danno sul marciapiedi, il bancone di legno, così come gli scaffali per le bottiglie e i pannelli che rivestono le pareti. Un bagno sgangherato e uno sgabuzzino/magazzino. Dicano quel che vogliono i sostenitori della modernità sofisticata a tutti i costi, per me non serve molto altro per passare un paio di quelle ore di cui sono fatti i buoni ricordi.
Appena entrati si sceglie un tavolo (dopo le sei possono essere tutti occupati), poi si va a ordinare direttamente al banco, sul quale stanno in mostra dei vassoi con i piatti del giorno. C'è un po' di tutto: carne, pesce, verdura, pietanze sia cotte che crude. Mentre la signora scalda le porzioni nel microonde si ordina da bene. Specialità della casa, va da sé, la vodka. La si ordina in grammi (sì, in grammi, quindi a peso, non in numero di bottiglie o bicchieri e nemmeno utilizzando unità di misura volumetriche). 300 grammi riempiono un'ampolla, quantità che basta a far vedere le farfalline a due persone equipaggiate con fegati ben corazzati fino all'ora di andare a dormire.
Quando tutto è sistemato sul tavolo mandiamo giù il primo bicchierino, tutto d'un fiato. Poi per creare il necessario effetto spugna ci sbafiamo uno squisito petto di pollo farcito con panna acida, delle lenticchie e un po' di pane. 
"Tra il primo e il secondo bicchiere non si parla!" La regola russa garantisce che tra le prime due sessioni non trascorra troppo tempo. Ma C. e io siamo degli inguaribili italiani e non ce la facciamo a sottoporci a questo rito da setta alcolica senza lasciarci andare a un paio di commenti prima di buttar giù il secondo bicchiere che, per precauzione, riempiamo solo a metà. Il cibo è davvero buono e ne ordiniamo un altro giro. 
Anche la clientela, conformandosi allo stile del locale, è caratteristica. I personaggi più pittoreschi sono degli artisti sconosciuti, semi alcolizzati. Un poeta i cui versi non hanno mai visto una tipografia ci sente parlare in italiano e si avvicina. Capelli e barba bianca, già brillo, in un inglese rudimentale si lascia andare a passatempi da bar che funzionerebbero anche da noi: battute su Putin e Berlusconi e commenti sull'immigrazione incontrollata, che nel caso di Mosca proviene dalle ex repubbliche sovietiche caucasiche e orientali. Quando la lingua franca non lo aiuta parla in russo con C., il quale traduce per me.
Poi si allontana un attimo, sgraffigna la lattina di Sprite di un signore che legge il giornale a un altro tavolo e la poggia sul suo. L'altro - una sua versione più giovane, con barba e capelli ancora neri - prima sbuffa e si lamenta un po' e poi si unisce a lui. Il nuovo arrivato parla un inglese molto più forbito e si definisce artista anch'egli, senza però specificare il campo. 
Dopo un'altra oretta di battute, commenti, chiacchiere, traduzioni, spuntini e vodka ci alziamo, ci salutiamo come fanno tutti gli ubriaconi che si rispettino - ad abbracci energici, strette di mano scomposte, alitate pesanti e frasi sentimentali - e poi usciamo barcollando dal locale, gustandoci il pizzicotto del freddo d'ottobre sulle guance infiammate dallo spirito. 
Un pezzo di tradizione che resiste nel pieno centro di Mosca, proprio davanti al conservatorio. Così come accanto ai nuovi centri benessere di lusso resistono le banye popolari, centri con saune e bagni turchi che consistono in grandi stanzoni illuminati male e arredati peggio, impianti semplici e strutture alla buona, dove gruppi di amici o colleghi passano qualche ora a chiacchierare e rilassarsi, mentre sudano vicino al forno, rabbrividiscono nella piscina ghiacciata, si frustano con ramoscelli di betulla o quercia o sorseggiano te e spiluccano spuntini all'angolo ristoro.
Sarebbe bastato poco anche da noi per avere ancora la possibilità di godersi una serata così: evitare di sostituire almeno un quarto delle nostre vecchie osterie con pizzerie alla moda o - peggio ancora - pretenziosi wine bar. Ma nella gran parte delle città che conosco lo scempio è un servizio fornito in maniera integrale, e quel piccolo sforzo di conservazione non è stato fatto. Il semplice menu dei vini di un tempo (1. rosso, 2. bianco, 3. prosecco, tutti rigorosamente "della casa") è stato sostituito da una lista di nomi per me incomprensibili che al contrario di molta gente non provo alcun piacere a far finta di conoscere. Bottiglie con splendide etichette di provenienze altisonanti, che nulla hanno a che fare col territorio e la cultura locali, serviti al bicchiere (fantastici calici di cristallo che con saccenteria dell'ultima ora tutti impugnano per lo stelo, rigonfi come botti ma riempiti con parsimonia per un terzo) al prezzo di una bottiglia del vecchio buon velenaccio
I tempi cambiano, le tradizioni muoiono. Io, da buon nostalgico, mi diverto a cercarle altrove.

lunedì 31 ottobre 2011

Flessibilità - Mosca, Russia

Il rubinetto perde, l'impianto elettrico non funziona, il forno è rotto o devi installare delle tende in salotto. Il professionista è caro e si fa desiderare: se lo chiami oggi arriverà fra un mese. Nessun problema, c'è il marito a ore. Non stiamo parlando di relazioni extraconiugali o poligamia. Chiami un tizio di cui hai trovato il numero chissà dove, uno che non ha una specializzazione ma sa fare un po' tutto, proprio come i buoni mariti di una volta. Al telefono gli spieghi cosa deve fare e fissi il prezzo, lui arriva a breve, con tutti gli attrezzi e i materiali necessari. Se non sapeva come risolvere il problema si è fatto insegnare il metodo o ha mandato un collega più qualificato. Risolve, lo paghi (a prezzi ragionevoli), arrivederci.

Devi traslocare, spostare un mobile nell'appartamento di tuo zio o sbarazzarti di qualcosa di ingombrante. Sei da solo, non ce la puoi fare. Scendi le scale, esci sul marciapiedi e ti guardi attorno. Appena vedi un immigrato dalle repubbliche orientali dell'ex Unione Sovietica - un kazako, un uzbeko, un tagico - lo fermi.
"Salve, dovrei spostare un mobile"
Lui sa già tutto e non si scompone. Non pensa che sei pazzo né si scompiscia dalle risate.
"Quanto grande? Quanti piani? Dove?"
Spieghi, contratti e lo accompagni. Se servono rinforzi li chiamerà lui.

Hai fatto tardi a una festa, non sei venuto in auto perché sapevi che avresti bevuto un bicchiere di troppo, abiti un una zona non ben servita dai mezzi. Il taxi è caro, e poi bisogna prenotarlo in anticipo. Scendi, ti piazzi al bordo di una strada principale e tiri fuori il braccio, agitando la mano. Non al primo taxi che passa, alla prima auto! Così, a caso. Se non è una Jaguar o qualcuno che va di fretta si ferma di sicuro. E se non si ferma questa lo fa quella che segue. Spieghi al tizio dove devi andare, lui propone un prezzo, se pensi che sia troppo rilanci. Quando vi siete messi d'accordo sali. Non è passato nemmeno un minuto.

Chi l'avrebbe detto che un giorno avremmo invidiato l'ex Unione Sovietica per la sua flessibilità?

giovedì 27 ottobre 2011

Segreto e mistero - San Pietroburgo, Russia

Seguo il flusso umano che scorre senza sosta sul marciapiedi della prospettiva Nevsky fino a quando si diffonde nello spazio immenso che circonda l'Ermitage, poi svolto a sinistra, diretto alla Cattedrale di Sant'Isacco. Quando sono a poche decine di metri da questa versione russa di San Pietro, con la coda dell'occhio noto un foglietto appiccicato a una porta, seminascosta dall'impalcatura dei lavori di restauro del palazzo. Museo di storia della polizia politica. Praticamente un asteroide fortemente magnetizzato davanti al quale mi tramuto in una spilletta per capelli. 
Anche la chiesa però tira parecchio. Resto qualche secondo sul posto, la coscia che traballa seguendo degli impulsi alternati che mi spingono di qua e di là. Elaboro le poche informazioni che ho messo assieme e prendo una brillante non-decisione, rimandando: un classico in questi casi. Il museo chiude alle 18.00 ma dalle 17.30 non si vendono più biglietti. Ho ancora trenta minuti e la cattedrale è a due passi. Vado prima lì e vedo che mi dice: se mi sussurra parole dolci nell'orecchio solleticandomi lievemente il lobo mi ci fermo, altrimenti torno indietro. E così è, solo che per rendermene conto ho impiegato venti minuti abbondanti. Quando apro la porta d'ingresso al palazzo del museo sono già le 17.26. Dopo aver provato due corridoi ciechi imbrocco quello giusto, abbasso la maniglia ma la porta non si sposta. Faccio per andarmene quando sento qualcosa che sferraglia e una signora esce dalla stanza.
"Che c'è?"
"Vorrei visitare il museo."
"Mi spiace, è tardi."
Mormoro qualcosa adottando un'espressione commovente. Lei borbotta qualcos'altro con fare indeciso. E' il segnale che aspettavo, mi avvicino. 
"17.30, orario di chiusura." Dice lei, mentre un'altra signora sbuca dall'entrata incrociando gli avambracci come qualche tipo di arbitro per farmi capire che il museo è chiuso. Mostro l'orologio che segna le 17.28. Lancetta in d4: scacco matto!
"Va bene, seguimi!"
L'esposizione è commentata per il 95% in russo ma la signora mi consegna una dispensa di fogli plastificati con le mappe di ogni parete e le relative didascalie in inglese. Una buona idea che però la dice lunga sullo scarso numero di turisti stranieri che visitano il museo. 
Sono sempre stato affascinato da tutto ciò che ha a che fare con i lati più opachi, sinistri e controversi della storia. Passo in rivista le foto in bianco e nero, fermandomi in adorazione davanti a quelle che mi emozionano di più, leggendo le spiegazioni sulle preziose dispense che sfoglio in avanti e indietro. I tempi delle spie zariste, poi i bolscevichi e la ristrutturazione di Dzerzhinsky. La sua morte, le immagini di Trozky, Stalin, Bukharin e Molotov che trasportano la bara. La CHEKA, il KGB, la guerra fredda, la crisi dei missili di Cuba e gli scambi segreti di prigionieri con gli USA. Le missioni in Afghanistan e Cecenia, il terrorismo interno, l'FSB e finalmente i giorni nostri. 
Nella stupenda sala che fu di Dzerzhinsky mi imbatto in un gruppo con guida. Ma vedi che scelta azzeccata, decidendo di visitare il museo mi sono preso cura di due hobby in un colpo solo: la storia dello spionaggio e le belle donne (l'hobby in questo caso consiste soltanto nell'ammirarle, ovviamente). Ora tra una foto e l'altra non riesco a non lanciare un'occhiata a tre o quattro esemplari di queste stangone che da quando sono arrivato in Russia mi tormentano i pensieri. La loro guida però è una vecchia pedante e logorroica: me le lascio dietro e dopo pochi minuti sono nell'ultima sala, dove la signora della biglietteria, che già era venuta ad aiutarmi prima, mi fornisce altri utili approfondimenti. Indossa un paio di pantofole, le calze pesanti, una gonna-plaid, un maglione infeltrito e occhiali da medico di famiglia. Niente trucco e i capelli sono raccolti, ovviamente. Mi fa pensare a una bibliotecaria da film di serie B, ma anche un po' a Nonna Papera. E' gentilissima. Sminuisce il bel gesto spiegandomi che devo l'opportunità di visitare l'esposizione fino a ben oltre l'orario di chiusura al gruppo di sventole che ho appena visto: avrebbe dovuto comunque aspettare che loro se ne andassero. Chiedo se c'è un guest book e mentre sto scrivendo i miei commenti, scegliendo con cura le parole, mi chiede di non menzionare il fatto che mi ha aiutato personalmente.
"Non sono un'esperta."
"Ma se è stata bravissima!" Rispondo pensando che si tratti soltanto di falsa modestia.
"Conosco qualche dato ma non ho una buona visione di insieme. E poi potrebbe crearmi dei problemi coi miei superiori."
Sembra quasi che si sia fatta risucchiare dall'atmosfera di segreto e mistero che avvolge il posto, come se anche lei tramasse tra le maglie di un'organizzazione che agisce nell'ombra.
"Ah no, allora niente..."
Concludo scrivendo comunque che il personale è molto gentile ed educato. Dovrebbe essere un complimento piuttosto discreto e neutro.
Do un'ultima occhiata alle sventole stivalate che una dopo l'altra affluiscono nella sala e poi esco, mentre le braccia potenti del clima del Baltico mi tirano delle gelide nerbate sul viso. E pensare che è soltanto ottobre. Un ottobre poco rosso, ma piuttosto grigio.

Foto "Colonna di Alessandro, sedia e zaino" di Fabio

lunedì 10 ottobre 2011

Elezioni e truffe - Bangkok, Thailandia

Luglio 2011. E' tempo di elezioni in Thailandia. Un'ondata continua di gente converge sulle grandi direttrici di Bangkok - Sukhumvit, Vipawadee, Pahonyothin - diretta verso le province di provenienza, che nella maggior parte sono quelle dell'Isan, a nord-est, verso il Laos.
Passeggio con A., l'accompagno a prendere il taxi che la porterà a Mochit, una stazione degli autobus oggi immersa in un caos da aeroporto internazionale in periodo di grounding. Un autista di tuk-tuk offre il suo servizio per 300 baht, quando normalmente utilizzando un taxi col tassametro la tratta dovrebbe costarne 100-150. Lo liquidiamo in fretta. Anche il primo tassista le chiede 300 baht. Lei lo lascia andare, poi ne ferma un altro. Stessa storia. E così anche col terzo, e un quarto.
Avverto un odorino strano, un fetore che mi ha stuzzicato le narici spesso in passato. Seguo l'istinto, come fosse uno di quei fili di fumo pedinati dai nasi lunghi e vibranti dei cartoni animati. Mentre lei fa due passetti verso il centro della carreggiata per fermarne un altro io resto sul ciglio e osservo attentamente. Quando lei si avvicina al finestrino per parlare col conducente il proprietario del tuk-tuk che la voleva truffare si sbraccia verso lo sconosciuto collega e gli fa segno di chiederle 300 baht. L'altro segue il consiglio e A., ovviamente, non accetta.
Questa volta ti ho visto, lestofante da strapazzo. Prendo A. per un braccio e l'accompagno cento metri più in là. Lei mi segue - incredula mentre le racconto ciò che ho visto - a distanza di sicurezza dal manigoldo, dove un tassista - onesto come la maggior parte di quelli che non ronzano attorno ai turisti - acconsente ad accompagnarla utilizzando il tassametro.
"Un thailandese non si dovrebbe mai comportare così...con altri thailandesi poi...", continua a ripetere fino a quando la porta si chiude.
"...con nessuno..." penso io, mentre la saluto.
Non riuscirà a tornare a casa e ad andare a votare perché tutti i posti in autobus fino al mattino successivo sono stati venduti, ma almeno è riuscita a tenersi stretta la dignità. E pure qualche banconota.

Immagine da globalvoicesonline

giovedì 6 ottobre 2011

Dagli alcolizzati/4 - Bangkok, Thailandia

L'intera serie "Dagli alcolizzati" è dedicata a Jack London, autore di "Memorie di un bevitore" (Titolo originale: "John Barleycorn").

Continua da qui.

Sono seduto dagli alcolizzati con R. Beviamo un bicchiere prima di immergerci nella notte viscosa di Bangkok. R. si alza e va a ordinare una bottiglia di soda e del ghiaccio dalla ragazza con la faccia deturpata dalle occhiaie. Di passaggio lancia anche una battuta alla donna costantemente ubriaca. Errore tattico, non tipico di un tipo accorto come R. Questa, sentendolo parlare, pur non capendo una parola si scrolla di dosso il torpore, dà un'occhiata attorno e il suo radar annebbiato, chissà perché, si ferma quando ha identificato me. La tengo sotto controllo senza fissarla, facendo finta di guardare altrove e augurandomi - come un liceale davanti alla professoressa che scorre i nomi sul registro per decidere chi interrogare - di diventare una presenza invisibile e passare inosservato. Vana speranza, ingenuo che sono a volte. Si alza con fatica, caracolla rischiando di abbattere i tavoli e le bottiglie lungo il cammino e precipita con un tonfo pesante sulla sedia di R., proprio di fianco a me. Mi guarda e mi sorride, col fascino di una sirena, una sirena vecchia e devastata dalla decadenza, dalla vita di strada e dall'alcol. Poi farfuglia qualcosa. Quando sto cercando di capire in che lingua sta parlando una zaffata carognesca mi stritola la gola. Il puzzo continua ad aleggiare anche quando chiude la bocca: non è soltanto l'alito, è un odore che ha impregnato nella pelle e negli abiti, che si porta costantemente addosso. Un po' come quello emanato da chi mangia troppo aglio.
R. si accorge di cosa sta succedendo e mi viene in aiuto. Lei sorride anche a lui trasformandolo da soccorritore in secondo prigioniero. Subito dopo arriva anche la ragazza delle occhiaie che poggiato il secchiello del ghiaccio e la bottiglia di soda le si rivolge in thailandese scandendo le parole, così che anch'io riesco a capire bene cosa dice.
"Hey, questi sono amici!" Beh, proprio amici magari no, ma come stratagemma per toglierci dall'impiccio glielo concediamo. Annuiamo accondiscendenti.
"Con loro non ci puoi provare...capito?"
L'orrore si impossessa della nostra immaginazione indifesa e impressionabile. Provare a fare cosa? Il pensiero che qualche turista stordito dal Sangsom se la possa essere portata in albergo per una manciata di baht mi avvinghia lo stomaco e lo strattona, avanti e indietro, di lato e per linee oblique. L'ammonizione però ha effetto e l'ubriacona si alza e se ne va, il suo orgoglio apparentemente intatto. Il sollievo mi rilassa la pancia. R. si siede di fianco a me e ricominciamo a chiacchierare, versandoci un altro bicchiere, mentre la brezza del ventilatore soffia il vapore del ghiaccio verso gli alberi e la strada bagnata.

Continua?

Foto di Lachlan Hardy (CC)

lunedì 3 ottobre 2011

Segnali buffi/3

Spesso mi imbatto in segnali, cartelloni, scritte o etichette divertenti. Quando capita mi assicuro sempre di non andarmene senza una foto. Le propongo a rate anche qui.

La tradizionale pizza francese? Certo, certo, poi servono anche delle autentiche specialità italiane: baguette, quiche e croque monsieur. (Kuala Lumpur, Malesia)

...e il tempio di Pippo invece è a sinistra! (Isola di Lantau, Hong Kong)

Benvenuti...un'altra volta??? (Walmart, Kunming, Cina)

OrganisN! Peccato, ce l'avevano quasi fatta: l'avevano scritto giusto fino all'ultima lettera...tra l'altro questo bidone ti ringrazia quando vi getti i tuoi rifiuti. (Green Lake, Kunming, Cina)

Qualche errore qua e là. (Caffè a Kunming, Cina)

Reacestate??? Ma questi di preciso che vendono? (Agenzia immobiliare a Kunming, Cina)

Il signore si sta facendo fare un massaggio e, come segno di apprezzamento, regge il listino prezzi del centro. (Bangkok, Thailandia)

Qui bisogna fare la guerra per arrivare al secondo (2ed???) piano. (Walmart, Kunming, Cina)

Superman dorme, ma la Super polizia thailandese non lo fa, non l'ha mai fatto e mai lo farà! (Bangkok, Thailandia)

Mi avanza una "S", dove la metto? Hmmm...numberS...passengerS...ofS? Ma sì: numberS! (Catamarano superveloce thailandese)

Sei un fumatore? Questa è la quantità di catrame accumulatasi nei tuoi polmoni dopo 3 anni. Da brividi! (Singapore)

Potete trovare gli altri segnali buffi qui.

giovedì 29 settembre 2011

Dagli alcolizzati/3 - Bangkok, Thailandia

Foto di Olgierd Pstrykotwórca 
L'intera serie "Dagli alcolizzati" è dedicata a Jack London, autore di "Memorie di un bevitore" (Titolo originale: "John Barleycorn").

Continua da qui.

S. si ostina a privarci degli spettacoli pietosi a cui ci ha abituati in passato seguitando a consumare solo bibite gassate e succhi di frutta. Deve averglielo consigliato il medico dopo avergli diagnosticato la cirrosi.

Uno dei pochi personaggi da saloon che non bevono alcolici in questo bar è un grassone con il naso rosso, l'occhio spento e l'andatura da beone, che ordina le sue bottigliette di Coca Cola e Fanta sussurrando, come se fosse un atto illegale o scandaloso. Cosa che in un posto del genere, con una faccia come la sua, a pensarci bene potrebbe anche starci. 

Finalmente, dopo quasi una settimana di bibite dolciastre per ragazzini, S. ha gettato la maschera ed è tornato a dare del tu (a volte anche letteralmente) al suo amico preferito: un signore americano dalla carnagione scura, l'abito nero ricamato di bianco, una cascata di monili di cristallo, un piccolo copricapo aderente e fragranze speziate: Mr. Jack Daniels.
Si ode un tonfo pesante, S. è sparito. Ci alziamo e lo cerchiamo. E' crollato, ora è disteso sotto il tavolo e accanto a lui c'è la sedia, capovolta. Lo invitano ad alzarsi, lui probabilmente nella sua mente ci prova ma il corpo resta immobile. Non si è fatto male: è semplicemente ubriaco fradicio. Lo aiutano a mettersi in piedi ma non è facile, sembra che stiano estraendo un autoarticolato dal fondo di un fiume con poderosi argani. Quando si accomoda nella sua seggiolina ha gli occhi a bolla, lo sguardo vuoto, perso nei misteriosi giochi di forme e luci che vede davanti a lui, e le mani tremanti poggiate sul tavolo di plastica.
Quando rientra nel globo di realtà distorta che lo circonda cerca di alzarsi, cammina come un gorilla neonato verso il centro della strada, compie un giro di 360 gradi attorno a se stesso, barcolla, sfiora un taxi che si è fermato a pochi metri da lui per non investirlo e continua a oscillare fino a quando un turista lo aiuta a ritornare al proprio posto. Alcuni minuti più tardi ripeterà l'intera procedura dall'inizio.

La donna costantemente ubriaca siede a un tavolo, si appisola, si sveglia, borbotta, grida verso qualche sconosciuto ma nessuno le dà retta, poi continua a muovere le labbra senza però emettere alcun suono, per vari minuti. Infine, sconfitta ed esausta, riprende a russare.

Continua...

lunedì 26 settembre 2011

La molla - Bangkok, Thailandia

E' da un pezzo che lo straniero sbronzo gira a petto nudo. La prima della serie di sciocchezze che lo cacceranno nei guai la combina in uno di quei baretti per strada dove si servono birre e cocktail in bucket (vedi foto sopra). Ha tirato un calcio a uno sgabello: il proprietario-ragazzino non ci pensa due volte, gli assesta uno schiaffo e poi uno spintone. Lo straniero è alto e robusto ma affievolito da ore di bisbocce con i compagni Bottiglia, Lattina, Bicchiere e Secchiello: cade pesantemente e quando si alza non sembra nemmeno capire cos'è successo. 
Lo vedo più tardi, alcune decine di metri più in là. Urla, si sbraccia in gesti minacciosi all'indirizzo di chissà chi. La stradina è affollata, un po' tutti lo osservano ma passivamente: nessuno sembra interagire con lui. Lo straniero continua ad agitarsi, con foga crescente, e a un certo punto sbrocca (se quel che ha fatto finora non possa già definirsi sbroccare). Piglia un tavolino al bordo della strada, lo alza come se fosse di polistirolo, ne scardina due gambe, getta il resto e utilizza i due legni come se fossero katane. Le incrocia facendole picchiare una sull'altra, le fa volteggiare nell'aria, si mette in posa, tende i muscoli di braccia e torso, assume un'espressione da guerriero incazzato: sembra il personaggio cattivo di uno di quei filmacci di arti marziali. A vederlo c'è da vergognarsi di essere stranieri. Non smetto di osservarlo, mentre lui continua ad esibirsi nel suo triste spettacolino, caricando una molla che quando rilasciata gli schizzerà addosso con una forza che, ottimista come sembra, forse non sospetta. Purtroppo per lui infatti non sono l'unico che assiste alla scenetta.
Per quel che ne so la natura dei thailandesi li guida a evitare, per quanto possibile, il confronto aperto e diretto. La rabbia e la frustrazione non vengono sfogate come da noi con urla, gesti, espressioni facciali, sarcasmo, minacce e spintarelle: ogni sentimento tossico viene semplicemente accumulato nei serbatoi di pazienza più o meno capienti di cui ognuno è dotato. Fino a quando, come un pneumatico gonfiato oltre il limite, il sistema esplode, specialmente se si ritiene di aver subito quella che da queste parti è considerata la più vile delle onte: la perdita della faccia. In questi casi le differenze culturali non si risolvono in sottili incomprensioni e scenette buffe ma vengono espresse con valori e principi totalmente diversi dai nostri.
Vediamo un po', quali sono le linee guida per combattimenti da strada utilizzate da queste parti? Compiliamo una lista sommaria:
- 10 contro 1? Vale.
- Armati contro disarmati? Ottimo fattore di vantaggio da sfruttare senza esitazioni.
- Tentare di convincere l'amico che forse non ha ragione? Non si usa, stai con lui e picchia il suo nemico senza chiederti il perché.
- Pietà per il corpo inerme dell'avversario, privo di sensi, sanguinante, spalmato al suolo con una posa innaturale? Reazione non contemplata, quasi fuori luogo: non ci si ferma per scrupoli da ragazzina di questo tipo, si molla la presa solo a un segnale proveniente dal proprio interno, che suona quando la rabbia è stata finalmente placata. 
Mentre lo sciocco straniero continua a dimenarsi con le gambe del tavolino in mano, da un angolo buio del marciapiedi partono una dozzina di ragazzini thailandesi. Brandendo spranghe, cinghie e bottiglie spingono lo straniero in un angolo, lo mettono giù a calci e poi continuano a picchiare per tanto, troppo tempo, fino a quando non lui ma loro ne hanno abbastanza. Poi tornano all'accampamento, camminando tranquilli, sorridendo, scambiandosi sciocche battute da bulletti, senza traccia di ripensamenti o preoccupazione per la sorte di quello che hanno utilizzato come sacco da boxe e che, per quanto ne sanno, potrebbe anche essere morto. A questo punto potrebbe toccare a qualcuno del posto vergognarsi di essere thailandese: il mondo è pieno di imbecilli, se si è proni all'umano ma delicato processo di immedesimazione il momento dell'imbarazzo arriva per tutti.
Ti viene da pensare che, per quanto lui se la sia cercata, ora sono loro a meritare una lezione, e sogni che arrivi un altro gruppo, più numeroso e armato meglio, a togliere dalle loro facce quelle odiose espressioni compiaciute. Ma poi ci ripensi: che fesseria, non sarebbe più finita. Meglio mandarli affanculo in silenzio e chiamare l'ambulanza.
Quello che succede ora però è interessante: un altro turista e una ragazza thailandese accudiscono lo straniero, lo fanno sedere, cercano di fermare il sangue, fino a quando arrivano gli infermieri che lo disinfettano e lo bendano. Queste due persone hanno dato a tutti, thailandesi e non, l'occasione per smettere di vergognarsi delle proprie origini. Giunge il momento per il ferito di salire in ambulanza e recarsi in ospedale (credo anche per pagare il conto), ma lui non ci pensa nemmeno, sorride sprezzante, si toglie le bende come Lawrence d'Arabia che si srotola il turbante, ringrazia sbrigativamente, saluta gli infermieri increduli e si avvia, sorprendentemente vigoroso, verso nuove, stupefacenti, ingegnosissime idiozie.

martedì 20 settembre 2011

Dagli alcolizzati/2 - Bangkok, Thailandia

Foto di Adam Foster (CC)
L'intera serie "Dagli alcolizzati" è dedicata a Jack London, autore di "Memorie di un bevitore" (Titolo originale: "John Barleycorn").

Continua da qui.

Le scene che seguono sono state osservate in date diverse e sono qui riportate in sequenza casuale.

C'è un gruppo di spagnoli seduti attorno a un tavolo, non sembrano alcolizzati ma si sono conformati all'atmosfera del posto ordinando birre a ripetizione nel primo pomeriggio. Apparentemente si sono conosciuti qui e decidono di fare una foto ricordo. Si rivolgono alla donna costantemente sbronza per lo scatto. Purtroppo sarà una brutta sorpresa, per loro si intende, non per me o per chiunque altro sia già stato qui. Lei afferra la macchina, e questa per gli spagnoli sarà l'ultima notizia positiva. La osserva come se fosse il frammento pulsante di un misterioso asteroide. Un velo grigio, un'espressione confusa cala sui volti degli spagnoli, che cercano di dissipare l'imbarazzo offrendole dei consigli random. "Quel bottone lì!" "Questa angolazione qui!" "Con questo sfondo!" Lei finalmente esce dal suo stato di trance e si decide a provarci. Dopo vari tentativi falliti tra manovre goffe e barcollamenti è pronta a scattare. Come al solito sta piovendo e l'ombrellone che ripara il tavolo degli spagnoli ha un foro da cui cade un cilindro d'acqua spesso e continuo, giusto davanti all'inquadratura. Lei non lo vede, così come non vede tutti gli altri dettagli non inclusi nella scenografia del film che va in onda nella sua mente. Gli spagnoli si sbracciano, le fanno cenno di spostarsi un po', indicano l'acqua. Lei fraintende, crede ci sia qualcosa che non va con la macchina e la osserva rigirandosela tra le mani, come se non si ricordasse più come diavolo sia finita lì, buttando all'aria tutto il lavoro fatto fino a quel momento. Fortunatamente arriva un suo collega sobrio - beh, quasi - le toglie la macchina dalle mani e nel giro di trenta secondi la foto è fatta. Il lato positivo di questo stato di sbronza permanente è che risparmia al soggetto umiliazioni e risentimenti: quando il flash si accende l'alcolizzata si è infatti già accoccolata sulla sua seggiolina, dimentica di tutto.

Lo stesso tavolo a cui stavano seduti gli spagnoli di solito funge da punto di ritrovo per i più pittoreschi clienti del bar: un'accozzaglia di ubriaconi occidentali che non avrebbe per niente sfigurato in uno dei più sordidi saloon del vecchio west. Nel primo pomeriggio il tavolo è già colmo di bottiglie vuote di whisky e birra e verso sera vengono messi in scena gli spettacoli più patetici e indimenticabili.
Uno di loro è S., un nord europeo che bazzica da queste parti da una decina d'anni. S. è appena tornato a Bangkok, portando con sé un sacco pieno di vestiti e altri regali. Lo accolgono tutti con risatine, urletti e saluti. La versione sincera e disinteressata dell'entusiasmo locale (ce ne sono anche altre di più o meno subdole). Lui ricambia con dei fantastici sorrisi totalmente privi di dentatura anteriore. Quando ha finito di distribuire i suoi doni si siede e ordina una Schweppes. Una Schweppes! Questa è una novità sorprendente per chi ha osservato certe sue prestazioni con bottiglia e bicchiere, di cui avremo sicuramente modo di parlare in seguito. Probabilmente è appena sbarcato dall'aereo e non si sente troppo bene, non trovo altre spiegazioni per un comportamento così insolito.

Uno straniero con un tatuaggio grande come tutta la schiena si alza dal tavolo, solo con il corpo però, l'anima infatti non sembra volerlo seguire. Sta fermo sul posto, in piedi, barcolla, quindi afferra lo schienale della sedia di plastica che si piega pericolosamente sotto il suo peso. Poi si appoggia al corpo di un amico, un po' meno ubriaco di lui. Ci sta aggrappato per qualche minuto, apparentemente privo di sensi, quindi si riprende, lo abbraccia con slancio e finalmente lo bacia. Se ne vanno collegati come fratelli siamesi (nel senso medico-scientifico del termine, non di "thailandesi", cioè di qui).

Continua...

martedì 13 settembre 2011

Semovente - Bangkok, Thailandia

Stai camminando di fianco a una struttura strana, dai un'occhiata di sfuggita: sembra la solita bancarella ambulante thailandese. Questa vende etichette, stendardi e gagliardetti. Squadre di calcio, paesi, musicisti, eroi, monarchi, donne nude, monaci e guru. Di solito per la notte queste strutture artigianali munite di ruote vengono "impacchettate", chiuse e portate via al traino di un motorino, o spinte a mano in un garage nelle vicinanze. A volte vengono anche sistemate in un angolo all'aperto, protette da un groviglio di catene e lucchetti. 
Te ne stai per andare quando la bancarella, all'improvviso...si muove, apparentemente da sé. Osservi meglio e all'interno noti la presenza di un motorino. L'intero negozietto è costruito attorno al mezzo. Il negoziante-conducente è immerso nell'oscurità di un corridoio angusto, senza alcuna visibilità laterale, con un unico pertugio di pochi centimetri quadrati davanti a sé, lontano almeno 2 metri. Si ferma dopo un incrocio, alcuni clienti comprano qualcosa, poi riaccende il motorino e si lancia verso nuovi orizzonti commerciali. Alla domanda "ma quando guida ci vede bene?" risponde "benissimo!"
Speriamo che sappia di cosa sta parlando.

La bancarella vista da dietro

Clienti alla bancarella

domenica 11 settembre 2011

Segnali buffi/2

Spesso mi imbatto in segnali, cartelloni, scritte o etichette divertenti. Quando capita mi assicuro sempre di non andarmene senza una foto. Le propongo a rate anche qui.

Fabio Capello (sull'insegna) o Fabio Copello (sulla saracinesca)? Confusi...ma poi perché scegliere Capello e non Gucci o Ferragamo per un negozio che vende scarpe? (Istanbul, Turchia)

Ho sempre sospettato che gli operatori della moda non fossero tutti dei gran poeti. Ecco la conferma, cliccare sulla foto per ingrandirla. (Bangkok, Thailandia)

"The refined vision of entertainment civilization"...pensa un po', e io che credevo fosse un semplice cinema!

La rinomata agenzia immobiliare "Rapina": il posto giusto per l'investimento della vita! (Vientiane, Laos)

Nello spogliatoio maschile di questa palestra si ricorda alla gentile clientela che le docce sono per l'esclusivo utilizzo individuale. Insomma: una persona alla volta!
E non vi illudete, chi opta per l'utilizzo di gruppo non lo fa perché le altre sono tutte occupate. (Bangkok, Thailandia)

A Singapore le autorità hanno deciso di demolire gran parte degli edifici antichi ma almeno hanno conservato qualche vecchio segnale stradale. Questo ricorda che è vietato l'accesso al ponte con bovini e cavalli...i numerosi capi di bestiame che ancora scorrazzano a Singapore sono così costretti ad attraversare a nuoto.

Ai giardini botanici si fa notare che durante i lavori di restauro "verranno installati nuovi entusiasmanti paesaggi". Ma che sono? (Singapore)

All'interno di questo taxi sono severamente vietati il fumo, gli alcolici, i durian, le armi, il sesso, i cani e i bufali d'acqua. (Etichetta appiccicata al finestrino di un taxi a Bangkok, Thailandia).

Cliccare sull'immagine per ingrandirla. Importiamo dalla Germania, punti di sospensione...punto esclamativo! Un esempio di punteggiatura creativa. (Vientiane, Laos)

Lavori in corso. Il messaggio di scuse per il disturbo causato non è affidato a un funzionario o a un ingegnere, e nemmeno a un geometra, ma a quell'operaio che si inchina ossequioso, probabilmente un immigrato puzzolente, anche se non ne siamo sicuri perché dal cartello questo non si evince. In ogni caso è tutta colpa sua...bastardo! (Singapore)

Potete trovare gli altri segnali buffi qui

mercoledì 7 settembre 2011

Dagli alcolizzati - Bangkok, Thailandia

L'intera serie "Dagli alcolizzati" è dedicata a Jack London, autore di "Memorie di un bevitore" (Titolo originale: "John Barleycorn").

C'è un localino a Bangkok, un po' ristorante e un po' bar. La cucina è aperta fino alle quattro di pomeriggio, dopodiché, fino a mezzanotte, si serve solo da bere. I tavoli sono quasi tutti disposti all'aperto, all'ombra degli alberi e di qualche ombrellone bucato. E' una di quelle tipiche attività thailandesi a gestione familiare, con due o tre persone che danno una mano. Un posto come molti altri nel Sudest asiatico, con le sedie di plastica ondeggianti, i tavolini traballanti, i menu in inglese con le foto buffe e gli errori di ortografia, il pavimento sconnesso e la fauna sgradita. Un posto ordinario, penserete voi. Beh, ordinario solo in apparenza.
Parte del personale lavora solo per il ristorante, altri invece continuano fino alla chiusura. Osservando con attenzione si potrà notare che, così come molti dei clienti fissi, anche chi si occupa della sezione-bar ha degli evidenti problemi di alcolismo. Alcuni di giorno sono sobri, ma in preda ai postumi della sbronza della sera prima. Altri invece passano da una ciucca alla successiva senza pausa, come una canzone in modalità repeat che ricomincia all'infinito. C'è una ragazza mingherlina con la faccia deturpata dalle occhiaie, una signora che striscia i piedi mentre si muove tra i tavoli, il gruppetto di clienti regular, tavolo costantemente prenotato, che bevono il primo bicchiere ben prima di mezzogiorno e continuano fino a notte, ma il caso più sconcertante è una donna sui quarantacinque anni che come molte asiatiche da lontano potrebbe sembrare una ragazzina. Di solito a mezzogiorno ha già fatto il pieno. Se ne sta seduta all'ombra, tra il frigo delle bibite e il banchetto delle bevande calde. Ogni tanto si alza per svolgere le sue mansioni, che ovviamente non includono le ordinazioni e il maneggio delle portate. Lancia i menu sui tavoli dei nuovi arrivati, raccoglie i piatti sporchi in una cesta di plastica, che preleva e risistema ai piedi di un alberello. Quando la cesta è colma la porta in cucina. Ogni tanto prende una scopa e spazza il pavimento, senza usare la paletta ma scagliando semplicemente la spazzatura sulla strada. Quando pulisce tra i tavoli, non riuscendo a controllare con precisione i movimenti della ramazza, fa il solletico ai piedi dei clienti, quasi tutti infilati in un paio di ciabatte.
Una volta mentre pranzavo si è scatenato un temporale monsonico. Alla mia destra sedeva una coppietta di fidanzatini coreani sotto un ombrellone che grondava acqua. Ho estratto il cellulare e mi sono preparato a scattare una foto, ma proprio quando ero riuscito a trovare l'angolazione giusta, che abbracciava la coppia, l'orlo dell'ombrellone e un settore di cielo plumbeo, qualcuno mi ha dato due colpetti sulla spalla. Mi sono girato perdendo la posizione e mi sono ritrovato a tu per tu con l'ubriacona che mi sorrideva - mettendo in mostra un paio di gengive sdentate che non avevo mai notato e che avrei continuato volentieri a non notare - e a gesti mi chiedeva di non perdere tempo con coreani, monsoni e paesaggio ma di scattare piuttosto una foto a lei. Sorrideva civettuola, cambiava posa inclinando la testa, stringendo le spalle e spingendo in fuori il petto piallato (sbandando a ogni movimento a causa della sbornia) e indicava il proprio volto affinché non mi sbagliassi, o forse affinché non si sbagliasse lei. Ho riso per non mandarla affanculo, anzi con una risata che l'ha proprio mandata a fare in culo, e mi sono girato di nuovo verso il mio soggetto ma, come spesso succede in questi casi, la magia del momento era già sfumata. Quando stavo quindi per sussurrare un vaffanculo vero e proprio mi sono bloccato, pentito della mia antipatica irritazione, e mentre mi accingevo a farle finalmente quel piacere che non mi costava nulla lei si era già dimenticata tutto, com'è tipico degli alcolizzati, si era andata a sedere nell'angoletto al fresco ed era sprofondata nel suo languore narcolettico. Meglio così: visto come ondula ogni volta che sta in piedi la foto sarebbe comunque venuta mossa. E poi certe scene patetiche è meglio non immortalarle.

Continua...

martedì 6 settembre 2011

SIM card thailandesi

Foto di ucumari (CC)
Una volta ogni tanto il blog di uno che vive all'estero, oltre a storie bizzarre e masturbazioni mentali, dovrebbe anche fornire qualche suggerimento utile a chi si appresta a visitare gli stessi posti. Eccomi qua.
Consiglio per il turista che arriva in Thailandia: a meno che non ne abbiate assolutamente bisogno, lasciate perdere il roaming con la vostra SIM, entrate nel primo 7/eleven che trovate, compratene una thailandese e date il nuovo numero ai vostri cari. Come gestore io uso DTAC, ma anche True e AIS-1-2-call offrono tariffe e servizi simili.
Vabbè, che consiglio sarebbe, ci arrivavo anche da solo, direte voi. Infatti non ho finito. Chiamando il call center al numero che troverete nella vostra rubrica dopo l'attivazione potete anche acquistare pacchetti SMS o internet a prezzi stracciati. Gli SMS a prezzo ridotto si possono mandare solo ad altri numeri thailandesi, ma se viaggiate in gruppo o avete conosciuto qualche thailandese o altri turisti questo si rivelerà comunque un acquisto azzeccato, soprattutto considerati i costi.
I prezzi delle SIM card e le tariffe per le chiamate variano a seconda delle promozioni del momento: attualmente ad esempio DTAC ne offre una che costa solo 49 baht. Un'altra da 199 baht invece offre tariffe più convenienti nonché un credito iniziale maggiore (al cambio attuale 1 euro vale circa 42 baht).
Per quanto riguarda i pacchetti SMS io con DTAC ne compro uno da 100 SMS per 60 baht, 60 centesimi a messaggio. Normalmente, senza promozione, un SMS verso un numero thailandese costa 3 baht: un risparmio notevole quindi. Quelli verso l'estero invece costano sempre 9 baht.
Anche le tariffe per le chiamate internazionali (IDD) variano a seconda del gestore e della promozione.
Parlando di pacchetti internet invece, io di solito ne acquisto uno da 70 ore per poco più di 200 baht. Ce ne sono anche di durata più breve o mensili ad accesso illimitato. Potete utilizzarli con uno smart-phone o con un laptop collegato al telefono via cavo USB o bluetooth. Ci sono ovviamente anche promozioni specifiche per Blackberry, iPhone, iPad, ecc. Per quelle però è meglio recarsi direttamente ai punti vendita dei gestori. Se ne trovano in quasi tutti i grossi centri commerciali (a Bangkok Siam Paragon, MBK e Central World, ad esempio).