Leggendo delle recenti proteste dei tassisti contro Uber, il sistema di carpooling e noleggio auto con conducente (quindi servizio diverso da quello offerto dai taxi, anche se in pratica molto simile), degli attacchi subiti da alcuni autisti Uber, e ricordando i metodi aggressivi, fascisti e illegali con cui alcuni anni fa la categoria si oppose alle riforme varate dal parlamento votato dai cittadini italiani, riforme che furono gettate nella spazzatura dopo che il governo si tirò vilmente indietro sancendo di fatto la superiorità degli interessi di una categoria minuscola su quelli della stragrande maggioranza della popolazione, mi è venuta in mente una domanda. Eccola.
Se la protesta dei tassisti contro Uber è legittima, lo sarebbe stata anche quella, eventuale, dei vecchi laboratori fotografici contro l'avvento della fotografia digitale?
Qui non troverete le pagine di un diario di viaggio, né elogi a luoghi fantastici o cronache di memorabili incontri. Questa è una raccolta di storie, pensieri, immagini. Ma soprattutto di stranezze, che per altri magari sono normalità. Perché per osservarle, queste bizzarrie, sono necessari filtri speciali: stramberia, cinismo, pignoleria, testardaggine, isolamento, impudenza, curiosaggine, nerdismo. Difetti che modestamente, in varia misura, questo individuo seminomade possiede un po' tutti.
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venerdì 17 luglio 2015
venerdì 17 gennaio 2014
Shutdown Bangkok, restart Thailand
Sono stato a Bangkok durante le manifestazioni di protesta. Sia quando i dimostranti erano accampati nella zona del Monumento alla Democrazia, in attesa, sia quando hanno deciso di marciare verso il centro per bloccare gli incroci principali e paralizzare la città. All'operazione hanno dato un nome hi-tech: shutdown Bangkok. Lo slogan completo in realtà è Shutdown Bangkok, restart Thailand. Niente male come gioco di parole, credo ci sia lo zampino di qualche agenzia di marketing.
Ho scattato varie foto, in zone e momenti diversi.
Quelle scattate prima dello shutdown:
Ho scattato varie foto, in zone e momenti diversi.
Quelle scattate prima dello shutdown:
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Saltellare sulle facce dei nemici politici (Monumento alla democrazia) |
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Notte prima della rivoluzione (Monumento alla democrazia) |
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Countodown to shutdown (Monumento alla democrazia) |
venerdì 22 marzo 2013
Ho (ri)letto I Promessi Sposi: ecco le mie chiavi di lettura
Tra i vari motivi che mi hanno spinto a farlo c'era una curiosità: dopo tanti anni c'è ancora qualcosa di attuale in questa storia? O la leggiamo soltanto per tradizione, per costrizione, perché i programmi scolastici sono dei muri spessi, difficili da abbattere e ricostruire, o anche solo da restaurare?
Ricordo che Manzoni veniva spesso elogiato per le poetiche descrizioni dei paesaggi e per l'ideazione di personaggi elaborati, rappresentativi, intriganti. Onestamente non sono d'accordo. Mi spiego, tutto ciò è sicuramente vero. Per un lettore del diciannovesimo secolo però. Ma ora? Dopo aver letto Tolstoy, Faulkner, Flaubert, Updike, Pirandello, Greene, Roth, Eco? Mah, i personaggi e i paesaggi di Manzoni non vengono fuori troppo bene dal confronto. Provate ad analizzare il profilo di Herzog, il protagonista dell'omonimo romanzo di Saul Bellow o il modo in cui McCarthy dipinge con le parole i tramonti al confine tra Messico e USA. Poi tornate a quel ramo del lago di Como o alle macchiette stereotipate di Azzeccagarbugli, Don Abbondio, Agnese o Perpetua e tirate le somme. In realtà mica è colpa del buon Alessandro: il confronto non è nemmeno corretto farlo. Sarebbe come paragonare i tempi degli atleti di due epoche diverse, o le tecniche chitarristiche o le velocità dei sistemi di trasporto. La letteratura si evolve, così come la società e la tecnologia. E a un lettore del ventunesimo secolo tenderà a piacere di più quel che è stato scritto in tempi a lui più vicini.
sabato 17 novembre 2012
La leggenda dei poliziotti tedeschi "buoni"
Manifestanti e polizia si sono scontrati in varie città italiane. Il paese, come al solito, si spacca su questioni del genere: chi ha ragione, chi ha torto...probabilmente la verità è che sia tra i dimostranti che tra gli agenti si annidano degli esaltati poco interessati alla questione centrale e desiderosi di far cagnara, esibirsi e menar le mani. Un po' come quei tizi che stanno allo stadio a petto nudo, megafono in mano, sciarpa in faccia e spalle sempre rivolte al campo da gioco. Ma non è su questo che volevo soffermarmi.
Molti utenti di Facebook hanno deciso di rispolverare una foto vecchia di qualche mese, scattata a Francoforte, nella cui didascalia si sostiene che gli agenti tedeschi si sarebbero tolti i caschi e avrebbero marciato a fianco dei manifestanti.
La foto, o perlomeno quel tipo di interpretazione, è un falso. Dimostrato dal quotidiano online linkiesta.it in quest'articolo pochi giorni dopo lo scatto, che risale a maggio '12. A provarlo ci sono le dichiarazioni dell'inviato del giornale, del fotografo di AP e degli stessi leader della manifestazione.
Ma a chi diffonde fesserie in Facebook questo non importa. L'importante è darsi delle arie da saputello terminando il post con un "ITALIANI SVEGLIA!!!" strillato in stampatello. Continuando nella vita reale a dormire sonni tranquilli. E allora...sogni d'oro!
Molti utenti di Facebook hanno deciso di rispolverare una foto vecchia di qualche mese, scattata a Francoforte, nella cui didascalia si sostiene che gli agenti tedeschi si sarebbero tolti i caschi e avrebbero marciato a fianco dei manifestanti.
La foto, o perlomeno quel tipo di interpretazione, è un falso. Dimostrato dal quotidiano online linkiesta.it in quest'articolo pochi giorni dopo lo scatto, che risale a maggio '12. A provarlo ci sono le dichiarazioni dell'inviato del giornale, del fotografo di AP e degli stessi leader della manifestazione.
Ma a chi diffonde fesserie in Facebook questo non importa. L'importante è darsi delle arie da saputello terminando il post con un "ITALIANI SVEGLIA!!!" strillato in stampatello. Continuando nella vita reale a dormire sonni tranquilli. E allora...sogni d'oro!
lunedì 13 ottobre 2008
Un mese sull'ovatta - Padova, Italia
Sono in Italia già da due settimane. Il tempo è un cucciolotto che barcolla sull'ovatta. È l’unico mese dell’anno che trascorro qui. Pur senza fare nulla di speciale, la noia non stiracchia ancora l’elastico delle giornate. Scrivo qualcosa, passeggio, mi faccio coccolare da mamma e papà, rivedo i vecchi amici, riscopro il senso delle serate trascorse a casa, mi aggiro tra le stanze con un libro al guinzaglio.
I libri. Ne ho ripreso in mano uno, comprato e letto anni fa a Singapore. È una cosa che faccio di rado, rileggere i libri. A volte ripenso a un bel capitolo, a una sensazione provata, che voglio rimettere alla prova a distanza di anni, ma c’è quasi sempre un nuovo volume che mi cattura, soffocando il proposito quand’è ancora nella culla.
Questo però è un libro unico, una raccolta di racconti brevi, anzi brevissimi, come dice anche il titolo, “Sudden fiction”. Ogni brano dura non più di due pagine, spesso una soltanto, in cui si concentra la magica pozione ottenuta con un personaggio azzeccato, una situazione tesa, un incipit fulminante seguito da un finale a sorpresa. Divori in un boccone i raccontini che ti piacciono e ti sbarazzi in fretta delle storie con cui non fai click. Un libro che, come e forse più delle altre raccolte, lo puoi leggere indifferentemente in un verso e nell’altro, dal primo racconto a seguire o dall’ultimo a ritroso, se ti va persino a saltelli qua e là.
Oggi in centro c’era una manifestazione. Un gruppo di immigrati sfila urlando slogan contro il razzismo, toccando i punti strategici dell’organismo cittadino: il comune, la prefettura, le piazze e la zona pedonale. A prima vista si tratta di un gruppo omogeneo, ma basta seguirlo e osservarlo un po’ per notare tutte le sue sfaccettature. C’è il leader naturale, che trova un piano rialzato per mettere alla prova le proprie doti di oratoria. Altri danno fondo al loro bagaglio di italiano per spiegare a due vecchietti la propria frustrazione. Ce ne sono alcuni, una minoranza a dire il vero, che si rivolgono ai passanti inermi con parolacce e gestacci. Sarà quel miscuglio di entusiasmo e luci della ribalta a proiettare ai loro occhi un mondo in bianco e nero, la divisione illusoria tra buoni e cattivi, loro da una parte e tutta l’Italia dall’altra. Dimenticando forse che anche nei cortei di questo tipo si annidano agitatori, opportunisti e volta gabbana. “Se questi italiani ci uccidono, uccideremo gli italiani nei nostri paesi” è uno slogan che può traghettarli dalla ragione al torto.
Ma la maggior parte dei manifestanti per fortuna si comporta bene: gridano la loro rabbia ma dialogano con i cittadini. Ce ne sono infine alcuni, con i quali mi identifico un po’, che incontrano una ragazza carina e si scordano del corteo.
I libri. Ne ho ripreso in mano uno, comprato e letto anni fa a Singapore. È una cosa che faccio di rado, rileggere i libri. A volte ripenso a un bel capitolo, a una sensazione provata, che voglio rimettere alla prova a distanza di anni, ma c’è quasi sempre un nuovo volume che mi cattura, soffocando il proposito quand’è ancora nella culla.
Questo però è un libro unico, una raccolta di racconti brevi, anzi brevissimi, come dice anche il titolo, “Sudden fiction”. Ogni brano dura non più di due pagine, spesso una soltanto, in cui si concentra la magica pozione ottenuta con un personaggio azzeccato, una situazione tesa, un incipit fulminante seguito da un finale a sorpresa. Divori in un boccone i raccontini che ti piacciono e ti sbarazzi in fretta delle storie con cui non fai click. Un libro che, come e forse più delle altre raccolte, lo puoi leggere indifferentemente in un verso e nell’altro, dal primo racconto a seguire o dall’ultimo a ritroso, se ti va persino a saltelli qua e là.
Oggi in centro c’era una manifestazione. Un gruppo di immigrati sfila urlando slogan contro il razzismo, toccando i punti strategici dell’organismo cittadino: il comune, la prefettura, le piazze e la zona pedonale. A prima vista si tratta di un gruppo omogeneo, ma basta seguirlo e osservarlo un po’ per notare tutte le sue sfaccettature. C’è il leader naturale, che trova un piano rialzato per mettere alla prova le proprie doti di oratoria. Altri danno fondo al loro bagaglio di italiano per spiegare a due vecchietti la propria frustrazione. Ce ne sono alcuni, una minoranza a dire il vero, che si rivolgono ai passanti inermi con parolacce e gestacci. Sarà quel miscuglio di entusiasmo e luci della ribalta a proiettare ai loro occhi un mondo in bianco e nero, la divisione illusoria tra buoni e cattivi, loro da una parte e tutta l’Italia dall’altra. Dimenticando forse che anche nei cortei di questo tipo si annidano agitatori, opportunisti e volta gabbana. “Se questi italiani ci uccidono, uccideremo gli italiani nei nostri paesi” è uno slogan che può traghettarli dalla ragione al torto.
Ma la maggior parte dei manifestanti per fortuna si comporta bene: gridano la loro rabbia ma dialogano con i cittadini. Ce ne sono infine alcuni, con i quali mi identifico un po’, che incontrano una ragazza carina e si scordano del corteo.
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