Visualizzazione post con etichetta golfo del siam. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta golfo del siam. Mostra tutti i post

lunedì 3 novembre 2008

Una flebo di linfa vitale - Golfo del Siam, Thailandia

Non c’è rollio né moto di beccheggio, il traghetto scivola dall’isola alla costa, tagliando la calura sul golfo del Siam.

Il motore sbuffa e la barca rallenta, io scollo la schiena dal sedile in velluto. Dal ventilatore giapponese si sviluppa un cono in cui mi rifugio per sfuggire a questo forno. Nemmeno la brezza che fa solletico al ponte indebolisce la presa dell’afa snervante.

Il pilota manovra facendo percorrere allo scafo delle lente mezzelune di avvicinamento al molo. Una colonna di pneumatici riveste un pilastro. La gomma è sgualcita e ridotta a brandelli. Con gli altri passeggeri osservo dal parapetto la complessa manovra d’avvicinamento. Lo scafo arrugginito si appoggia alla struttura stiracchiando le fibre di un pneumatico malmesso. Alcuni frammenti di staccano dal pezzo e si infilano muti tra le piccole onde.

Facendo perno sulla colonna di legno il traghetto lentamente si mette in linea con il molo. Si abbassa il portellone da cui sfilano le auto. Sopra il pontile una pezza di juta sbuffa nuvolette ad ogni passaggio. Tutto attorno a me riflette il grigio del cielo.

Borse in spalla barcollo sulla passerella, attraverso il ponte che cigola e traballa e percorro il corridoio che ci collega al piazzale. Passo dopo passo, senza volare, percorro verso l'alto la penisola malese. Samui-Surat, Surat-Hua Hin, poi l’ultimo pulmino che mi porta a Bangkok, zigzagando tra caldo, palme e baracche, con l’acqua e la polvere sotto le scarpe.

Il viaggio è noia, pensieri e paragrafi, il viaggio è una flebo di linfa vitale.


Foto Koh Samui, di Fabio Pulito

lunedì 7 maggio 2007

Hua Hin - Thailandia, 07 maggio 2007

Il traghetto scivola senza rollio né beccheggio dall’isola di Koh Samui a Surat Thani. Ci troviamo nel profondo del golfo Siamese.

La barca rallenta. Sollevo la schiena appiccicosa dal sedile in finto velluto. Dal ventilatore giapponese si sviluppa l’unico cono in cui mi sono riuscito a rifugiare per sfuggire alle fauci di questo forno tropicale. Un’afa snervante. Nemmeno sul vasto ponte si riesce a trovare il sollievo di una brezza di crocera.

Il pilota manovra facendo percorrere allo scafo delle lente mezzelune di avvicinamento al legno del molo.

Una colonna di pneumatici riveste una delle travi della struttura. La gomma è sgualcita e ridotta a brandelli in vari punti. Sicuramente i copertoni vengono sostituiti con regolarità. Non riesco però a immaginare come, dal momento che il telaio in legno non fornisce vie di fuga.

Assieme ad altri passeggeri osservo dal parapetto la complessa manovra di avvicinamento. Calcolo a spanne la lunghezza dello scafo. Saranno circa quaranta metri.

La parete arrugginita del traghetto si adagia sul più malmesso dei pneumatici. La gomma viene compressa, spremuta e poi stirata. Alcuni frammenti di staccano e precipitano muti tra le piccole onde.

Facendo perno sulla colonna di legno e copertoni il traghetto si mette in linea col molo e approda. Si abbassa il portellone e le prime auto cominciano ad uscire. Sul pontile un blocco di juta e terriccio sbuffa nuvolette di polvere al passaggio di ogni veicolo. Tutto riflette il grigio del cielo. Le nuvole che lo affollano da una decina di minuti non alleviano le morse del calore.

Borse in spalla traballo sulla passarella, attraverso il pontile che cigola e percorro il corridoio coperto che ci porta al piazzale in cui risaliremo sull’autobus partito da Samui.

Passo dopo passo, senza volare, percorro a ritroso la penisola sud-est asiatica. Samui-Surat, Surat-Hua Hin, Hua Hin-Bangkok. Zig-zagando tra pomeriggio, palme, notte e baracche. Con l’acqua e la polvere sotto le scarpe. Il viaggio è noia, il viaggio è nuova linfa vitale.