mercoledì 7 settembre 2011

Dagli alcolizzati - Bangkok, Thailandia

L'intera serie "Dagli alcolizzati" è dedicata a Jack London, autore di "Memorie di un bevitore" (Titolo originale: "John Barleycorn").

C'è un localino a Bangkok, un po' ristorante e un po' bar. La cucina è aperta fino alle quattro di pomeriggio, dopodiché, fino a mezzanotte, si serve solo da bere. I tavoli sono quasi tutti disposti all'aperto, all'ombra degli alberi e di qualche ombrellone bucato. E' una di quelle tipiche attività thailandesi a gestione familiare, con due o tre persone che danno una mano. Un posto come molti altri nel Sudest asiatico, con le sedie di plastica ondeggianti, i tavolini traballanti, i menu in inglese con le foto buffe e gli errori di ortografia, il pavimento sconnesso e la fauna sgradita. Un posto ordinario, penserete voi. Beh, ordinario solo in apparenza.
Parte del personale lavora solo per il ristorante, altri invece continuano fino alla chiusura. Osservando con attenzione si potrà notare che, così come molti dei clienti fissi, anche chi si occupa della sezione-bar ha degli evidenti problemi di alcolismo. Alcuni di giorno sono sobri, ma in preda ai postumi della sbronza della sera prima. Altri invece passano da una ciucca alla successiva senza pausa, come una canzone in modalità repeat che ricomincia all'infinito. C'è una ragazza mingherlina con la faccia deturpata dalle occhiaie, una signora che striscia i piedi mentre si muove tra i tavoli, il gruppetto di clienti regular, tavolo costantemente prenotato, che bevono il primo bicchiere ben prima di mezzogiorno e continuano fino a notte, ma il caso più sconcertante è una donna sui quarantacinque anni che come molte asiatiche da lontano potrebbe sembrare una ragazzina. Di solito a mezzogiorno ha già fatto il pieno. Se ne sta seduta all'ombra, tra il frigo delle bibite e il banchetto delle bevande calde. Ogni tanto si alza per svolgere le sue mansioni, che ovviamente non includono le ordinazioni e il maneggio delle portate. Lancia i menu sui tavoli dei nuovi arrivati, raccoglie i piatti sporchi in una cesta di plastica, che preleva e risistema ai piedi di un alberello. Quando la cesta è colma la porta in cucina. Ogni tanto prende una scopa e spazza il pavimento, senza usare la paletta ma scagliando semplicemente la spazzatura sulla strada. Quando pulisce tra i tavoli, non riuscendo a controllare con precisione i movimenti della ramazza, fa il solletico ai piedi dei clienti, quasi tutti infilati in un paio di ciabatte.
Una volta mentre pranzavo si è scatenato un temporale monsonico. Alla mia destra sedeva una coppietta di fidanzatini coreani sotto un ombrellone che grondava acqua. Ho estratto il cellulare e mi sono preparato a scattare una foto, ma proprio quando ero riuscito a trovare l'angolazione giusta, che abbracciava la coppia, l'orlo dell'ombrellone e un settore di cielo plumbeo, qualcuno mi ha dato due colpetti sulla spalla. Mi sono girato perdendo la posizione e mi sono ritrovato a tu per tu con l'ubriacona che mi sorrideva - mettendo in mostra un paio di gengive sdentate che non avevo mai notato e che avrei continuato volentieri a non notare - e a gesti mi chiedeva di non perdere tempo con coreani, monsoni e paesaggio ma di scattare piuttosto una foto a lei. Sorrideva civettuola, cambiava posa inclinando la testa, stringendo le spalle e spingendo in fuori il petto piallato (sbandando a ogni movimento a causa della sbornia) e indicava il proprio volto affinché non mi sbagliassi, o forse affinché non si sbagliasse lei. Ho riso per non mandarla affanculo, anzi con una risata che l'ha proprio mandata a fare in culo, e mi sono girato di nuovo verso il mio soggetto ma, come spesso succede in questi casi, la magia del momento era già sfumata. Quando stavo quindi per sussurrare un vaffanculo vero e proprio mi sono bloccato, pentito della mia antipatica irritazione, e mentre mi accingevo a farle finalmente quel piacere che non mi costava nulla lei si era già dimenticata tutto, com'è tipico degli alcolizzati, si era andata a sedere nell'angoletto al fresco ed era sprofondata nel suo languore narcolettico. Meglio così: visto come ondula ogni volta che sta in piedi la foto sarebbe comunque venuta mossa. E poi certe scene patetiche è meglio non immortalarle.

Continua...

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