lunedì 8 febbraio 2010

Un sorriso da peluche - Koh Samui, Thailandia

Lo scaldabagno non funziona, avverto la reception. L'ometto mi risponde col suo inglese condensato. Check tonight. Sorride, sorrido. Tutto a posto, vado in spiaggia.
Torno verso sera e giro il pomello della doccia. Il clima tropicale fa sudare, soffrire, ma non vi aspettate che allevi lo shock dell'acqua ghiacciata. Mi lavo in fretta coi denti digrignati, poi quando scendo faccio di nuovo rapporto. L'ometto simpatizza, si rattrista mentre ascolta, sembra quasi che la doccia fredda l'abbia fatta lui. Col volto che gli si ricompone in un sorriso da peluche, sceglie un'altra voce dal suo frasario sgangherato: check again!
Quando torno in stanza trovo uno scaldino diverso: è più vecchio dell'altro ma la spia si accende. Purtroppo la temperatura non si alza di un grado. Scendo a ritirare un altro sorriso da peluche: la soluzione non cambia, è di nuovo check again.
Il terzo scaldabagno è un pezzo di modernariato. Attendo sfiduciato con la mano sotto il getto ma dopo alcuni istanti l'acqua si fa tiepida. Confermo con l'omino che sorride soddisfatto. 
Il sorriso thailandese è un gesto multifunzionale, toglie dall'imbarazzo o rompe barriere di ghiaccio. Alle volte in un hotel, in un isola del sud, funziona come strumento per il customer-care.

Immagine "Sailboat Teddies", di Ruane Manning, da Allposters.com

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