mercoledì 14 settembre 2016

Politologi e artisti: inneggiare alle foibe sulle pareti dell'università - Padova, Italia

Questo folle richiamo ad un'anacronistica polemica pseudo politica da guerra fredda sta dipinto sulla facciata del Liviano, una delle sedi più importanti dell'università di Padova, nelle cui aule si insegnano lettere antiche e moderne, filosofia e, soprattutto, storia!
Ma questi aspiranti intellettuali lo sanno cosa sono state le foibe? Qualcuno gli ha spiegato che non furono l'equivalente titino di Norimberga o Loreto? Che fu pulizia etnica prima ancora che rappresaglia politica?
Probabilmente alcuni di loro hanno pure la faccia tosta di partecipare a manifestazioni per la pace e la solidarietà: ma che senso ha mobilitarsi per le persecuzioni ai danni di una tribù di Papua Nuova Guinea se non hai capito che genere di angherie hanno subito i tuoi stessi nonni e bisnonni, a due sole ore di auto da qui? Forse Papua Nuova Guinea fa più figo?
Lo sanno questi caproni che nel secondo dopoguerra la città in cui fanno finta di studiare e si atteggiano a progressisti dal cuore buono accolse e ospitò migliaia di profughi giuliani e dalmati? Che un intero quartiere a ridosso di piazzale Stanga venne costruito per ospitarli?
Si sono mai chiesti perché tanti loro amici e compagni di studi, padovani da generazioni, hanno un cognome un po' strano, con tante k, x, j o ich?
Come si può riuscire a spiegare la tragedia dei profughi africani e asiatici di oggi se i membri della futura intellighenzia di un'importante città universitaria ingiuriano in questo modo gli esuli italiani di settant'anni fa?
Poi, certo, la colpa delle rogne italiane è sempre esclusivamente di chi ci comanda: Renzi, Grillo, la Raggi e Berlusconi. Gli elettori sono dei poveri geni incompresi, che esprimono le loro opinioni illuminate sulle pareti dell'università. Anzi, le dipingono, quindi oltre che politologi sono pure artisti. Ma sì, mettiamola così, in effetti viene tutto più semplice.

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