domenica 13 luglio 2025

RIBELLIONE


La determinazione con cui la maggioranza di “matusa” si scervella per trovare falle logiche nella motivazione con cui questi studenti hanno fatto sapere ai commissari d’esame che l’esame non l’avrebbero sostenuto sa di impotenza, più che di autorevolezza, per non dire autorità.
In realtà tutte le critiche mosse hanno, nell’angolo ammuffito da cui strillano, un senso. “Tutta la vita è competizione.” “Troppo comodo non sedersi a quel tavolo e farla franca.” “Che mancanza di rispetto nei confronti di chi si sbatte per darti un’istruzione.” “Stai voltando le spalle ad una società che gratuitamente sta cercando di darti un futuro.”
Hanno senso, certo, ma dal punto di vista di chi è stato colto di sorpresa, e magari è stato messo ko da un montante inaspettato. È come cercare di trovare la quadra alle promesse di un generale che ha appena portato a termine un colpo di stato, o alle esultanze del boss dei reclusi che si sono ammutinati, per provare poi a smontarle con la logica dei burocrati.
Sarà che non sto molto in Italia, e comincio a reagire alle notizie della madre patria in maniera un po’ atipica, ma io di questa faccenda noto il gesto, più che la spiegazione. È una rivolta. Non è una critica al sistema, con solide e razionali motivazioni socio-politiche. È una ribellione all’autorità, e quindi un atto di forza. Il gesto non ha senso. Il gesto è il senso. Coglie impreparati, e quindi stende al tappeto, proprio il fatto che arrivi da dove non te l’aspetti, da una generazione che credi di aver cresciuto, ma che invece ha già sviluppato una mentalità propria, diversa dalla tua, nuova, imprevedibile, in parte sconosciuta persino a chi la incarna. E che quindi la esplora, la mette alla prova, per vedere fino a che punto può spingersi nell’usarla come ariete.