giovedì 27 giugno 2013

Pasticcini e betulle - Suzhou, Cina

Il plico di scartoffie
Per placare la periodica crisi di astinenza da zuccheri di L invece del gelato oggi ho deciso di comprargli una fettina di millefoglie. Vado in una pasticceria fighetta al piano interrato di un bel centro commerciale e ordino la pasta. Invece di servirmi un ragazzetto munito di cappello da chef scribacchia qualcosa su una ricevuta. Questo in realtà è un termine non del tutto appropriato in quanto la cedola funziona da ricevuta soltanto alla fine di una procedura che potrebbe aver senso se stai acquistando un quintale di cemento, una cassa di candele per automobili o anche, visto che siamo in tema, un sacco da venti chili di vaniglia per la tua pasticceria. Ma non certo per un singolo pasticcino. Dopo aver ritirato il documento compilato in triplice copia multicolore bisogna infatti recarsi a una cassa centralizzata che serve tutti i negozi di quel settore del centro, pagare, ricevere due dei tagliandi contrassegnati da una stampante collegata alla cassa nonché un'ulteriore ricevuta, tornare alla pasticceria dove l'addetto ritirerà uno dei due tagliandi, ti consegnerà il terzo, l'addizionale ricevuta e il pasticcino. Che per essere sicuro di battere ogni record di consumi inutili per grammo di merce venduta ha inserito prima in una bustina di plastica e poi in un sacchetto…di carta. Svolgendo una stima veloce ritengo che debba essere stato necessario abbattere una quindicina di betulle per fornire a questo intricato iter burocratico la materia prima necessaria. Carta che ovviamente la maggior parte della gente infila nel primo cestino disponibile che trova.
L'aggravante è che non si tratta di un semplice vezzo dei dirigenti di questo centro commerciale ma funziona così in molti altri complessi, grandi magazzini e food court. Ti devi comprare un rossetto? Vuoi mangiare una minestrina al volo? Ti serve un barattolo di miele? Devi portare a spasso il plico di carta, fermarti a tutte le stazioni di questa via crucis fino a quando lo depositi su un cumulo di spazzatura. 
Speriamo almeno che riciclino. Beh, in realtà, considerando che...vabbè…sì speriamo…

Altre foto qui sotto:

mercoledì 19 giugno 2013

Ma davvero mangiate il riso anche voi??? - Suzhou, Cina

I "pacchetti" di riso cinesi
Vado a comprare dei gelati al negozietto di alimentari vicino a casa. Se a L non viene somministrata la sua razione quotidiana di veleno zuccherato va a finire che si intristisce fino alla sera successiva. 
Passo di fianco all'angolo del riso e mi ricordo che l'abbiamo finito con l'ultimo risotto ai porri e salsiccia(*). Non ci sono i prezzi. Chiedo quanto costano i pacchi piccoli(**), ne prendo uno e lo trascino fino alla cassa. La ragazza ci mette un po' ad attivarsi, mi guarda strabiliata e quando finalmente si decide a scannerizzare il codice a barre esclama: 
"Ma...davvero mangi il riso PURE tu???"
" E certo che mangio il riso pure io, perché?"
"Io credevo..." poi mette le dita sopra una tavola immaginaria e le porta alla bocca per mimare l'azione "...che VOI mangiaste soltanto pane!"
Ma pensa un po': se parli a un cinese in cinese come se fossi un cinese non fa una piega, dandolo per scontato. Se invece scopre che anche tu mangi il riso ti guarda come se fossi Yuri Gagarin appena sbarcato dallo Sputnik. 
Proprio a me poi, che vengo dalla pianura padana, terra di risaie, mondine e risotti. Questi cinesi sono veramente degli assi a sorprendere te quando vengono sorpresi da te.

giovedì 13 giugno 2013

L'idea meno artistica per promuovere l'arte (con foto) - Shanghai, Cina

L'ex centrale elettrica convertita in museo
Grazie allo strabiliante sistema ferroviario ad alta velocità che la Cina ha messo in piedi in una manciata d'anni Shanghai dista da Suzhou meno di mezzora in treno. La prima volta che coprii la tratta, nel 2005, il carro bestiame che mi ci portò ci mise quasi il doppio, e l'atmosfera era molto più pittoresca. La meta della nostra gitarella odierna è il museo d'arte contemporanea "Power Station of Art",  che fino al 28 luglio ospita la mostra "15 minutes Eternal", interamente dedicata a Andy Warhol.
La Power Station of Art, come dice il nome, è una vera e propria centrale elettrica dismessa e convertita in maniera davvero interessante in un museo d'arte contemporanea. Una struttura molto intrigante, un progetto realizzato molto bene. Una di quelle opere che ormai si mettono i piedi (in tempi brevi) solo in Cina, l'unico paese che può permettersi investimenti ingenti quasi a fondo perduto, per pure ragioni di prestigio o strategia. Potete osservare alcuni particolari nelle foto che pubblico qui sotto. Non ne troverete però delle opere: sono infatti uno dei pochi tontoloni che ha rispettato il divieto di farle.
Oltre alla sede dell'evento mi è piaciuta, ovviamente, anche l'esibizione stessa.
La cosa che più mi ha sorpreso però è il prezzo dell'ingresso: 20 RMB, equivalenti a due euro e mezzo! E sto parlando dei biglietti interi, non di quelli scontati per gli anziani o gli studenti. Sebbene la mostra sia iniziata già da un mese e mezzo e questa con tutta probabilità non sia la regione del pianeta in cui la fama dell'artista americano tocca il suo apice l'affluenza è consistente e la gente è molto interessata. In giro per l'Asia si può tranquillamente arrivare a pagare cinque volte tanto per visitare attrazioni di valore notevolmente inferiore, posto che siano di alcun valore.

mercoledì 5 giugno 2013

Funzione esponenziale panico - Shanghai, Cina

La mia borsa, la chitarra e Luce, il chihuahua lecca-orecchie
Eccomi all'ennesima scansione dei bagagli ai raggi X. Sono in viaggio da Guanzhou a Suzhou lungo il seguente itinerario: metropolitana fino all'aeroporto Baiyun, volo per Shanghai-Hongqiao, metropolitana fino alla stazione di Honqiao e da lì il treno per Suzhou-Yuanqu, il cosiddetto Sip (Suzhou Industrial Park), una zona mista residenziale, industriale e universitaria, dove vivono sia L, che lavora in una cittadina nei dintorni, e D, che insegna matematica proprio qui.
Questa scansione dovrebbe essere l'ultima, visto che oltre il controllo c'è il binario da cui parte il treno per Suzhou. Non ricordo attraverso quanti di questi punti sono già passato. In qualsiasi altro paese, considerando che ho preso un solo volo, sarebbero non più di due, ma in Cina la paranoia delle autorità e la loro passione per questo tipo di tecnologia invita a moltiplicare la suddetta cifra per un coefficiente che oscilla tra l'1,5 e il 2,5. Facciamo 2: quattro controlli è quindi un dato attendibile, che per un volo e un paio di tratte in metropolitana non è per niente male. 
Quattro di questi procedimenti in poche ore e un numero consistente di borse al seguito mettono a dura prova la mia sbadataggine, che riesco a controllare soltanto con gli automatismi acquisiti in tanti anni di vita nomadica, durante i quali ho imparato a considerare gli articoli del mio bagaglio come i miei unici possedimenti. Mi porto appresso uno zaino dove tengo abiti e frattaglie varie (dopo anni di sfacchinate ho capito che le rotelle sono utili, ma siccome i trolley tradizionali, così come i bagagli rigidi, mi fanno ribrezzo ne ho comprato uno ibrido, morbido e con gli spallacci), una borsa a tracolla dove tengo computer, gadget elettronici e altri oggetti personali non troppo importanti, una chitarra acustica in custodia morbida che non ho ancora imparato a suonare e una money-belt indossata a tracolla, in cui tengo passaporto, carte bancarie e altri documenti importanti che per comodità e sicurezza non metto in tasca.
Saluto il personale di controllo con un nihao e un sorriso, entrambi non corrisposti, poggio lo zaino scorrevole, mi sfilo la chitarra, poi la money belt e quindi la borsa a traco...DOVE CAZZO E' LA BORSA A TRACOLLA?

martedì 28 maggio 2013

Quei cinesi continentali - Hong Kong

Vista della skyline da Tsim SHa Tsui
M sta completando un master in scienze dell'educazione presso una famosa università di Hong Kong. E' cinese, della Cina Popolare, la conosco da anni. Una ragazza simpatica, dolce, educata, molto per bene. Niente a che fare con lo stereotipo del cinese che sputa, si pulisce in pubblico le orecchie, il naso o qualcos'altro, mastica semi e radici seduto accanto a te, succhiando rumorosamente e sputacchiando gusci sfasciati e fibre spappolate. Ma da quando è arrivata a Hong Kong quello stereotipo non smette mai di frustrarla, metterla in imbarazzo e umiliarla.
A volte, quando in un negozio fa un paio di domande sul prodotto che intende acquistare, un commesso le risponde: "Oh, questa è Hong Kong, mica la Cina continentale!" Mi racconta che i cinesi vengono accusati di "rubare" i posti di lavoro ai cittadini del luogo oppure, e questo la coinvolge personalmente, le posizioni disponibili per master e dottorati nelle migliori università. Lei il master se lo è pagato da sé, e molto più di quel che paga un cittadino di Hong Kong. Questo genere di accuse generalizzate le trova quindi piuttosto irritanti.
Passeggiamo per le vie di Kowloon e quando arriviamo a un incrocio dal momento che la strada è sgombra io, come faccio sempre, attraverso, a prescindere dal colore della luce del semaforo.

giovedì 23 maggio 2013

Cinesi in posa per la foto col bianco...uno tira l'altro - Hong Kong

La papera gigante che galleggia sul Victoria Harbor, poco prima di sgonfiarsi a sorpresa
Ho camminato molto anche oggi, mi poggio sulla transenna e osservo la gente che passa. Avenue of Stars l'hanno chiamata. E visto che c'erano per scimmiottare l'America hanno piazzato sul selciato le impronte delle "star" della florida industria cinematografica locale. Peccato che io a parte quel pagliaccetto di Jacky Chan e l'ottimo Wong Kar Wai non ne conosca altri. Di nome per lo meno. Colpa mia, eh, mica demerito loro. Gli attori di In the mood for love mi erano piaciuti, almeno i loro nomi dovrei ricordarli. Bruce Lee ovviamente so chi è, ma per ragioni cronologiche le sue impronte non sono riusciti a prendergliele, così hanno eretto una statua in bronzo in suo onore e lo hanno eletto come il più grande del secolo. 
Ma torniamo a noi. La passeggiata è abbastanza affollata, principalmente di turisti. Io rilasso la schiena e le gambe, stiracchio il collo e osservo. Osservare la gente che mi passa davanti, da vicino o da lontano, di fronte o dall'alto, è sempre stato uno dei miei passatempi preferiti. 
A un certo punto un turista cinese (della Cina continentale intendo, non di qui) mi si avvicina con una macchina fotografica.

lunedì 20 maggio 2013

Una sorprendente ostilità nei confronti del pedone - Hong Kong

Un pescatore all'Hong Kong Harbor e sullo sfondo la skyline semicoperta dalla foschia
E' domenica notte e a Lan Kwai Fong non c'è molto da fare. Tra l'altro come area mi sta pure un po' sulle balle. Il fine settimana si riempie di stronzi vestiti di tutto punto, col macchinone di papà e sul muso da bulldog quell'espressione strafottente che sembra dire: "Tutto questo ce l'ho perché me lo sono meritato. Insomma: perché io so io e voi nun siete un cazzo!" E i buttafuori - poveracci pagati poco e trattati peggio, magari col permesso di soggiorno appeso a quel lavoro di merda - che fanno il loro gioco, a guardare se hai le scarpe lustre o la maglietta fresca di ferro da stiro e amido, se puzzi di miseria o hai lo sguardo da disadattato, segaiolo o, peggio ancora, entrambi. Nei giorni feriali invece non se lo possono permettere di andarci troppo per il sottile; allora ti invitano a entrare, e se ti presenti in ciabatte e canottiera ci provano ancora a umiliarti, ma in modo più patetico: "Ehi, questo non va bene..." sentenziano mentre ti pizzicano la maglia con disprezzo utilizzando le punte di due dita "...la prossima volta no, eh?" Certo, certo, la prossima volta sopra la divisa da villano mi ci spruzzo pure due gocce di Eau de Letam. Ma levati di torno, stronzo, tirapiedi e pure sfigato.