venerdì 28 agosto 2009

Italiani in Thailandia/0: un burino all'estero - Koh Samui, Thailandia

Sto seduto al computer in un'agenzia di viaggi quando qualcuno entra cantando “Nel blu dipinto di blu”. Potrebbe anche essere una scena simpatica se non fosse per l'angolazione volgare e strafottente impressa dal soggetto all'esibizione. Lo ascolto mentre cammina tronfio fino al banco e senza salutare né chiedere nulla continua a cantare.

Quando ha finito una strofa dice all'impiegata di voler effettuare una chiamata internazionale. “Che paese?” gli chiede la ragazza. “Italia” risponde lui. E poi aggiunge: “Foggia!”.

Credendo che nessuno capisca l'italiano, o che chiunque lo sappia sorrida divertito, il burino inizia ad imbastire un monologo immondo, utilizzando anche espressioni in dialetto pugliese. Un miscuglio di insulti e riferimenti sessuali, con note razziste nei riguardi della ragazza. Il tutto condito con un tono da spaccone.


La chiama “cinese” e integra l'imprecisione con un volgare attributo di carattere fisiologico. L'accusa quindi di non sapersi esprimere, di non capire al volo le sue richieste e di non essere in grado di fare il suo lavoro. La ragazza per fortuna sembra non immaginare nemmeno che tipo di schifezza le stia colando addosso. Con modi cortesi e parlando un buon inglese
lo mette in breve in linea con il numero desiderato. Non si capisce di che cosa il bifolco si lamenti. Forse vuole soltanto il centro dell'attenzione o cerca di dimostrare una presunta superiorità. Il fatto che peraltro non si esprima in inglese tradisce inoltre una certa vigliaccheria.

Durante la chiamata, senza cambiare tono, ribadisce il concetto con l'interlocutore. Sembrerebbe che abbia deciso di telefonare in Italia per parlare con chi sta lì della ragazza che lo serve.

Mi viene in mente che il cellulare ha un registratore audio e che potrei utilizzarlo per salvare la conversazione. Ma quando attivo il microfono ho già perso il succo, anzi il liquame, del suo sproloquio. Il bovaro purtroppo ha cambiato argomento: una pedante discussione su calcio e motori.

Mette giù la cornetta, paga la chiamata e senza dire una parola si alza e se ne va. L'impiegata sorridendo lo ringrazia e lo saluta. Aggiunge pure un “ciao”, in perfetto italiano. La poltroncina su cui sto seduto è un tappetino da fachiro: mi mordo la lingua, mi agito in silenzio, poi mi volto ad osservarlo per la prima volta, mentre strascicando il passo e gonfiando il petto strattona la porta ed esce dal negozio. Di rispondere al "ciao" non se ne parla nemmeno. Forse me lo sono soltanto immaginato, perché è un cliché che si adatta al genere di personaggio, ma mi è sembrato di vederlo masticare uno stecchino.

Non starò certo a nascondere che certe volte i thailandesi si comportano con i turisti in modo inappropriato. Ma se a qualcuno capitasse si può consolare pensando che il cameriere o l'impiegato che ha di fronte avrà incontrato personaggi come questo zoticone.

C'è da aggiungere che a differenza di orecchiette e burrata questi caratteri non sono una specialità pugliese o italiana. La loro transnazionalità ne fa prodotti globali al livello della birra, del riso e del pane. Si potrebbe paragonarli persino all'acqua...ovviamente il riferimento è a quella di scolo.

2 commenti:

Da Bangkok ha detto...

Ecco... è così che mi immagino quello che rompe... Mai visto ma sono certo che sia così!

Peccato che non ci sia il file audio...

Fabio ha detto...

Gia', peccato, rileggendolo infatti mi rendo conto che scrivendo soltanto non sono riuscito a rendere "merito" al talento di quello zoticone. Ci sono casi in cui il racconto scritto risulta "evocativo", altri invece in cui la prova audio o video sono esattamente cio' che ci vuole...purtroppo, come un cowboy da strapazzo che nel film western muore alle prime scene, sono stato "lento" nell'estrarre l'arma...