giovedì 28 agosto 2003

Diario - Singapore

Ieri sera ho fatto una passeggiata. Da Bugis/Parco verso Nord, fino al Raffles Hospital dove poche settimane fa e' fallita l'operazione tentata da un'equipe internazionale di medici per separare due sorelle siamesi iraniane unite alla testa. Non so bene perche' ma mi aspettavo di trovarvi un segno a ricordo di quell'esperienza ricca di speranza, ingenuita', rassegnazione e tristezza che per giorni aveva catturato l'attenzione del mondo. Una lapide, un mazzo di fiori: non c'era niente, se non mi fosse rimasto impresso in mente il nome dell'ospedale non ci avrei nemmeno fatto caso.
La citta' sembra sempre piu' artificiale, irreale, quasi finta. Particolarmente di notte. Lasciando fare all'immaginazione potrei credere di essermi rimpicciolito, vittima di un incantesimo o protagonista di una piece hollywoodiana, e di stare all'interno di un modellino in plastica. Tutto ha la stessa consistenza fasulla.
Passano alcune auto, dei taxi e l'illusione del modellino lascia posto ad un'altra sensazione. Sembra che fino a ieri l'intera citta' fosse in costruzione e che sia appena stata inaugurata e aperta all'uso. Tutto, ma proprio tutto brilla di nuovo. Gli edifici moderni cosi' come quelli coloniali ammantati dai colori di illuminazioni studiate ad arte.
L'uomo a Singapore ha costruito molto ma, almeno in parte, ha avuto rispetto di se' stesso. I grattacieli, non esageratamente alti, rompono lo spazio senza pero' soffocarlo.
Strani esperimenti architettonici catturano l'attenzione: due palazzi le cui pareti formano degli angoli molto acuti, se osservati da punti di vista privilegiati, sembrano figure in due dimensioni: lame senza spessore che si elevano, impossibilmente stabili, per decine di metri. Una torre a righe chiare e scure che si va stringendo verso l'alto ricorda le tetre costruzioni di Gotham City, la citta' gotico-futuristica delle avventure di Batman.
I prati sono perfettamente falciati e le siepi, minuziosamente potate, si interrompono a intervalli regolari per lasciare spazio a giovani alberi e luccicanti lampioni. Ovunque il manto stradale sembra appena rifatto. Il bianco e il giallo della segnaletica orizzontale brilla di vernice nuova alla luce discreta ma onnipresente di lampioni e insegne.
Passeggio anche di giorno e la citta' mostra di soffrire di ulteriori mali della modernita'. Il caldo tropicale fa sudare ma ben peggio si sta nelle aree climatizzate dei centri commerciali. Dopo alcuni minuti un padano come me, abituato a cercare al coperto il riparo dall'umidita' e dal freddo delle rigide giornate invernali, si ritrova paradossalmente a cercare all'esterno un po' di calore per sciogliere i muscoli intorpiditi. Nelle food junctions, versione ad aria condizionata dei caotici mercati asiatici, scopro di non essere il solo ad evitare i tavoli esposti al getto micidiale dei bocchettoni d'aria. In un posto defilato mi godo, si fa per dire, un costoso succo d'ananas.

Oggi Steve e' "scappato" da Singapore: prima di tornare trascorrera' qualche giorno a Mersing, una cittadina della costa malese, nella vicina provincia di Johor Baru. Prima della sua partenza abbiamo chiacchierato al tavolo di un ristorantino cinese. Ha continuato con l'esposizione delle sue teorie. Tramite internet e' entrato in contatto con numerosi adolescenti, la maggior parte dei quali si dimostra depressa, frustrata e infelice. Steve punta il dito contro genitori e strutture scolastiche colpevoli, oltre che per l'uso delle pene corporali (l'uso della bacchetta e' legale e incoraggiato in molti stati americani), di trasmettere valori sbagliati, di non ascoltare, di umiliare e di non dare affetto e amore ai ragazzi.

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