domenica 31 agosto 2003

Singapore, 31 agosto 2003

Mi trovo all'orto botanico di Singapore, all'interno del "ginger garden". Di tutti i posti in città è probabilmente quello a cui l'ossessiva cura per i dettagli e la sofisticazione dei singaporiani meglio si adattano. È insomma l'unico luogo in cui il controllo quasi totale dell'uomo sulla natura sembra convincentemente appropriato. L'uomo a Singapore si è imposto un numero di regole troppo elevato. Le regole vengono severamente fatte rispettare e i cittadini si dimostrano estremamente disciplinati e ubbidienti. Nessuno getta una carta a terra, nessuno sputa per strada (e questo in una città a predominanza cinese è un dato sorprendente), pochi temerari si azzardano ad attraversare la strada al di fuori delle strisce pedonali.
Alle volte messaggi diversi sembrano creare confusione attorno agli obiettivi prioritari delle politiche dello stato. Può succedere ad esempio di trovarsi in un bagno pubblico e di imbattersi in un messaggio che colpevolizza chi non utilizza lo sciacquone accanto ad un altro che ricorda l'importanza di limitare l'utilizzo d'acqua onde evitarne sprechi dannosi. Singapore è infatti uno stato che da un lato si impegna per mantenere elevatissimi standard di pulizia e dall'altro deve far fronte al problema delle risorse idriche per le quali dipende totalmente dalla vicina Malesia, con la quale ha recentemente ingaggiato una guerra sul prezzo.

A Steve è capitato di assistere ad un'esercitazione antincendio: un'incaricato impartiva ordini con un megafono invitando gli inquilini di un intero condominio, piano dopo piano, a fare rapporto presso un'area prefissata attendendo ulteriori istruzioni. Gli inquilini, quando chiamati, uscivano diligentemente dai loro appartamenti e aspettavano pazientemente in piedi sulle aree prestabilite. Il mio simpatico amico si chiedeva come una tale procedura potesse rivelarsi efficace in una situazione reale. Ruben si è potuto godere una scena ancor più divertente: una lattina rotolava lungo un marciapiedi sotto lo sguardo attento degli increduli passanti che se avessero avuto una macchina fotografica avrebbero, secondo lui, immortalato "l'eccezionale evento".
Anche qui, come altrove, sono le bande di giovani "ribelli alla moda" che offrono alcuni degli spettacoli più pietosi. Mi trovo all'interno di una stazione dell'efficientissima metropolitana quando sulle scale mobili incrocio un gruppo di giovani vestiti come dei "naziskin". Lo spirito di sacrificio e l'abnegazione con cui indossano stivaletti anfibi e pesanti giubbotti "bomber" in una città equatoriale sono encomiabili. L'atteggiamento e i sorrisi che sfoggiano, comunque, ricordano più i paninari di San Babila che i neo-nazisti di Rostok.

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