Sto seduto al computer in un'agenzia di viaggi quando qualcuno entra cantando “Nel blu dipinto di blu”. Potrebbe anche essere una scena simpatica se non fosse per l'angolazione volgare e strafottente impressa dal soggetto all'esibizione. Lo ascolto mentre cammina tronfio fino al banco e senza salutare né chiedere nulla continua a cantare.
Quando ha finito una strofa dice all'impiegata di voler effettuare una chiamata internazionale. “Che paese?” gli chiede la ragazza. “Italia” risponde lui. E poi aggiunge: “Foggia!”.
Credendo che nessuno capisca l'italiano, o che chiunque lo sappia sorrida divertito, il burino inizia ad imbastire un monologo immondo, utilizzando anche espressioni in dialetto pugliese. Un miscuglio di insulti e riferimenti sessuali, con note razziste nei riguardi della ragazza. Il tutto condito con un tono da spaccone.
Qui non troverete le pagine di un diario di viaggio, né elogi a luoghi fantastici o cronache di memorabili incontri. Questa è una raccolta di storie, pensieri, immagini. Ma soprattutto di stranezze, che per altri magari sono normalità. Perché per osservarle, queste bizzarrie, sono necessari filtri speciali: stramberia, cinismo, pignoleria, testardaggine, isolamento, impudenza, curiosaggine, nerdismo. Difetti che modestamente, in varia misura, questo individuo seminomade possiede un po' tutti.
venerdì 28 agosto 2009
martedì 28 luglio 2009
Lo spettacolo infinito - Bangkok, Thailandia
Solo Bangkok può proporre certi numeri ogni notte. Mentre l'alba spalma il mondo con olio e tinte grigie, gli ultimi clienti vacillano fuori dal locale, trascinando con i piedi anche la lingua e lo sguardo. Indugiano in strada schivando taxi e scocciatori. Sono gruppi dinamici, pervasi da una qualità fluida: uno perde un membro per acquistarne due, mentre un crocchio più grande, un tassello dopo l'altro, si riduce ad una coppia e poi ad un solo ubriaco, che scompare serpeggiando senza fare rumore.
La veranda di questo ristorante è un punto perfetto per dominare con lo sguardo l'intera scena. Lorenzo sorseggia un frullato ghiacciato. Sediamo senza guardarci, uno accanto all'altro e osserviamo lo spettacolo che apre il nuovo giorno. Dietro una fortezza di bottiglie di birra si nasconde una faccia dai tratti complessi. Il tocco sintetico, il tono grigio-fango, le linee distorte di bocca, occhi e naso devono essere il risultato di una notte pesante. I quattro o cinque litri di birra Singha, le cui prove stanno vuote e bagnate sul tavolo, sembrano completare una catena di eventi cominciata ore fa in una stanza d'albergo per dipanarsi in una serie di locali equivoci e bui.
La veranda di questo ristorante è un punto perfetto per dominare con lo sguardo l'intera scena. Lorenzo sorseggia un frullato ghiacciato. Sediamo senza guardarci, uno accanto all'altro e osserviamo lo spettacolo che apre il nuovo giorno. Dietro una fortezza di bottiglie di birra si nasconde una faccia dai tratti complessi. Il tocco sintetico, il tono grigio-fango, le linee distorte di bocca, occhi e naso devono essere il risultato di una notte pesante. I quattro o cinque litri di birra Singha, le cui prove stanno vuote e bagnate sul tavolo, sembrano completare una catena di eventi cominciata ore fa in una stanza d'albergo per dipanarsi in una serie di locali equivoci e bui.
lunedì 27 luglio 2009
I "falsi" di KL - Kuala Lumpur, Malesia
Con le mani protese e un tele-sorriso, offre alla donna un talismano. Sarà il vestito, sarà il sorriso, o il fatto che lei è qui per esplorare: la donna si ferma, leggermente sorpresa, guarda il talismano e lo prende in mano. Lui china il capo e ritira braccio, la donna si rilassa e alla fine sorride. Congiunge i palmi in un Namaste, ricambia l'inchino e riprende il cammino.
Non ha ancora mosso il secondo passo che lui allunga la mano, con calma e fermezza, come a dire aspetti, non ho finito. Stende il palmo verso il petto della donna e sembra bloccarla con una forza mistica. Infila di soppiatto l'altra mano nella borsa ed estrae un biglietto che le chiede di leggere. La sinistra della donna regge il talismano mentre l'indice destro scorre lungo il testo. Gli lancia uno sguardo che sembra dire che diamine! Ma lui resta calmo, sorride e annuisce. La donna si arrende, fruga nella borsetta e allunga al furbastro un biglietto da dieci.
venerdì 24 luglio 2009
Gli estorsori balinesi - Bali, Indonesia
(Estate 2003)
Il traffico è lento in questo tratto di strada. Pochi metri più avanti c'è un poliziotto. Posa rilassata, non sta facendo molto, a parte osservare le auto che scorrono. Quando vede i nostri volti attraverso il parabrezza, un fremito lo scuote, fa un passo in avanti e agitando le mani ci fa segno di fermarci. Lo sguardo che l'evento gli ha dipinto sul volto sembra quello di una volpe sgattaiolata in un pollaio.
Dopo pochi secondi arriva pure un suo collega. Vederli confabulare mentre controllano la patente ricorda due pirati che studiano una mappa. Quando hanno verificato che il documento è a posto procedono con un'accurata ispezione dell'auto. Una volta assicuratisi che non c'è nulla fuori posto cominciano a blaterare di una misteriosa infrazione. Noi siamo stupiti, sorridiamo, gesticoliamo e spieghiamo loro che l'auto è noleggiata. Ma ci rendiamo conto che è un tentativo inutile e che ci stiamo soltanto rendendo ridicoli.
Questo tipo di reazione lo conoscono già. Sembrano persino annoiati quando fanno la lista delle conseguenze assurde a cui potremmo andare incontro. Ci diamo un taglio e chiediamo quant'è. Loro sparano una cifra e aspettano la risata. Noi li accontentiamo e tiriamo sul prezzo, poi ci mettiamo a scherzare mentre contrattiamo. Alla fine paghiamo e ci lasciano andare.
Poche ore più tardi, di ritorno da Ubud, passiamo con l'auto sullo stesso posto. Il siparietto della mattina è messo in scena nuovamente, con altri due poliziotti nel cast degli attori. Prima che gli agenti passino al controllo dell'auto, li informiamo francamente che abbiamo già pagato. Ci osservano con sguardi leggermente sorpresi e senza pudore ci chiedono quanto. Lorenzo risponde con una cifra gonfiata e in un attimo l'indignazione invade i loro volti. Ci chiedono di parcheggiare e quindi di seguirli, in missione a rintracciare quegli agenti ingordi.
Oltre ad essere le vittime della loro corruzione ci ritroviamo sguinzagliati tra le stanze della stazione nell'insolito ruolo di segugi italiani, per aiutarli a scovare i colleghi furbacchioni che non hanno condiviso la nostra bustarella.
Il traffico è lento in questo tratto di strada. Pochi metri più avanti c'è un poliziotto. Posa rilassata, non sta facendo molto, a parte osservare le auto che scorrono. Quando vede i nostri volti attraverso il parabrezza, un fremito lo scuote, fa un passo in avanti e agitando le mani ci fa segno di fermarci. Lo sguardo che l'evento gli ha dipinto sul volto sembra quello di una volpe sgattaiolata in un pollaio.
Dopo pochi secondi arriva pure un suo collega. Vederli confabulare mentre controllano la patente ricorda due pirati che studiano una mappa. Quando hanno verificato che il documento è a posto procedono con un'accurata ispezione dell'auto. Una volta assicuratisi che non c'è nulla fuori posto cominciano a blaterare di una misteriosa infrazione. Noi siamo stupiti, sorridiamo, gesticoliamo e spieghiamo loro che l'auto è noleggiata. Ma ci rendiamo conto che è un tentativo inutile e che ci stiamo soltanto rendendo ridicoli.
Questo tipo di reazione lo conoscono già. Sembrano persino annoiati quando fanno la lista delle conseguenze assurde a cui potremmo andare incontro. Ci diamo un taglio e chiediamo quant'è. Loro sparano una cifra e aspettano la risata. Noi li accontentiamo e tiriamo sul prezzo, poi ci mettiamo a scherzare mentre contrattiamo. Alla fine paghiamo e ci lasciano andare.
Poche ore più tardi, di ritorno da Ubud, passiamo con l'auto sullo stesso posto. Il siparietto della mattina è messo in scena nuovamente, con altri due poliziotti nel cast degli attori. Prima che gli agenti passino al controllo dell'auto, li informiamo francamente che abbiamo già pagato. Ci osservano con sguardi leggermente sorpresi e senza pudore ci chiedono quanto. Lorenzo risponde con una cifra gonfiata e in un attimo l'indignazione invade i loro volti. Ci chiedono di parcheggiare e quindi di seguirli, in missione a rintracciare quegli agenti ingordi.
Oltre ad essere le vittime della loro corruzione ci ritroviamo sguinzagliati tra le stanze della stazione nell'insolito ruolo di segugi italiani, per aiutarli a scovare i colleghi furbacchioni che non hanno condiviso la nostra bustarella.
giovedì 23 luglio 2009
Il dottor Jekyll esiste e vive a Phnom Penh - Cambogia
(Estate 2004)
Il semaforo è verde, la moto accelera, ma dopo pochi metri ci siamo già fermati. Sono almeno otto ore che giriamo per Phnom Penh e ci beccano ora, a pochi metri dall'hotel. Il poliziotto sorride mentre ci viene incontro. Sappiamo già bene che cosa va cercando ma decidiamo che almeno ci godremo lo spettacolo.
Dà un'occhiata sbrigativa alla patente di Lorenzo e ci chiede se abbiamo anche quella internazionale. Facciamo finta di non capire una parola d'inglese, di essere nervosi e pure un po' tonti. Ci guardiamo sbalorditi quando ci chiede i documenti: traduciamo balbettando in italiano quel che ha detto e alla fine gli riconsegniamo la stessa patente. Lui ci ripete che questa non va bene, che ne dovremmo avere una compilata in inglese. Ancora una volta ci guardiamo increduli e gli spieghiamo con pazienza che questa è italiana.
Dopo dieci minuti di dialogo da comiche finalmente ci invita ad offrirgli qualcosa. Era un momento chiave, che aspettavamo da un po', e quando arriva il segnale - la parola dollari - ci eccitiamo, gesticoliamo e ci mettiamo a urlare, come se avessimo capito che cosa vuole dirci. L'agente è contagiato dal nostro entusiasmo, sorride mentre intravede la ricompensa per i suoi sforzi e un raggio di soddisfazione gli illumina il volto. Ma è una gioia di un attimo e la frustrazione lo ripiglia quando gli sventoliamo in faccia il contratto di noleggio.
Dopo un altro po' di questo tira e molla, ne abbiamo abbastanza e trattiamo sul prezzo. Lui intasca il malloppo senza scrivere la multa. Glielo si legge in faccia che la paga di oggi se l'è guadagnata col sudore della fronte.
Il giorno seguente mentre facciamo colazione leggiamo un quotidiano locale in inglese. C'è un articolo a proposito di corruzione e tangenti. Parte del pezzo è un'intervista a un poliziotto, il quale spiega che il problema è serio. In fondo alla pagina c'è la foto dell'agente: orgoglioso, in piedi, posa accanto alla sua moto. Il casco scintillante, gli occhiali americani, il sorriso sicuro e un baffetto sottile: sembra un personaggio della serie dei CHiPs.
Osserviamo la foto e ci concentriamo su quel volto. Il giornalista di certo non poteva sapere che l'egregio dottor Jekyll intervistato da lui era lo stesso Mr. Hyde che ha intrattenuto noi.
Immagine: Richard Mansfield in The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, di Henry van Der Weyde (PD), circa 1895, da Wikipedia.org
Il semaforo è verde, la moto accelera, ma dopo pochi metri ci siamo già fermati. Sono almeno otto ore che giriamo per Phnom Penh e ci beccano ora, a pochi metri dall'hotel. Il poliziotto sorride mentre ci viene incontro. Sappiamo già bene che cosa va cercando ma decidiamo che almeno ci godremo lo spettacolo.

Dopo dieci minuti di dialogo da comiche finalmente ci invita ad offrirgli qualcosa. Era un momento chiave, che aspettavamo da un po', e quando arriva il segnale - la parola dollari - ci eccitiamo, gesticoliamo e ci mettiamo a urlare, come se avessimo capito che cosa vuole dirci. L'agente è contagiato dal nostro entusiasmo, sorride mentre intravede la ricompensa per i suoi sforzi e un raggio di soddisfazione gli illumina il volto. Ma è una gioia di un attimo e la frustrazione lo ripiglia quando gli sventoliamo in faccia il contratto di noleggio.
Dopo un altro po' di questo tira e molla, ne abbiamo abbastanza e trattiamo sul prezzo. Lui intasca il malloppo senza scrivere la multa. Glielo si legge in faccia che la paga di oggi se l'è guadagnata col sudore della fronte.
Il giorno seguente mentre facciamo colazione leggiamo un quotidiano locale in inglese. C'è un articolo a proposito di corruzione e tangenti. Parte del pezzo è un'intervista a un poliziotto, il quale spiega che il problema è serio. In fondo alla pagina c'è la foto dell'agente: orgoglioso, in piedi, posa accanto alla sua moto. Il casco scintillante, gli occhiali americani, il sorriso sicuro e un baffetto sottile: sembra un personaggio della serie dei CHiPs.
Osserviamo la foto e ci concentriamo su quel volto. Il giornalista di certo non poteva sapere che l'egregio dottor Jekyll intervistato da lui era lo stesso Mr. Hyde che ha intrattenuto noi.
Immagine: Richard Mansfield in The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, di Henry van Der Weyde (PD), circa 1895, da Wikipedia.org
Un virus "trendy" - Bangkok, Thailandia
Sebbene il clima ai tropici sia difficile da sopportare, anche il caldo e l'umidità hanno il loro lato positivo. Una parata di spalle, di gambe e di schiene sfila tutto l'anno per il piacere di chi guarda.
Ma un virus trendy, un'influenza della moda, che non ha nulla a che vedere con polli e maiali, è comparso a Bangkok alcuni mesi fa. Non uccide nessuno, solo sogni e fantasia: si allarga a macchia d'olio, con velocità di pandemia, scavalcando ogni barriera geografica o d'età.
Una ragazza cammina in un centro commerciale: la maglietta attillata fascia seno e spalle, le cinghiettine delle scarpe abbracciano le caviglie e più in basso scintilla lo smalto sulle unghie. Il polpaccio è sottile e leggermente bombato, i muscoli slanciati, agili e compatti si infilano nella pelle più liscia del mondo.
Alza un ginocchio per salire uno scalino, la stoffa della gonna scivola sulla coscia e la mia testa ruota per continuare ad osservare. Quando la gamba ha raggiunto il suo picco, da sotto il lembo spunta un intruso. Tremendo anticlimax! Che ci fanno dei pantaloncini nascosti lì sotto? I pantaloni possono essere sexy, casual o eleganti, ma una cosa che una donna non dovrebbe mai fare è mettersene un paio sotto una gonna.
Delusione ed inganno mi annebbiano i pensieri. Mi ritrovo convinto che moda e timidezza non c'entrano per nulla con la diabolica accoppiata: la ragazza indossa gli shorts di sicurezza soltanto per punire la mia impudenza.
Foto "High heels", da Allposters.com
Ma un virus trendy, un'influenza della moda, che non ha nulla a che vedere con polli e maiali, è comparso a Bangkok alcuni mesi fa. Non uccide nessuno, solo sogni e fantasia: si allarga a macchia d'olio, con velocità di pandemia, scavalcando ogni barriera geografica o d'età.

Alza un ginocchio per salire uno scalino, la stoffa della gonna scivola sulla coscia e la mia testa ruota per continuare ad osservare. Quando la gamba ha raggiunto il suo picco, da sotto il lembo spunta un intruso. Tremendo anticlimax! Che ci fanno dei pantaloncini nascosti lì sotto? I pantaloni possono essere sexy, casual o eleganti, ma una cosa che una donna non dovrebbe mai fare è mettersene un paio sotto una gonna.
Delusione ed inganno mi annebbiano i pensieri. Mi ritrovo convinto che moda e timidezza non c'entrano per nulla con la diabolica accoppiata: la ragazza indossa gli shorts di sicurezza soltanto per punire la mia impudenza.
Foto "High heels", da Allposters.com
Our gift to the world! - Bangkok, Thailandia
Una mattina a Bangkok, alcuni anni fa, stavo seduto in un ristorante con un ragazzo inglese.
Con una fetta di pancetta che gli penzola dalla forchetta, alza lo sguardo e punta le mani al cielo, poi parla ad alta voce scandendo le parole:
“English breakfast...” si ferma per un attimo per creare un po' di suspense
“...our gift to the world!”
Sono passati tanti anni da quella mattina, ma ogni volta che ci penso mi scappa ancora da ridere.
(Foto da wikipedia.org)

“English breakfast...” si ferma per un attimo per creare un po' di suspense
“...our gift to the world!”
Sono passati tanti anni da quella mattina, ma ogni volta che ci penso mi scappa ancora da ridere.
(Foto da wikipedia.org)
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