giovedì 31 dicembre 2009

Una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata - Kuala Lumpur, Malesia

Col ristorante pakistano ormai alle spalle, uno thailandese che mi appare sulla destra e un hotel giapponese poco più in là, è come camminare su una cartina dell'Asia, da un angolo in basso verso nord-est. Un signore indiano esce dall'hotel, con la barba annodata, il panzone e il turbante, e io comincio a giocare un gioco solitario, con calcoli in background di derivate e integrali, uno studio delle funzioni che regolano le traiettorie, alla ricerca di un flesso, un punto di intersezione. La mente calcola involontariamente e il passo segue una curva ampia che cambia inclinazione in modo graduale. A sua insaputa l'indiano sta al gioco e risponde all'apertura con mosse calibrate che tengono la partita agganciata all'equilibrio, verso uno scontro in un punto che non muta, a cui ci avviciniamo inesorabilmente. A un metro di distanza la faccio finita e scarto a sinistra con passetti di danza. Lui si volta, mi fissa con gli occhi a palla, in uno sguardo ipnotico che mi fa sorridere, poi mi strappa dall'illusione di quel gioco tra me e me. "Sei una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata." Ho un po' di fretta e continuo a camminare. Mentre mi allontano le sue "r-r-r" masala continuano a raggiungermi come il fischio di un treno, modulato e distorto dall'effetto Doppler. "E lo sai per-r-r-rché?" "Certo, certo..." e detto questo giro l'angolo. 

Che avrei fatto se non lo avessi riconosciuto? Ma sapevo già tutto. Gli indovini sikh, gli impostori di Bangkok, li hai visti tante volte nelle aree turistiche. La filippina a cui hanno chiesto seimila baht. Affretto il passo sotto la cappa di mezzogiorno. Dal retro di un edificio ne spuntano altri due. Un generale del corpo d'armata del nord-ovest ha sguinzagliato le pattuglie del suo esercito mistico, a caccia di palmi e polli da spennare. Questi due mi fissano mentre mi camminano incontro. "Lo sai che sei una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata?" "Sì, sì, e come non lo so?" "E sai per-r-r-rché?" "Perché sono riuscito a non farmi fregare dal tuo collega. E stai pur certo che non mi fregherai nemmeno tu." Non so fino a che punto ho pronunciato la frase e da quale in poi l'ho soltanto pensata. Ma una cosa è sicura, dichiarata, esposta: sono una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata.

Immagine "Indovino", di Daniel Fort, da AllPosters.com

martedì 29 dicembre 2009

Tsunami 2004: è soltanto la vita che funziona così - Phuket, Thailandia

Alla fine del 2004, dopo lo tsunami che colpì l'Asia, scrissi un lungo resoconto su ciò che vidi quei giorni. L'ho compresso di recente in un post di pochi paragrafi.

(Fine 2004)
Sveglia al naturale, è la mattina di Natale. Il corso a Kuala Lumpur riprenderà tra una settimana, compro un volo low-cost e atterro a Phuket. Ho un piano nebbioso che mi porterebbe a Koh Phi Phi, ma cambio idea all'aeroporto: è la stagione super-alta, l'isoletta-paradiso è costosissima e affollata. E questa si rivelerà una scelta fortunata. Alloggio a Phuket town, un po' lontano dalla costa, scelta fortunata numero due. Incontro degli amici ad una festa a Nai Harn, in una casa con piscina, non lontana dalla spiaggia. Verso mezzanotte partiamo per Patong, alla thailandese: in tre su un motorino. La serie di colline offre un film di cartoline: Kata e Karon sono falci scintillanti, sfiorate dalla marea, le palme e la luna. Siamo tra gli ultimi che le vedranno così.

In spiaggia è festa e gironzoliamo fino all'alba. Quando stiamo cercando un angolo di sabbia, dove sdraiarci e riposare all'ombra per un po', cullati dalla brezza e dal suono delle onde, il destino vola basso e ci afferra per il collo, ci mette sulla moto e ci riporta a casa.

Mi sveglio tardi ed entro in un cybercaffe. Quando sto per aprire il sito di un giornale, il telefonino vibra, squilla, prepotente. È mio padre che dall'altro capo del pianeta mi spiega cosa succede a pochi chilometri da qui. Incontro i miei amici e seguiamo i notiziari. Vorrei raggiungere la spiaggia ma mi dicono che è impossibile: non mi perdonerò mai per non averci provato. Vado al centro di soccorso, allestito in fretta al municipio. Ci tornerò spesso nei giorni che seguono. Faccio un po' da interprete e aiuto qualche vittima, parlo e ascolto, osservo e imparo.

Dicono che a Natale la gente si sente più buona, e che coincidenza: è proprio Natale, ma le feste non c'entrano con tutto ciò, la gente è buona a causa della tragedia, buona o cattiva, cattiva e buona. Qualsiasi sentimento ne esce amplificato. C'è una ragazza straniera che si muove tra le tende, urla e posa, piange e ride, ha captato un'opportunità che palpita nell'aria e non resiste alla tentazione di mettersi in mostra. Ma la maggior parte degli ospiti siede in cerchi, alcuni attorno ai bagagli ed altri attorno al nulla, silenziosi e pazienti, aspettano e riflettono. I thailandesi distribuiscono vestiario e cibo. Un bolognese vaga in costume e ciabatte, e questo è tutto quel che gli è rimasto: niente passaporto, contanti, occhiali. Mi chiede informazioni, poi mi sorride e ringrazia. Il dramma non cancella gli anni di bon ton. 

L'atmosfera di questi giorni ha un profilo surreale, è come un vecchio giradischi che accelera da 33 a 45 giri. Senti l'intensità e cerchi di assorbirla, ti riempie il petto e svuota il cervello. Riesco finalmente a contattare alcuni amici che da alcuni giorni cercavo di rintracciare. Un inglese è a Chiang Mai dove si è innamorato, non è mai salito sul treno per il sud. Un altro era a Koh Lanta, è stato colpito dalle onde ma se l'è cavata con qualche livido e dei tagli. Una ragazza thailandese lavora in un resort, di preciso non so come, ma è riuscita a salvarsi. 

Il mondo rallenta, io risalgo la Thailandia, arrivo a Bangkok e da lì volo a Kuala Lumpur. L'intensità cala e le sensazioni si attutiscono, più la situazione ritorna alla normalità più io mi sento vuoto, debole, confuso. 
Ma non c'è da preoccuparsi, non è nulla di strano: è soltanto la vita che funziona così.

PS pochi mesi più tardi peacereporter.net pubblicò anche un reportage che scrissi sugli effetti dello tsunami a Koh Phi Phi

Foto segnale di pericolo tsunami, Koh Phi Phi, di Sergio Pitamitz, da AllPosters,com

domenica 27 dicembre 2009

Sperimentare - Kuala Lumpur, Malesia

Il livello dell'inglese in Malesia è ottimo. Malese, cantonese, mandarino e tamil devono dare spesso la precedenza all'inglese. Ma c'è una tentazione a cui i malesiani non resistono: l'uso sfrenato di buffi formalismi. L'espressione "sperimentare" è una delle più abusate. Le specialità di un ristorante non si assaggiano né mangiano, si preferisce piuttosto sperimentarle. Un frullato non si beve, ma se ne prova l'esperienza. Stessa cosa per l'aria pulita in corriera, che non ci si può certo limitare a respirare. I malesiani sperimentano, sono degli empiristi: se Galileo fosse ancora vivo verrebbe da queste parti e lancerebbe i suoi pesi dalle torri Petronas.

Ritratto di Galileo Galilei, di Leoni (P.D.)

sabato 26 dicembre 2009

L'effetto di un gesto - Kuala Lumpur, Malesia

Percorro le viuzze, in salita e discesa, alla ricerca di un'ispirazione e di qualcosa da mangiare. Le trovo dietro un angolo: una zuppa di pan mee - fettuccine in brodo - in un ristorantino cinese. Un locale tipico, squallido, col pavimento sporco, di quelli che fra qualche anno non esisteranno più: perfetto per la zuppa, proprio quello che cercavo. Sarei potuto andare in un centro commerciale, qualche posto asettico, modulare, luminoso, tavoli e sedie di formica colorata. Niente frasi carine qui, pochi sorrisi, ma quel poco che raccatti è merce autentica: brilla di timidezza, di mezzi sguardi - roba con carati, umanità di zecca. Utilizzo le bacchette con mano sicura, sistemo con pazienza le tagliatelle sul cucchiaio, poi la carne macinata, le verdure, le acciughine. Finisco il brodo con cucchiaiate laterali, mi concentro sul succo, le spezie, i frammenti: è un vortice di gusto, odori forti, consistenza. All'uscita mi fermo sotto la tenda di plastica, il cielo di Kuala Lumpur è una spugna di piombo che gronda strati opachi di liquido tiepido. La signora mi chiede dove voglio andare, poi fa un cenno al ragazzino e questo mi chiama. Estrae un ombrellone da uno dei tavoli e attraversiamo la strada schivando auto e pozzanghere. Arrivo al centro commerciale eccitato e imbarazzato mentre un gruppetto di indiani ride divertito. Sento che un sorriso mi si aggrappa al volto: devo sembrare ridicolo dietro a quel film di gengive. È un sorriso da idiota, con effetto ostrica: si apre lentamente, divaricando le ganasce come uno strumento da dentista, inserito e avvitato. Sarà un sorriso da idiota ma non ci posso fare nulla: l'effetto di quel gesto durerà per un bel po'.

Foto "Singing butler" di Jack Vettriano, da AllPosters.com

venerdì 25 dicembre 2009

Natale tropicale atto III: distorsione festiva - Kuala Lumpur, Malesia

Non c'è la neve e quello ci può stare. Le musichette mielose le pari con le cuffie. Ma la distorsione festiva ha raggiunto il suo picco: c'è un'interferenza halloweeniana, un carnevalesco intruso. I malesiani sono in strada, con trombette e bombolette, tra scoppi di petardi e tentacoli di plastica. Loro si divertono, io sorrido o sghignazzo. San Francesco Saverio, gesuita esploratore - apostolo d'Asia - sussulta e apre gli occhi. Pensa “sogno o son morto?” e si rivolta nella tomba. “Se l'avessi saputo sarei rimasto in Navarra. Un monastero silenzioso, in cima ad un monte. Me lo sarei risparmiato quell'inferno d'oriente, in una spugna di monsoni, tra Goa e Macao.”

Foto "Battaglia di neve artificiale", Jalan Bukit Bintang - KL, di Fabio Pulito

mercoledì 23 dicembre 2009

Nostalgia per il presente

Avete mai provato nostalgia per il presente? Il nostalgico nato trascorre anni e anni galleggiando in pozze di malinconia termale, incollato al pavimento di anticamere mentali, in cui proietta a ripetizione brandelli di ricordi, ad ogni giro edulcorati, ovattati, romanzati, incapace di uscirne e di riprendere a vivere. Dopo anni di esercizio è diventato un asso, un esperto puntiglioso, all'occorrenza un baro. Sa riconoscere al volo la circostanza o le persone, quelle sfumature di atmosfera che innescheranno il sentimento. Così anticipa il dopo, comprimendo il processo, provando nostalgia per quel che sta avvenendo. La sensazione è addictive, uno stupefacente per l'anima, sono pere di momenti, sniffate di vita. Disintossicarsi è impossibile e le attese snervano, così questo tossico diventa proattivo. Riconoscere l'occasione non gli basta più, impara a cercarla, a pilotarla, a comporla. La vita di costui non è convenzionale, gli ruba il sonno, lo scombussola un po', ma è una pentola a pressione di emozioni e intensità. E lui non riuscirebbe a viverne un'altra.

Immagine "Violino con giradischi e nostalgia" di Martin Fox, da allposters.com

martedì 22 dicembre 2009

Senza fissa identità - Kuala Lumpur, Malesia

Changkat Bukit Bintang è una via secondaria appoggiata su un piano dolcemente inclinato. Sbuca dal quartiere degli hotel di lusso, tra saloni di massaggi e centri commerciali, per arrampicarsi su una scala di ristoranti e bar, verso il cucuzzolo di quella collinetta. È un'area dinamica, senza fissa identità, come un volto che ogni mese cambia occhi o naso. Sul marciapiedi i camerieri ti invitano a fermarti e se il locale ti piace è meglio che li segui: le attività da queste parti hanno la vita di un insetto, quel posto domani potrebbe non essere più lì.

Foto Bukit Bintang di Esther Lim (CC), da wikipedia.org