lunedì 1 gennaio 2007

Intervista a William Wall - di William Stabile

William Stabile intervista William Wall, lo scrittore irlandese che al muro ha un termometro che misura il dolore in gradi C°

William Wall e’ un poeta e scrittore irlandese.
Le sue poesie sono cosi’ originali e di una intensita’ unica che circa un anno fa ho iniziato a tradurle in italiano.
Rendendomi conto che il risultato era piu’ che buono e coinvolgente per un lettore “attento” ho proseguito lentamente in questo mio lavoro, traducendone altre.
Poi mi e’ venuta l’idea di fargli un’intervista. La prima mai rilasciata in lingua italiana.
Credo che fosse necessaria per me. Volevo capire meglio chi c’era dietro le poesie che traducevo.
Eccola qui! Fresca e naturale per il lettore italiano “resistente” al dolore.
Ho deciso di preservare l’originalita’ delle risposte in molti passi – sebbene non siano in un italiano perfetto- cosi’come sono state rilasciate.
In altri punti ho corretto o modificato in modo che il lettore potesse intendere il testo senza troppo sforzo di comprensione.
 
WS: Nella vita di un uomo ritengo che si possa parlare di un momento preciso nel quale capisce che puo’ e deve scrivere.
Tu hai insegnato per lungo tempo. Quando hai capito di poter essere uno scrittore?
Com’e’ stato il tuo primo passo nella carriera?
WW: Ho deciso di fare lo scrittore fin da quando ero giovane. Avevo dodici anni.
Era hybris, credo. Ho scritto delle poesie per qualche tempo.
Non ho pubblicato un libro fino al 1997.
Avevo deciso di fare lo scrittore quando sono stato male per un anno di seguito. Stavo a casa, non andavo a scuola. Avevo febbre e dolori.
Era come una grande allucinazione di diventare scrittore.

WS: Nel tuo libro Fahrenheit Says Nothing to Me hai tradotto delle poesie di Quasimodo e in alcuni componimenti, in modo nuovo e direi unico per un poeta di lingua inglese, utilizzi l’italiano (per es. nella poesia The Wasp’s Nest inizi con ‘Ho paura’ someone said’)
Perche’? Cosa ti attira della lingua italiana?
WW: Per me, la lingua italiana e’ la lingua di Dante. Ho letto la Divina Commedia molte volte.
E poi, ho trascorso tre anni all’ “Inferno” da solo.
Inoltre amo l’italiano perche’ e’ una lingua romantica e, per un irlandese, il modo di vivere degli italiani e’ simpatico.
Mio padre era un contadino e aveva poca terra e se ci ripenso, ora, i contadini del Mezzogiorno sono simili a quelli irlandesi.

WS: Ami l’Italia e l’isola di Procida.
Un po’ di tempo fa mi hai detto che Procida –dove spesso ti rifugi- ti ha dato materiale per il tuo nuovo libro No Paradiso.
Ce ne puoi parlare?
WW: Sei anni fa, siamo arrivati, io e la mia famiglia, a Procida.
Ho scoperto l’isola mentre ripercorrevo le tracce del bel film “Il Postino”.
Li’, abbiamo incontrato una famiglia procidana e abbiamo fatto amicizia. E’ stata una bella scoperta.
Torniamo spesso a Procida. E’ un posto unico, piccolo (4Km quadrati), ma anche grande perche’ e’ un isola di naviganti e avventurieri.
Diciamo che e’ una piccola isola con un grande cuore. Mi sembra che sia serena nonostante la grande popolazione (11,000 abitanti).
La vita e’ semplice, ma la gente e’ saggia. Salvatore e Paola, i nostri cari amici, lavorano duro, ma hanno una buona visione del mondo.
Il racconto “Surrender” in “No Paradiso” e’ ambientato a Procida.
L’ultima scena accade al “Pozzo Vecchio”.

WS: Mathematics and Others Poems e’ un’altro tuo libro di poesie dal titolo affascinante.
Era tua intenzione abbattere le barriere e amalgamare Poesia e Matematica?
Qual’e’ il tuo pensiero sull’Arte? Ci puoi introdurre alla tua poetica?
WW: Quando lo scienziato o il matematico fanno il loro mestiere, penso che sia un lavoro creativo.
La stessa cosa succede con altri mestieri: l’uomo che lavora con le mani, l’artigiano, il meccanico, il contadino etc..
Mia moglie e’un matematico. Ho capito che quando lavora su un teorema e ha scoperto la chiave, e’ un momento d’ispirazione, un momento creativo.
La radice dell’ispirazione e’ uguale per il matematico come per lo scrittore ed altri.
Il mio libro, pero’, devo ammettere, che non e’un libro radicale.
E’ timido dato che e’ stato il mio primo libro. E’ stato troppo tradizionale.
Ora che sono un poco piu’ conosciuto non sono felice con quel mio stile tradizionale.

WS: Le tue poesie appaiono sofferte.
In esse compare il tema del dolore come struttura dell’uomo, e piu’ di una volta, con un significato simbolico, il mondo animale - con le vespe e il nido delle vespe.
Che cosa ti interessa del dolore? Quale significato c’e’, per te, nelle vespe e nel nido?
WW: Ho scritto “ I never pass a day without pain”. E’ vero.
Quando ero giovane ho contratto la malattia “ Still’s disease”. Non e’ mai scomparsa.
Per me, il dolore e’ dell’essenza dell’esistenza umana, e la perseveranza e’ la virtu’ cardinale!
Come puoi vedere in tre quarti del globo terrestre ci sono milioni di persone in dolore – fame, sete, dittatori, guerre, la globalizzazione e il fascismo, il progetto imperialista in senso lato...
In solo momento, quante persone sono felici e quante soffrono?
Il nido delle vespe significa la vita umana.
E’ una cosa bellissima, ma in pratica e’ un miracolo-la vita-, bellissimo ma pieno di dolore.

WS: L’anno scorso il tuo libro This Is The Country e’ stato selezionato per l’International Man Booker Prize.
La critica tutta ti ritiene uno dei migliori scrittori irlandesi contemporanei, ma pare che il successo non ti abbia cambiato. Tu, che ne pensi?
WW: Per prima cosa, non mi interessa il premio. E’ una cosa per case editrici, per il marketing. Non ha alcun valore, ma devo ammettere che mi ha portato piu’ lettori.
Per quanto riguarda i migliori scrittori irlandesi, c’e’ una legione! Io non sono cosi’ importate.
La cosa che piu’ importa e’ la resistenza. Dobbiamo resistere questo nuovo modo superficiale di condurre la vita, il modo imposto, preferito dal capitalismo.
E’ possibile resistere in maniera privata, piccola e personale- che sia piccola o grande, non importa... Ma io devo scrivere.

WS: Qual’e’ il tuo scrittore preferito del passato e uno contemporaneo?
WW: Adesso, amo Jose’ Saramago.
“Blindness” e’ un libro meraviglioso. Tratta del capitalismo e la societa’ dello spettacolo (vedi Internazionale Situationniste, Guy Debord).
Leggo anche la filosofia, la politica, la storia, i classici. Mi piace Donald Barthelme, per esempio.
 WS: Dalle poesie emerge chiara la tua avversione viscerale per Bush e la guerra.
Cosa vuol dire, oggi, essere irlandese ed essere uno scrittore in Irlanda?
Si puo’ parlare -in Irlanda- di una funzione politico-sociale dello scrittore?
Tu, ti definisci uno scrittore “impegnato”?

WW: In Irlanda non esiste la politica. La sinistra e’ debole. E’ una lunga storia che difficile riassumere in poche righe.
Ma e’ ironico pensare che Marx ha detto che l’ Irlanda era la terra piu’ politica (sic!) del mondo. Forse era vero nel 1860.
Abbiamo un governo di centro-destra adesso. La popolazione e’ contenta cosi’. Siamo ricchi ma non abbiamo un servizio sanitario nazionale come quello inglese o francese.
Il sistema educativo e’ povero, sopravvive solo perche’ gli insegnanti sono bravi.
Riguardo Bush e l’oligarchia (dico in inglese: the oiligarchy), e’ un vero fascista.
L’ USA e’ il Nuovo Impero. Mi sento umiliato come irlandese quando aerei militari americani atterrano a Shannon Airport.

WS: Quale sara’ il tuo prossimo lavoro che vedremo pubblicato?
WW: Adesso sono in corso di finire un libro ambientato solo a Procida. Porta sfortuna parlare di un lavoro ancora in corso. Scrivo anche piccole storie. Sto sempre lavorando.

WS: Infine, dato che siamo tutti vittime di un bombardamento mediatico, mi sembra quasi d’obbligo chiederti: che idea ti sei fatto del Codice da Vinci e se hai letto il libro?
WW: Si ho letto il libro. E’ un libro semplice. Un narrativo quasi storico. Non capisco perche’ e’ controverso.
Io sono ateo, e non mi tocca, pero’, non e’ strano parlare di un Gesu’ sposato. Se e’ esistito, doveva essere come tutti gli uomini.
Riguardo il bombardamento mediatico, e’anche un’ opportunita’! Si puo’ cominciare la resistenza con TV. Si puo’ spegnere.
Si puo’ leggere, si puo’ ascoltare, si puo’ parlare, e, anche importantissimo, si puo’ cantare. 

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