tag:blogger.com,1999:blog-4528901508272638377.post8809514583213583676..comments2023-06-20T03:08:51.818+02:00Comments on Brandelli di un mondo bizzarro: Perché viaggiamo?Fabiohttp://www.blogger.com/profile/10513455384975801899noreply@blogger.comBlogger2125tag:blogger.com,1999:blog-4528901508272638377.post-58462886357549658702012-06-08T08:31:16.473+02:002012-06-08T08:31:16.473+02:00Grazie del contributo, da dove è tratto? Potevi fi...Grazie del contributo, da dove è tratto? Potevi firmarti però...Fabiohttps://www.blogger.com/profile/10513455384975801899noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4528901508272638377.post-83948803514078015952012-02-21T18:36:03.080+01:002012-02-21T18:36:03.080+01:00Un tormentone che dura da un secolo e mezzo è quel...Un tormentone che dura da un secolo e mezzo è quello della differenza tra il<br />turista e il viaggiatore. Questa distinzione è ormai diventata un luogo comune, in<br />certi casi costituisce un credo incrollabile, amici e conoscenti la snocciolano,<br />sicuri. Al punto che diventa penoso contraddirli. La differenza sembra molto, fin<br />troppo facile: dove il viaggiatore è attivo, il turista è passivo; dove il viaggiatore è<br />curioso, il turista è annoiato. L’eroe del viaggio di stampo romantico è tallonato<br />da un’ombra: il turista, che ne scimmiotta le gesta, senza nobiltà e senza cultura.<br />In pratica, il turista sarebbe un viaggiatore senza qualità. Fin qui tutto bene.<br />Nel film di Bernardo Bertolucci “Il tè nel deserto”, tratto dal romanzo The<br />Sheltering Sky di Paul Bowles (1977) ci sono un paio di battute a questo proposito.<br />Siamo in Marocco, nel primo dopoguerra. Tre americani viaggiano in cerca di<br />emozioni. Non si sentono turisti. Anzi, si pregiano di non esserlo: perché il turista<br />è colui che “mentre viaggia pensa al ritorno”. Un’altra importante differenza tra<br />turista e viaggiatore, vi si legge, starebbe nel fatto che “il primo accetta la propria<br />forma di civiltà senza discutere; non così il viaggiatore, che la paragona con le<br />altre, e respinge quegli elementi che non trova di suo gusto”.<br />Quanto alla prima discriminante, diciamolo subito, è una bufala. Tutti prima<br />o poi pensano alla propria casa, in viaggio. Soprattutto, pensiamo tutti quanti a<br />riportare a casa la pelle. Diversa e di maggiore spessore è la seconda<br />osservazione: mentre il vero viaggiatore mette in discussione i valori della propria<br />civiltà, il turista cerca invece conferme della loro universale validità. Ma per questo<br />non occorre viaggiare, basta ragionare e relativizzare un po’ le cose.<br />La differenza corre casomai tra la chiusura e l’apertura, tra la distrazione e<br />l’accortezza. La distinzione tra turisti e viaggiatori - argomento sul quale si<br />cimenta un drappello di espertoni - in verità è un po’ così: più si analizza più<br />svapora. Clamorose meschinità di grandi viaggiatori e qualità nascoste di turisti<br />dozzinali rendono piuttosto difficile separare i “buoni” dai “cattivi”. E’ assai più<br />interessante, invece, capire le origini storiche di questo bisogno di distinguere le<br />due figure.<br />1<br />Trasferiamoci per un attimo in montagna, precisamente in Svizzera, nella<br />seconda metà dell’Ottocento. Siamo in uno dei “laboratori” dove si accavallano<br />l’itinerario romantico e il nuovo turismo moderno. In questa impervia oasi<br />naturale, ispiratrice dei più nobili pensieri, si diffonde l’immagine di una meta<br />dotata di comodi rifugi, raggiungibili da tutti. Sugli stessi sentieri iniziano a<br />incrociarsi viaggiatori aristocratici con la puzza al naso e chiassose comitive in<br />cerca di svago, qui i filosofi della natura camminano gomito a gomito con i<br />buontemponi. Il primo turismo alpino è un fenomeno aristocratico, che<br />ovviamente porta con sé tutto il suo bagaglio di moda, di cultura e di pregiudizio.<br />Quando i montanari smetteranno di essere considerati barbari, o descritti come<br />tali nei diari di viaggio dei signori, cominceranno a esserlo i turisti stessi:<br />percepiti come un volgo invadente, che si spinge inopportunamente fuori sede.<br />Nel suo Diario di viaggio in Svizzera (1868) Antonio Fogazzaro descrive per<br />esempio un piroscafo sul lago di Valsolda, sul confine italiano, con a bordo “i<br />manipoli della invasione barbarica che si versa ogni anno” dal Gottardo; e li<br />descrive come Unni, armati di bastone da passeggio. Analogamente, nel suo<br />diario marocchino (1892), il raffinato scrittore di viaggi Pierre Loti sbotta: “E’<br />spaventosa questa valanga di sfaccendati che va a curiosare dappertutto”Anonymousnoreply@blogger.com