giovedì 28 febbraio 2013

Casinò rustico (con foto) - Puerto Princesa, Filippine

Siamo nei pressi di Junction 1, un incrocio importante di Puerto Princesa, nell'isola di Palawan. Ci sono delle specie di capanne di legno vicino alla strada, a fianco di un bar, e un crocchio di persone sotto una di esse. Ci avviciniamo, facendoci spazio lentamente, mantenendo un basso profilo. Quando siamo abbastanza vicini capiamo di cosa si tratta. E' una specie di roulette un po' artigianale: sembra quasi un baraccone da sagra ma si tratta in realtà di un settore di un casinò di campagna. E le altre capanne sono i banchi per gli altri giochi, che sono chiusi al momento: la gente infatti sta tutta accalcata qui. 
Il croupier ha un mazzo di banconote ordinate per valore in mano, sembra il bigliettaio di una corriera popolare laotiana. Ci sono delle specie di fiches in una cesta accanto a lui, ma tutti i giocatori sembrano utilizzare le banconote. Quella che nella roulette è una ruota girevole qui è una matrice fissa di quadrati colorati, ognuno di una tinta diversa e con una scanalatura tonda al centro. I bordi del banco sono coperti con piastrelle di colori diversi, corrispondenti a quelli dei quadrati. C'è una recinzione a circa mezzo metro dalla struttura: i giocatori ci stanno appoggiati e fanno le loro puntate gettando delle banconote sulle piastrelle colorate.

lunedì 25 febbraio 2013

C'è una chiave puzzolente attaccata alle nostre caviglie

Il mio piede sinistro
Guardali lì, più settari di tutti i fascisti, classisti, razzisti da cui si sentono così lontani, più per auto-proclamazione che per effettiva condotta di vita. Ti guardano dall'alto in basso perché non ti vesti di straccetti svolazzanti come loro, ti snobbano perché non partecipi ai loro rituali, magari ti disprezzano per i frammenti della tua conversazione che sono riusciti a origliare. Se osi includerli nella variegata categoria dei turisti a cui ti sembra che ogni occidentale di passaggio in un'isola tropicale appartenga ti interrompono sdegnati e con presuntuosa arroganza ti fanno notare che io uno spregevole turista non lo sarò mai! Nemmeno un turista dal budget ristretto? No! Io sono un traveler! 
Ma il peggio di sé lo esibiscono quando camminano - quasi scorrono direi - sul mondo a piedi nudi, con l'aria di novelli Gesù riusciti finalmente a passeggiare sull'acqua, liberatisi di quel fardello borghese che sono le scarpe, ricevendo la luce di una risposta risolutiva a un fondamentale quesito esistenziale ogni volta che muovono un passo nudo su sterpaglia acuminata, merda di cane o liquame metropolitano che sia. 

venerdì 22 febbraio 2013

Una versione minore (e un po' grottesca) di Pattaya - Angeles, Filippine

Come a Pattaya, peggio che a Pattaya
Gli hotel squallidi in cui i clienti rientrano sbronzi aggrappati alle tette di qualche prostituta, le camere a ore che puzzano di ogni tipo di scarto del corpo, gli spacciatori di viagra e cialis di imitazione, i mendicanti mignon, bambini e nani, con la mano sempre tesa, le mamme o le mogli seminascoste che li sorvegliano e aizzano, i cannibali d'anime alla guida di taxi creativi, la Walking Street annunciata dall'insegna gigante all'ingresso, i bar-beer con le bar-ladies (quasi tutte ragazze madri), i go-go bar dove donnine nude, con le tette piatte, raggrinzite o rifatte, ballano il pole-dancing su banchi di simil-marmo, i locali indefinibili in equilibrio precario sui bordi di mille categorie, i poliziotti che fanno finta di mantenere l'ordine in mezzo al bordello generale, i puttanieri pelati, rigonfi di steroidi, vestiti di cuoio, catenacci e tatuaggi, i vecchi paralitici che utilizzano le puttane emarginate più come badanti che per ragioni di sesso. 
La stessa umanità alla deriva, schiuma d'anime putrescenti attorno al perimetro di una discarica sociale galleggiante, quella sensazione di ultima fermata prima del terminal psico-spirituale. Persino il termine "decadenza", qui, non si può usare come spiegazione ma va spiegato esso stesso.

mercoledì 20 febbraio 2013

Bestie che pungono, con foto - Thailandia

Fucking insects/0
Siete ossessionati dalle zanzare? In questo pezzo cercherò di darvi il modo di rallegrarvi per non aver trovato di peggio. Forse addirittura di cominciare ad apprezzarle un po'. Aspettate, leggete il seguito prima di cominciare a dileggiarmi.

- Iniziamo con il capitolo sonno.
Non sono una persona molto esigente quando c'è da trovare una stanza per passare una notte. Per lo meno quando si tratta di un viaggio di piacere, magari in posti non troppo sviluppati. Mi sembra che abbia poco senso pretendere standard da paese ricco in un posto che ricco non è.
L'unica fobia, l'incubo, la paranoia che mi fa stringere i denti e chiudere forte gli occhi per alcuni minuti dopo essermi messo a letto ha un nome un po' buffo: bedbugs! Ho sempre utilizzato il termine inglese, perché in Italia non ne avevo mai sentito parlare. Noi occidentali infatti ci siamo praticamente sbarazzati dei bedbugs ai tempi in cui spruzzavamo allegramente il contenuto di una bomboletta intera di DDT per uccidere una mosca. Dopo che questo prodotto, estremamente tossico, è stato abolito per evitare che assieme ai parassiti ci sbarazzassimo anche di qualche milionata di esseri umani, in alcune aree il problema ha cominciato a ripresentarsi. 
Bedbugs quindi. La traduzione in italiano è "cimici dei letti", o "cimici dei materassi".

lunedì 18 febbraio 2013

Lingua franca/2 - Da Hua Hin a Koh Phayam, Thailandia

L'amico I regge sul polso una mini mantide religiosa a Koh Phayam
Oltre che nell'Europa di lingua tedesca l'italiano può funzionare come lingua franca anche nel S.E. asiatico. 
Siamo a Hua Hin, golfo del Siam, due o tre ore a sud di Bangkok. Ristorantino con terrazza sul mare, pesce sui piatti davanti a noi. Siamo a tavola con un gruppo di zurighesi, e come al solito almeno un paio di loro parlano italiano quasi perfettamente. Paese buffo la Svizzera: tutte quelle lingue ufficiali e nessuna che lo unifichi, i suoi abitanti costretti alle volte a parlare in inglese tra di loro. Mi intrigano, mi incuriosiscono, ma non mi sorprendono più. 
Poche ore più tardi, mentre aspettiamo la corriera per Ranong, un ragazzo mi chiede se so qualcosa a proposito del bus per Phuket, che è già parecchio in ritardo. Ha parlato in italiano correttamente, c'è un po' di rumore e non sono riuscito a concentrarmi sui dettagli dell'accento. Scopro quindi che è inglese, della Cornovaglia. Ha vissuto per vari mesi a Caserta e poi a Ravenna. Mi racconta che all'inizio parlava persino con un vago accento campano.

lunedì 11 febbraio 2013

Birmania in un elenco puntato (con foto)

Il tè sul piattino e le sigarette sfuse alla teahouse
Alcune le sanno (quasi) tutti, altre (forse) no.

Le tazzine di caffè e tè vengono riempite fino all'orlo. Mentre vengono trasportate ai tavoli il liquido fuoriesce e cade sui piattini. Succede sempre, sembra sia un effetto cercato.

Nelle teahouse oltre a bere il tè si mangia, e pure bene.

I venditori di noce di betel, le teahouse e molti altri negozi vendono sigarette sfuse.

Ci sono negozi di telefonia mobile ovunque. Sono davvero tanti, troppi, molti infatti sono spesso vuoti.

In alcune teahouse degli accendini vengono appesi ad una carrucola elastica collegata al soffitto. I clienti sono liberi di tirarli giù e utilizzarli quando vogliono.

venerdì 8 febbraio 2013

L'informazione sfuggente - Mandalay, Birmania

Tre bonzi fanno i fighi col gelato in mano al giardino botanico di Maymyo
Mandalay l'abbiamo visitata. A modo nostro ovviamente: niente monumenti, castelli, vecchie capitali, cose che ho già visto anni fa, per cui bisogna pagare delle tariffe in dollari, banconote nuove di zecca, ovviamente. Solo passeggiate, giri in bici, perdendosi per i quartieri sudici e rumorosi, scattando foto, osservando, chiacchierando con qualcuno, sorseggiando dello zucchero liquido servito in tazzine da tè.
E' arrivata l'ora di proseguire. Prossima tappa: Maymyo, detta anche Pin Oo Lwin. Abbiamo letto su una guida che i pick-up con le panchine sul retro, da condividere con una quindicina di persone, borse, sacchi di riso, galline e porcelli, partono dall'incrocio della torre dell'orologio. Per conferma chiediamo alla reception dell'alberghetto. Rispondono sicuri: "Dovete prendere l'autobus alla 83esima strada." Ma noi non vogliamo prendere l'autobus, che è troppo lento. Insistiamo per il pick-up e ci dirigiamo all'incrocio della torre. Appena arrivati cambiamo dei dollari in banca e chiediamo da dove partono i mezzi. Anche qui sono sicuri: "Dall'incrocio tra la 84 e la 23!" Cioè non da qui. Appena usciti interroghiamo un ragazzo che guida un mototaxi. "Maymyo? Dovete prendere l'autobus" Stesso consiglio ricevuto all'albergo. La stazione però sembra aver cambiato indirizzo: secondo lui nell'ultima mezzora è stata trasferita alla 79esima. Decidiamo di seguire il consiglio dei bancari e arriviamo all'incrocio della 23. Anche qui non c'è traccia dei pick-up. Fa caldo e cominciamo a essere stanchi. Ci sediamo al tavolo di una teahouse e chiediamo consiglio ai camerieri. "Maymyo? Ah no, avete sbagliato, dovete tornare all'incrocio della 28esima..." che sta prima della torre dell'orologio. Con questa versione fanno cinque, e chissà per quanto potrebbe continuare.

mercoledì 6 febbraio 2013

Politicamente scorretto e vagamente pessimista su sviluppo, globalizzazione, paesi ricchi e poveri, ecc. - Birmania

Una specie di semaforo a "risparmio energetico" a Thibaw
La Birmania è un'opportunità. Un'opportunità a orologeria, col display del conto alla rovescia nascosto. Un'occasione, un modellino, un esempio concreto per riflettere sui temi dello sviluppo, la globalizzazione e le relazioni internazionali che fra qualche anno potremmo non avere più. Uscire dall'aeroporto di Rangoon significa entrare in un mondo che negli ultimi sessant'anni si è sviluppato poco, o per certi versi nulla. Un sistema che per alcuni aspetti è addirittura tornato indietro nel tempo. Un luogo in cui la gente gira a piedi, in bicicletta o in auto scassate su strade polverose che tagliano distese di spazzatura, sale in autobus con un sacco di riso e due galline, non si lamenta se il treno procede ai venti all'ora rimbalzando su rotaie ondulate e sconnesse, si cucina la cena su un fuoco a legna, se un dente fa male a causa di una carie lo toglie, non si preoccupa della moda e degli ultimi ritrovati tecnologici (anche se quest'ultima affermazione ormai è vera solo in parte). E nonostante tutto appare poco stressata, moderatamente felice, sorride spesso, vive con un certo ottimismo. 
Eppure se uno osserva bene non potrà non notare le prime avvisaglie di uno sviluppo che probabilmente nel giro di pochi anni stravolgerà tutto. E ogni o volta che ciò accade si cominciano a sentire i triti commenti di alcuni visitatori stranieri.

lunedì 4 febbraio 2013

Dopo tanto miele...finalmente un po' di fango (con foto) - Birmania

Suggestiva visione d'insieme della stanza
Dopo averci versato sopra tanto miele è finalmente arrivato il momento di gettare un po' di fango anche sulla Birmania. Lo faccio sia perché sono un po' stronzo e non riesco a evitarlo, sia perché non credo che esaltare i pregi di una cosa e insabbiarne i difetti giovi alla cosa stessa, di qualunque cosa si tratti. 
Come avrete già notato se avete letto i post precedenti questo paese simpatico e affascinante ha anche le sue macchie. La Birmania innanzitutto non è un posto pulito. La spazzatura è accumulata ovunque, lungo le strade, sulle pendici delle colline e le sponde dei corsi d'acqua: se un birmano si ritrova con un sacchetto di plastica vuoto in mano lo getta, ovunque si trovi. Io comunque, dopo tutti gli anni passati a viaggiare nel S.E. asiatico, ci sono abituato. Sarò uno svitato ma un po' di sudiciume, diroccamento e colorata confusione spesso più che deprimermi mi tira su il morale. Il racket dei tassisti alle stazioni di autobus e treni o agli aeroporti è invece piuttosto fastidioso. Anche perché, dopo aver contrattato come uno strozzino per farti fregare comunque, ti accorgi che poche centinaia di metri più in là ci sono quelli più onesti a cui ovviamente non è permesso andare ad aggredire chi è appena arrivato. Soluzione: cercare appunto quelli onesti e contrattare, con decisione ma anche comprensione. Pure le possibilità di beccarsi un'intossicazione alimentare, viste le condizioni igieniche, sono abbastanza alte: bisogna stare attenti, ma senza paranoia, altrimenti non ci si diverte più. Male che vada si tratta solo di pisciare un po' di vellutata di merda col culo. Dopo un po' non ci sarà più nulla da espellere, e in breve il tutto ritornerà al buon vecchio stato solido.
Ma l'aspetto peggiore del paese per chi lo visita è, per il momento, la situazione degli alloggi.