venerdì 27 dicembre 2013

L'esperienza del "mo-ter-saaai" - Bangkok, Thailandia

Il taxi "motorsaaaai"
Have moooob! Taxi no gooo, mo-tor-sai gooo! OK mai krab?
Gli dici OK e salti in sella, con tutti i tuoi bagagli, chitarre, sassofoni, cani, maiali, gabbie per polli, pane, prosciutto, formaggio, radio, tv, antenna parabolica, papà, nipotina e nonna...sfiorando automobili, motorini, bancarelle, manifestanti, poliziotti, giornalisti, impiegati, turisti, puttane e ladyboy, dalla fermata dell'airport link al tuo albergo, aria, vapori di peperoncino fritto e smog che ti soffiano sulla faccia, su cui da un po' si è stampato un sorriso.
E in quel momento, all'improvviso, ti ricordi perché la prima volta che ci sei stato ti era piaciuto così tanto...

martedì 24 dicembre 2013

Intasata (con galleria fotografica, e tre tristi alberi di natale) - Kuala Lumpur, Malesia

Ricordo quando a Bukit Bintang mi piaceva farci delle lunghe passeggiate, di notte, quando la temperatura si abbassava un po' e i negozi erano già chiusi. Ci vado ancora, quando sono da queste parti, ma l'esperienza non è più quella di un tempo. 
Non importa quale marciapiedi tu scelga, quale lato della strada, quale incrocio, quale passaggio pedonale. Non importa: ti dissolvi sempre in una calca pervasiva. Io ci sono abituato a farmi strada su marciapiedi intasati, assottigliati dalle bancarelle, tra gente che avanza lentamente osservando la merce esposta o si ferma a chiacchierare. Succede ovunque in Asia. Siam, Silom, Sukhumvit e Khaosan Road a Bangkok, dove sbarcherò fra poche ore, sono solo degli esempi. C'è sempre però una via d'uscita, una vietta, un sentiero laterale. Male che vada esci in strada e cammini sul ciglio, gli automobilisti ci sono abituati, non vanno nel panico e se non fai cazzate non succede nulla.

mercoledì 11 dicembre 2013

Non sono snob, mi faccio semplicemente i cazzi miei - Kuala Lumpur, Malesia

Quando sono all'estero non vengo quasi mai riconosciuto come italiano. Nemmeno dagli italiani. Fino a quando non mi sentono parlare ovviamente. Questa relativa invisibilità ha varie cause. Spesso sto da solo, e quando sono con qualcuno non parlo quasi mai l'italiano. Mi faccio spesso i fatti miei, mi vesto e mi comporto in maniera piuttosto "apolide".
E così anche quelle poche volte che vado a mangiarmi una pizza il proprietario o il caposala, durante il suo giro per i tavoli a salutare i connazionali, mi salta sempre. Al massimo mi rivolge una battuta in inglese. A cui io la maggior parte delle volte rispondo con un sorriso e un gesto, continuando a masticare. Anche se so che va a finire così, quando lo vedo sorvolare il mio tavolo per atterrare su quello a fianco tiro sempre un sospiro di sollievo.

lunedì 2 dicembre 2013

Il dibattito sulla colonna - Padova

Il "dibattito fra writer" su una colonna antica nel centro di Padova
Nella foto che ho scattato a un'antica colonna del centro di Padova potete seguire il profondo dibattito politico-filosofico sulla questione nord-sud tra due "writer", ovvero artisti. Perché chiunque scriva su una superficie pubblica - a prescindere dalla funzione, l'epoca e il prestigio della superficie, o anche dal valore artistico-simbolico della scritta - per definizione, decreto ministeriale, assioma o dogma è da considerare artista.
Se non capite questo non capite l'arte. E i vandali siete voi!
Non si discute, perché non c'è nulla da discutere.
Punto.

mercoledì 27 novembre 2013

Un giorno di ordinaria follia...sfiorato per pochi spiccioli - Kuala Lumpur, Malesia

Il maledetto pulsante oscurato
Capita a tutti almeno una volta di entrare in conflitto con le procedure automatizzare, la tecnologia, i controlli, le macchine. Anche se sei ingegnere, sai qualcosa di di elettronica, informatica e comunicazioni, non sei immune alla frustrazione indotta dalla modernità. A me è appena successo, e ho rischiato il tracollo.
Quelli dei corsi mi hanno chiesto di fermarmi a insegnare una settimana in più del previsto. Devo quindi cambiare la data del volo di ritorno. Recupero la prenotazione online e clicco il pulsante per modificarla. Trovo la soluzione che fa per me ma sono in classe e ho con me solo la carta di debito. Al momento del pagamento scopro che non può essere accettata. Devo aspettare di essere in stanza per poter usare quella di credito. 
Un'ora dopo arrivo in albergo, accendo il computer e con la carta giusta in mano mi appresto a completare la transazione. In casi come questo fino a quando non ricevo la conferma dell'avvenuto pagamento sono sempre piuttosto teso. Di solito è una sensazione ingiustificata, di cui non riesco a spiegarmi il motivo. L'esperienza che mi è toccata oggi mi chiarirà ogni dubbio.

giovedì 21 novembre 2013

Stereotipi a sproposito. (E se poi per qualcuno il Big Mac rappresentasse la cucina italiana?)

Un riccone indonesiano si è comprato una squadra della Serie A. Non vi preoccupate, non mi metterò certo a parlare di Inter, di Thohir o di calcio qui. E' soltanto una notizia che prendo come spunto per altre osservazioni.
E' il segno dei tempi, l'occidente è in crisi e gli investitori arrivano da zone del pianeta dove un tempo europei e americani andavano a spadroneggiare. Se trovate questa affermazione banale e noiosa, o semplicemente fuori luogo in questo blog, potete pure tranquillizzarvi, nemmeno questo è l'argomento del post.
Vengo allora al dunque.
Ho letto numerosi commenti ironici sulla notizia, commenti nei quali vari italiani facevano gli spiritosi attribuendo a Thohir il più classico degli stereotipi sugli emigranti cinesi: la pronuncia della L al posto della R. "FoLza InteL". "LossoneLi di quà, LossoneLi di là" e altre battutine del genere. Tra questi vi erano persino dei giornalisti, o presunti tali, suppongo.
Uno stereotipo sui cinesi, dicevo. Peccato che il personaggio in questione sia indonesiano. Certo, magari è di lontane origini cinesi, come la maggior parte dei membri dell'élite economico-finanziaria di Giacarta. Tuttavia a differenza di quel che succede negli stati limitrofi, come Malesia e Singapore, i cinesi in Indonesia non parlano le lingue e i dialetti dei loro antenati, bensì la lingua nazionale, cioè l'indonesiano, o giavanese.

lunedì 18 novembre 2013

I diritti del "business" contro quelli del pubblico - Bangkok, Thailandia

Seduta sui tavolini che sbarrano il passaggio
Per certi versi dalla semplicità, dall'umanità e dalla flessibilità del Sud-est asiatico abbiamo molto da imparare (per un esempio vedi qui o l'ultima foto in basso). O meglio da ri-imparare, dal momento che cinquanta o sessant'anni fa i nostri nonni vivevano come la gente che oggi vive lì, più o meno.
Per altri però è meglio se le nostre lezioncine le andiamo a prendere da qualche altra parte. Me ne sono reso conto mentre mangiavo un boccone e bevevo una birretta sul ciglio di una strada a Bangkok.
Il ristorante utilizzava la sezione del marciapiedi davanti all'entrata per sistemarci i tavoli. Normalmente la gente, soprattutto in quest'area e a quest'ora, cammina in mezzo alla via, trasformandola di fatto in una zona pedonale. La strada era però intasata, come spesso succede da queste parti: un taxi, un tuk-tuk, due bancarelle, gente che ordina. I passanti erano così costretti a spostarsi sul marciapiedi. Da notare che ciò è esattamente il contrario di quel che dovrebbe accadere. Questa è però una situazione normalissima in Asia, e non è su questo che volevo soffermarmi.

martedì 12 novembre 2013

Riempire le piazze - Bangkok, Thailandia

Per riempire la piazza a Bangkok in una sera infrasettimanale bastano un giradischi, qualche birretta, due spiedini e soprattuto...un sindaco con la testa sulle spalle e dei residenti che invece di rompere il cazzo con pretese di silenzio da valle prealpina riescano a vedere in una città che pulsa delle opportunità di crescita e sviluppo.
Un po' come in Piazza dei Signori a Padova insomma...credo che andrò personalmente a proporre il gemellaggio, qualcuno mi spedisca un gagliardetto al seguente indirizzo: Piazza birrette, spiedini e giradischi, quartiere che pulsa, Bangkok, Thailandia

mercoledì 23 ottobre 2013

La sicurezza della dimensione temporale discreta - Mosca, Russia

La metro di Mosca è un'opera d'arte
La scorsa settimana in una mostra d'arte contemporanea allestita al Manezh di Mosca mi sono fermato davanti a un grande schermo in cui veniva proiettato uno dei vari video a ciclo continuo. L'autore immaginava che gli utenti dell'enorme rete metropolitana cittadina non appena messo piede sulle scale mobili entrassero in una nuova dimensione, una specie di mondo parallelo in cui il tempo avanza per quantità discrete, quelle degli intervalli tra le fermate e dei tempi di scorrimento degli ingorghi all'uscita. L'unico modo per riappropriarsi dell'esperienza temporale individuale, sostiene la didascalia dell'opera, è staccarsi dal gregge, camminare in direzione opposta, fare qualcosa di inusuale, differente, controcorrente.
Sarà. A me sembra però che la massa plastica della gente che intasa i colli di bottiglia agli imbocchi delle scale mobili - un elemento per niente discreto, anzi continuo, omogeneo, quasi liquido - ti trasmetta sicurezza, fiducia, calore umano oltre che fisico, soprattutto quando stai incuneato tra la panza molle di un beone e il culo prominente di una stangona moscovita
Poi ti ricordi che anni fa un gruppo di invasati ha spruzzato del gas nervino nella metro di Tokyo, causando una strage, e che in casi come quello più folta è la massa e più alto è il numero delle vittime, e ti viene da dare ragione all'artista, non tanto per riassestare le lancette del tuo orologio personale quanto per salvare il tuo prezioso culo. 
Ma resta il fatto che abbandonare il capezzolo di quella tetta gigante, sensuale e ondulante, anche se causa di sconvolgimenti temporali, non è per niente facile.

venerdì 27 settembre 2013

Segnali buffi/9

Spesso mi imbatto in segnali, cartelloni, scritte o etichette divertenti. Quando capita mi assicuro sempre di non andarmene senza una foto. Le propongo a rate anche qui.
159765 persone hanno cliccato mi piace, solo Mark Zuckerberg ha ancora dei dubbi (Boracay, Filippine)
Cupido è passato di qua...(Firenze)
Screanzato! (Bangkok, Thailandia)

lunedì 23 settembre 2013

Celebriamo la grande impresa nazionale (hahaha) con un bel palindromo

Celebro la recente grande impresa che ha ristabilito l'onore e l'orgoglio nazionale (hahaha) riportando questa perla in tema di Marco Buratti:

"Era gennaio, vedevo il Giglio...il Giglio vede voi annegare"

E' una frase palindroma, ovvero la si legge allo stesso modo anche da destra a sinistra. Lo so, ci sono passato anch'io: non ci credete, non sembra nemmeno esserlo, non è possibile, è talmente bella che potrebbe essere una poesia. E allora fate la prova e poi restate lì con lo sguardo perso nel vuoto e il dito puntato sull'ultima (o prima) lettera, sbalorditi come me ogni volta che la rileggo, a chiedervi...ma come cazzo gli è venuta in mente???

(Marco Buratti, matematico, amico di un mio caro amico, anch'egli matematico, scrive un palindromo alla settimana per il Sole 24 Ore.)

mercoledì 18 settembre 2013

Altro post cinico: i miti sul mondo della prostituzione thailandese


Roccia pene e roccia vagina al tramonto, che quadretto romantico! (Koh Samui)

Ecco il post cinico che avevo promesso qui.

La prossima volta che vedo uno di quei report posticci sul mondo della prostituzione thailandese vomito. La maggior parte dei giornalisti italiani sono ovviamente dei buoni professionisti. Ce ne sono alcuni però a cui bisognerebbe requisire penna, portatile, tablet o qualsiasi sia lo strumento che utilizzano per produrre gli intrugli con cui lavano i cervelli dei propri lettori. Una cozzaglia di mediocri operai della parola che si affidano a triti miti e stereotipi per giustificare lo stipendietto che l'editore passa loro.
Quelli che per anni ci hanno propinato il pistolotto delle povere ragazze thailandesi sfruttate o addirittura schiavizzate da turisti sessuali vecchi e bavosi sono fra i più subdoli. Mi risulta difficile pensare che questi individui siano davvero venuti sul posto, che abbiano raccolto testimonianze, osservato, cercato di capire, per prendere infine certe cantonate. Non può non esserci intenzionalità. Deve trattarsi di gente che ha scritto per sentito dire, affidandosi a qualche leggenda o caso isolato strappa lacrime per fare del sensazionalismo e sfruttare l'imperante ipocrisia occidentale. Leggere Michel Houellebecq può offrire qualche spunto illuminante a riguardo. D'altra parte è anche improbabile che per anni io mi sia imbattuto soltanto in casi anomali e controcorrente. Sono arrivato a una conclusione forse un po' arrogante ma tuttavia inequivocabile: semplicemente ne so più io di loro.

martedì 3 settembre 2013

Come sputtanare un bel posto - Koh Samui, Thailandia

Festa in spiaggia
Che prurito ai polpastrelli! Mi scappano un paio di post cinici e il primo ho deciso di farlo sull'isola thailandese di Koh Samui: un ottimo esempio di località paradisiaca sputtanata in pochi anni.
Passo regolarmente per Chaweng beach da una decina d'anni. Ricordo bene l'impressione che ne ebbi la prima volta: una bellissima baia, con la sabbia bianca, l'acqua limpida e la vegetazione tropicale alle spalle. Vivace la sera, con qualche pub in cui si suonava la musica dal vivo e i maxischermi trasmettevano gli eventi sportivi, un paio di discoteche bazzicate da un certo numero di zoccole ma anche da tanti turisti "normali", thailandesi inclusi, e qualche bar. L'atmosfera generale era ancora molto semplice, come da tradizione rurale siamese: un sacco di bancarelle di street-food, mototaxi che ti scarrozzavano da un capo all'altro del paesino per cifre ragionevoli, i songthaew, vie di mezzo tra taxi e autobus, mercatini autentici, personaggi simpatici, qualche buffo svitato, sorrisi, accoglienza. A me come località balneare piaceva molto. Non sono né il tipo da isolette sperdute senza collegamenti elettrici né quello da resort fighetti o di lusso: Samui era il giusto mix.

giovedì 8 agosto 2013

Segnali sbagliati, con foto - Suzhou, Cina

Le indicazioni e i segnali in Cina sono quasi sempre tradotti in inglese. Senza essermi documentato ma andando semplicemente ad intuito direi che potrebbe persino esserci una legge o una direttiva del governo dietro tutto ciò. Se si tratta di segnaletica stradale o indicazioni in luoghi pubblici le traduzioni sono spesso impeccabili. E' quando si entra nel settore privato che un cartello può acquistare improvvisamente il valore di una vignetta umoristica e venirti in aiuto quando hai una giornata storta, o anche solo un po' noiosa.
Gli strafalcioni alle volte sono talmente clamorosi da far pensare che frasi intere vengano acriticamente passate al traduttore di Google o che per un termine comune, con una ventina di traduzioni completamente diverse, l'addetto tenda cialtronescamente a pescare dal dizionario la prima della lista, senza chiedersi se abbia senso o no.
Per rendere l'idea della densità d'errore per numero di cartelli tradotti pubblico qui esclusivamente le foto di quelli che ho pescato nel complesso residenziale in cui vive l'amico che mi ha ospitato qui a Suzhou. Buon divertimento.
Centinaia di copie affisse nel complesso, tutte con lo stesso errore in "architecture"
Questo è il mio preferito: "Divieto di paraboliche d'alta quota". Imbattibile...

lunedì 29 luglio 2013

Forse il miglior museo di guerra che abbia mai visitato - Nanjing, Cina

300000 vittime in una sola città
Sbarchiamo alla stazione centrale di Nanjing, diamo occhiata a Google Maps e prendiamo la metropolitana per Yunjinlu. Seguendo (male) le indicazioni della mappa affissa in stazione entriamo al museo (gratuito) della seta e dei broccati. Capiamo subito di aver toppato ma facciamo comunque un giro tra bachi, telai e tuniche. Poi usciamo a farci arrostire di nuovo dall'insopportabile canicola estiva della Cina centro-orientale e arriviamo quindi al museo giusto, quello del massacro di Nanchino.
La struttura si sviluppa in parte tra padiglioni climatizzati e in parte all'aperto (grande sofferenza...era meglio venirci in primavera). Centinaia di visitatori passeggiano tra sculture e installazioni commemorative, ricostruzioni, bunker, vere (e parecchio macabre) fosse comuni riportate alla luce dai recenti scavi e una stupenda esibizione fotografica, che vi consiglio di lasciare come chicca finale. 
Ovviamente per concentrarsi sul valore dell'esposizione bisogna grattare via l'inevitabile patina di retorica e ricordarsi di tralasciare per qualche ora la strumentalizzazione da parte del governo cinese degli eventi storici e del conseguente odio contro i giapponesi per biechi fini di predominio regionale. Le belle frasi del tipo "perdonare ma non dimenticare" in questo contesto suonano particolarmente vuote. Quel che penso a proposito di questo rancore pilotato l'ho già scritto qui, qui qui
Si tratta comunque di uno dei migliori musei di guerra che abbia visitato. Certo, anche quelli di Hanoi e Saigon possono vantare dei pezzi esposti di prima categoria ma le strutture che li ospitano e la cura dei dettagli sono di livello nettamente inferiore. Al museo di Nanjing la qualità tocca in maniera trasversale numerosi aspetti: architettonico, artistico, storico e documentale. Per giunta l'ingresso è completamente gratuito, per tutti. Se vi trovate di passaggio nella Cina orientale (in particolare a Shanghai e dintorni) vi consiglio vivamente di andarlo a visitare.

Un altro po' di foto:

martedì 16 luglio 2013

Il leggendario vento di Suzhou - Cina

La sua bimba può anche arrostire all'inferno, a patto che la sua pelle da principessina rimanga riparata dai raggi del sole...
Fa caldo a Suzhou, un caldo demotivante. Io per esempio ho sospeso le mie corsette tonificanti. Chi poteva immaginare che l'avrei sofferto a questo modo dopo tutti quegli anni di allenamento ai tropici? Per fortuna spesso tira il proverbiale vento di Suzhou, come ama chiamarlo l'amico L. Oltre a rinfrescarti la pelle però le raffiche ti abbattono anche la bicicletta parcheggiata, ti gettano un pugno di polvere sugli occhi e scoprono la coscia o la tetta di qualche ragazza procace, se va bene a te e male a lei. Ma la soddisfazione più grossa me la tolgo quando vedo le smorfiosette di città con il parasole chiuso, costrette a farsi cuocere la pelle e diventare scure come delle qualsiasi contadine dell'entroterra. In realtà l'abbronzatura alle ragazze orientali dona parecchio, almeno secondo me. Le rende più sensuali, feline, speziate. Gli asiatici, soprattutto quelli benestanti, la considerano però una perdita di status, un'onta da lavare con costosissimi trattamenti estetici e porcate come le "creme sbiancanti", che in realtà sono semplici protezioni solari camuffate. 

martedì 9 luglio 2013

Segnali buffi/8

Spesso mi imbatto in segnali, cartelloni, scritte o etichette divertenti. Quando capita mi assicuro sempre di non andarmene senza una foto. Le propongo a rate anche qui.
Riposa in Pace, Eye Steak (Bangkok, Thailandia)
Una specie di semaforo a risparmio energetico (Thibaw, Birmania)
Se volete laurearvi in "Distanza", questa è l'università che fa al caso vostro (Mandalay, Birmania)

giovedì 27 giugno 2013

Pasticcini e betulle - Suzhou, Cina

Il plico di scartoffie
Per placare la periodica crisi di astinenza da zuccheri di L invece del gelato oggi ho deciso di comprargli una fettina di millefoglie. Vado in una pasticceria fighetta al piano interrato di un bel centro commerciale e ordino la pasta. Invece di servirmi un ragazzetto munito di cappello da chef scribacchia qualcosa su una ricevuta. Questo in realtà è un termine non del tutto appropriato in quanto la cedola funziona da ricevuta soltanto alla fine di una procedura che potrebbe aver senso se stai acquistando un quintale di cemento, una cassa di candele per automobili o anche, visto che siamo in tema, un sacco da venti chili di vaniglia per la tua pasticceria. Ma non certo per un singolo pasticcino. Dopo aver ritirato il documento compilato in triplice copia multicolore bisogna infatti recarsi a una cassa centralizzata che serve tutti i negozi di quel settore del centro, pagare, ricevere due dei tagliandi contrassegnati da una stampante collegata alla cassa nonché un'ulteriore ricevuta, tornare alla pasticceria dove l'addetto ritirerà uno dei due tagliandi, ti consegnerà il terzo, l'addizionale ricevuta e il pasticcino. Che per essere sicuro di battere ogni record di consumi inutili per grammo di merce venduta ha inserito prima in una bustina di plastica e poi in un sacchetto…di carta. Svolgendo una stima veloce ritengo che debba essere stato necessario abbattere una quindicina di betulle per fornire a questo intricato iter burocratico la materia prima necessaria. Carta che ovviamente la maggior parte della gente infila nel primo cestino disponibile che trova.
L'aggravante è che non si tratta di un semplice vezzo dei dirigenti di questo centro commerciale ma funziona così in molti altri complessi, grandi magazzini e food court. Ti devi comprare un rossetto? Vuoi mangiare una minestrina al volo? Ti serve un barattolo di miele? Devi portare a spasso il plico di carta, fermarti a tutte le stazioni di questa via crucis fino a quando lo depositi su un cumulo di spazzatura. 
Speriamo almeno che riciclino. Beh, in realtà, considerando che...vabbè…sì speriamo…

Altre foto qui sotto:

mercoledì 19 giugno 2013

Ma davvero mangiate il riso anche voi??? - Suzhou, Cina

I "pacchetti" di riso cinesi
Vado a comprare dei gelati al negozietto di alimentari vicino a casa. Se a L non viene somministrata la sua razione quotidiana di veleno zuccherato va a finire che si intristisce fino alla sera successiva. 
Passo di fianco all'angolo del riso e mi ricordo che l'abbiamo finito con l'ultimo risotto ai porri e salsiccia(*). Non ci sono i prezzi. Chiedo quanto costano i pacchi piccoli(**), ne prendo uno e lo trascino fino alla cassa. La ragazza ci mette un po' ad attivarsi, mi guarda strabiliata e quando finalmente si decide a scannerizzare il codice a barre esclama: 
"Ma...davvero mangi il riso PURE tu???"
" E certo che mangio il riso pure io, perché?"
"Io credevo..." poi mette le dita sopra una tavola immaginaria e le porta alla bocca per mimare l'azione "...che VOI mangiaste soltanto pane!"
Ma pensa un po': se parli a un cinese in cinese come se fossi un cinese non fa una piega, dandolo per scontato. Se invece scopre che anche tu mangi il riso ti guarda come se fossi Yuri Gagarin appena sbarcato dallo Sputnik. 
Proprio a me poi, che vengo dalla pianura padana, terra di risaie, mondine e risotti. Questi cinesi sono veramente degli assi a sorprendere te quando vengono sorpresi da te.

giovedì 13 giugno 2013

L'idea meno artistica per promuovere l'arte (con foto) - Shanghai, Cina

L'ex centrale elettrica convertita in museo
Grazie allo strabiliante sistema ferroviario ad alta velocità che la Cina ha messo in piedi in una manciata d'anni Shanghai dista da Suzhou meno di mezzora in treno. La prima volta che coprii la tratta, nel 2005, il carro bestiame che mi ci portò ci mise quasi il doppio, e l'atmosfera era molto più pittoresca. La meta della nostra gitarella odierna è il museo d'arte contemporanea "Power Station of Art",  che fino al 28 luglio ospita la mostra "15 minutes Eternal", interamente dedicata a Andy Warhol.
La Power Station of Art, come dice il nome, è una vera e propria centrale elettrica dismessa e convertita in maniera davvero interessante in un museo d'arte contemporanea. Una struttura molto intrigante, un progetto realizzato molto bene. Una di quelle opere che ormai si mettono i piedi (in tempi brevi) solo in Cina, l'unico paese che può permettersi investimenti ingenti quasi a fondo perduto, per pure ragioni di prestigio o strategia. Potete osservare alcuni particolari nelle foto che pubblico qui sotto. Non ne troverete però delle opere: sono infatti uno dei pochi tontoloni che ha rispettato il divieto di farle.
Oltre alla sede dell'evento mi è piaciuta, ovviamente, anche l'esibizione stessa.
La cosa che più mi ha sorpreso però è il prezzo dell'ingresso: 20 RMB, equivalenti a due euro e mezzo! E sto parlando dei biglietti interi, non di quelli scontati per gli anziani o gli studenti. Sebbene la mostra sia iniziata già da un mese e mezzo e questa con tutta probabilità non sia la regione del pianeta in cui la fama dell'artista americano tocca il suo apice l'affluenza è consistente e la gente è molto interessata. In giro per l'Asia si può tranquillamente arrivare a pagare cinque volte tanto per visitare attrazioni di valore notevolmente inferiore, posto che siano di alcun valore.

mercoledì 5 giugno 2013

Funzione esponenziale panico - Shanghai, Cina

La mia borsa, la chitarra e Luce, il chihuahua lecca-orecchie
Eccomi all'ennesima scansione dei bagagli ai raggi X. Sono in viaggio da Guanzhou a Suzhou lungo il seguente itinerario: metropolitana fino all'aeroporto Baiyun, volo per Shanghai-Hongqiao, metropolitana fino alla stazione di Honqiao e da lì il treno per Suzhou-Yuanqu, il cosiddetto Sip (Suzhou Industrial Park), una zona mista residenziale, industriale e universitaria, dove vivono sia L, che lavora in una cittadina nei dintorni, e D, che insegna matematica proprio qui.
Questa scansione dovrebbe essere l'ultima, visto che oltre il controllo c'è il binario da cui parte il treno per Suzhou. Non ricordo attraverso quanti di questi punti sono già passato. In qualsiasi altro paese, considerando che ho preso un solo volo, sarebbero non più di due, ma in Cina la paranoia delle autorità e la loro passione per questo tipo di tecnologia invita a moltiplicare la suddetta cifra per un coefficiente che oscilla tra l'1,5 e il 2,5. Facciamo 2: quattro controlli è quindi un dato attendibile, che per un volo e un paio di tratte in metropolitana non è per niente male. 
Quattro di questi procedimenti in poche ore e un numero consistente di borse al seguito mettono a dura prova la mia sbadataggine, che riesco a controllare soltanto con gli automatismi acquisiti in tanti anni di vita nomadica, durante i quali ho imparato a considerare gli articoli del mio bagaglio come i miei unici possedimenti. Mi porto appresso uno zaino dove tengo abiti e frattaglie varie (dopo anni di sfacchinate ho capito che le rotelle sono utili, ma siccome i trolley tradizionali, così come i bagagli rigidi, mi fanno ribrezzo ne ho comprato uno ibrido, morbido e con gli spallacci), una borsa a tracolla dove tengo computer, gadget elettronici e altri oggetti personali non troppo importanti, una chitarra acustica in custodia morbida che non ho ancora imparato a suonare e una money-belt indossata a tracolla, in cui tengo passaporto, carte bancarie e altri documenti importanti che per comodità e sicurezza non metto in tasca.
Saluto il personale di controllo con un nihao e un sorriso, entrambi non corrisposti, poggio lo zaino scorrevole, mi sfilo la chitarra, poi la money belt e quindi la borsa a traco...DOVE CAZZO E' LA BORSA A TRACOLLA?

martedì 28 maggio 2013

Quei cinesi continentali - Hong Kong

Vista della skyline da Tsim SHa Tsui
M sta completando un master in scienze dell'educazione presso una famosa università di Hong Kong. E' cinese, della Cina Popolare, la conosco da anni. Una ragazza simpatica, dolce, educata, molto per bene. Niente a che fare con lo stereotipo del cinese che sputa, si pulisce in pubblico le orecchie, il naso o qualcos'altro, mastica semi e radici seduto accanto a te, succhiando rumorosamente e sputacchiando gusci sfasciati e fibre spappolate. Ma da quando è arrivata a Hong Kong quello stereotipo non smette mai di frustrarla, metterla in imbarazzo e umiliarla.
A volte, quando in un negozio fa un paio di domande sul prodotto che intende acquistare, un commesso le risponde: "Oh, questa è Hong Kong, mica la Cina continentale!" Mi racconta che i cinesi vengono accusati di "rubare" i posti di lavoro ai cittadini del luogo oppure, e questo la coinvolge personalmente, le posizioni disponibili per master e dottorati nelle migliori università. Lei il master se lo è pagato da sé, e molto più di quel che paga un cittadino di Hong Kong. Questo genere di accuse generalizzate le trova quindi piuttosto irritanti.
Passeggiamo per le vie di Kowloon e quando arriviamo a un incrocio dal momento che la strada è sgombra io, come faccio sempre, attraverso, a prescindere dal colore della luce del semaforo.

giovedì 23 maggio 2013

Cinesi in posa per la foto col bianco...uno tira l'altro - Hong Kong

La papera gigante che galleggia sul Victoria Harbor, poco prima di sgonfiarsi a sorpresa
Ho camminato molto anche oggi, mi poggio sulla transenna e osservo la gente che passa. Avenue of Stars l'hanno chiamata. E visto che c'erano per scimmiottare l'America hanno piazzato sul selciato le impronte delle "star" della florida industria cinematografica locale. Peccato che io a parte quel pagliaccetto di Jacky Chan e l'ottimo Wong Kar Wai non ne conosca altri. Di nome per lo meno. Colpa mia, eh, mica demerito loro. Gli attori di In the mood for love mi erano piaciuti, almeno i loro nomi dovrei ricordarli. Bruce Lee ovviamente so chi è, ma per ragioni cronologiche le sue impronte non sono riusciti a prendergliele, così hanno eretto una statua in bronzo in suo onore e lo hanno eletto come il più grande del secolo. 
Ma torniamo a noi. La passeggiata è abbastanza affollata, principalmente di turisti. Io rilasso la schiena e le gambe, stiracchio il collo e osservo. Osservare la gente che mi passa davanti, da vicino o da lontano, di fronte o dall'alto, è sempre stato uno dei miei passatempi preferiti. 
A un certo punto un turista cinese (della Cina continentale intendo, non di qui) mi si avvicina con una macchina fotografica.

lunedì 20 maggio 2013

Una sorprendente ostilità nei confronti del pedone - Hong Kong

Un pescatore all'Hong Kong Harbor e sullo sfondo la skyline semicoperta dalla foschia
E' domenica notte e a Lan Kwai Fong non c'è molto da fare. Tra l'altro come area mi sta pure un po' sulle balle. Il fine settimana si riempie di stronzi vestiti di tutto punto, col macchinone di papà e sul muso da bulldog quell'espressione strafottente che sembra dire: "Tutto questo ce l'ho perché me lo sono meritato. Insomma: perché io so io e voi nun siete un cazzo!" E i buttafuori - poveracci pagati poco e trattati peggio, magari col permesso di soggiorno appeso a quel lavoro di merda - che fanno il loro gioco, a guardare se hai le scarpe lustre o la maglietta fresca di ferro da stiro e amido, se puzzi di miseria o hai lo sguardo da disadattato, segaiolo o, peggio ancora, entrambi. Nei giorni feriali invece non se lo possono permettere di andarci troppo per il sottile; allora ti invitano a entrare, e se ti presenti in ciabatte e canottiera ci provano ancora a umiliarti, ma in modo più patetico: "Ehi, questo non va bene..." sentenziano mentre ti pizzicano la maglia con disprezzo utilizzando le punte di due dita "...la prossima volta no, eh?" Certo, certo, la prossima volta sopra la divisa da villano mi ci spruzzo pure due gocce di Eau de Letam. Ma levati di torno, stronzo, tirapiedi e pure sfigato.

martedì 14 maggio 2013

La fototessera è assolutamente ne-ces-sa-ria! A meno che... - Hong Kong

Una fototessera e una vecchia banconota da 20 HKD
Rituale tappa a Hong Kong per procurarmi il visto cinese. Rituale pernottamento alle mansion di Nathan road, dove i rompiballe stranieri che arrivano per sbarcare il lunario sono sempre più tignosi e gli odori sempre più pungenti. Le stanze a cella d'alveare invece non si sono allargate di un centimetro. Solo i prezzi forse sono cresciuti.
All'agenzia Forever Bright presso il New Mandarin Plaza a Tsim Sha Tsui East c'è molta più gente rispetto all'ultima volta che ci sono stato. Hanno persino piazzato un piantone in giacca e cravatta all'entrata e formato un corridoio mobile per la fila dei richiedenti. Al banco c'è il caos: casino per ottenere i moduli, casino per conoscere i prezzi e casino per consegnare il tutto e richiedere il visto. Avevo intenzione di procurarmi un visto business multiple entry di sei mesi ma in qualche anno il prezzo è schizzato da 600 a 2000 HKD! Viro sul tourist da tre mesi, single entry, 500 HKD.
"Serve una fototessera." mi fa sapere un cinese trafelato.
"Eccola!"
"No, questa ha lo sfondo bianco. Ne serve una con lo sfondo blu."
Merda, lo sfondo blu...

lunedì 29 aprile 2013

Sono solo regole diverse - Thailandia (con un po' di foto)

Comprano tutto...inno alla deregulation, anche se poi sembra abbiano solo guide turistiche
Uno arriva in Thailandia e comincia subito a notare le differenze. Che caldo fa…a dicembre! A Malpensa nevicava. Qui tutto costa così poco, si mangia con un euro, a casa nemmeno il caffè mi ci viene. E poi la più sorprendente di tutte: tutto quel che da noi è proibito qui sembra permesso, o almeno tollerato. Mal che vada si può comprarlo con una mazzetta.
Si possono acquistare software e DVD piratati alla luce del sole. Copie di patenti di guida, certificati di laurea e tessere varie. Jeans, maglie e borse d'imitazione. Si può esporre l'insegna di un'attività illegale e nessuno dice nulla. Si viaggia in motorino senza casco, in quattro con bambini e cani, e la polizia, a differenza di quel che faceva nei nostri filmetti degli anni settanta, non s'incazza poi troppo. Venti ragazzini nel cassone di un pick up invece che nascondersi cantano in allegria. Dopo le due i bar non possono vendere gli alcolici, se però te li versano in un bicchiere di carta o in una tazza da tè va tutto bene. I proprietari dei locali notturni fanno a gara per chi paga alla polizia la mazzetta più grossa, affinché lasci loro aprire fino a tardi e faccia invece chiudere i concorrenti. E poi puttane, orge, viagra, cialis, kamagra, donne giovani, vecchie, fantastiche, oscene, spudorate o pudiche. Sì, perché qui ci sono anche le puttane pudiche. E poi omosessuali, bisessuali, transessuali, persino asessuali.
Ehi, qui si può davvero fare qualunque cosa - pensa il nuovo arrivato inebriato da promesse di libertà e impunità - questo è il Bengodi! Evviva! E in breve la vacanza si tramuta in una serie di guai.

lunedì 22 aprile 2013

La strada degli artisti grotteschi - Pattaya, Thailandia

Natale a Pattaya
C'è una stradina a Pattaya: è l'ultimo tratto di Walking Street, sul lato del porto. Se Walking Street fosse un intestino, un bel budello pieno di feci e liquame (metaforici e reali), questo sarebbe il suo retto, lo sfintere, insomma...il buco del culo, ecco.
E' un luogo piuttosto buio (ciò non sorprende, considerata l'analogia anatomica), senza bar, ristoranti e discoteche. Soltanto il lungomare da un lato e degli alberghi dall'altro. La musica dei locali vi arriva smorzata e ci si può godere un relativo silenzio. Verso sera dei giovani thailandesi arrivano muniti di chitarre, si siedono sul marciapiedi e cantano delle canzoni. Non in thailandese o in inglese, come tutti si aspetterebbero, o come succedeva fino a tre o quattro anni fa. No, questi cantano in russo. Siamo vicini a un complesso di discoteche (Mixx, Lima Lima) frequentate principalmente da turisti russi, e questi busker si esibiscono proprio per loro. In russo quindi. Folti gruppi di russi più o meno brilli si fermano ad ascoltarli e i più spavaldi li accompagnano cantando. Spesso male, è vero, ma alla fine pagano, e per questo vengono sopportati e graziati.
Poco più avanti c'è una fila di ritrattisti e caricaturisti: producono dei dipinti dozzinali che si trovano un po' dappertutto. Poco prima della grande insegna luminosa, con un po' di (s)fortuna ci si può imbattere in due dei personaggi più pittoreschi della zona.

mercoledì 17 aprile 2013

La casa con una bella vista...in Asia

No, questa vista te la puoi proprio scordare...
Se ti sei appena trasferito in Asia e hai scelto l'appartamento in base alla vista favolosa che ti puoi godere dalla finestra della stanza da letto...potresti aver commesso un errore grossolano.
Dai un'occhiata all'appezzamento lì a fianco. Nel caso sia vuoto, o peggio ancora utilizzato come parcheggio, un edificio alto abbastanza da poterti oscurare la casa potrebbe spuntare proprio lì nel giro di pochi mesi.
E allora non ti resterà che rimpiangere l'alternativa con vista su grovigli di cavi elettrici e stradone trafficato, quella che hai scartato con sdegno altezzoso, accomiatandoti dall'agente che te l'aveva proposta con una di quelle tue odiose battutine sarcastiche.

mercoledì 10 aprile 2013

Forse suo malgrado, ma è un tipo originale - Kuala Lumpur, Malesia

...lentamente se ne va.
Tra le mandrie di uomini d'affari, impiegati, turisti, fighette che fanno shopping, immigrati in cerca di fortuna, sfigati vari (ed è proprio questa la categoria che mi comprende), osservando bene ogni tanto nel centro di Kuala Lumpur si riesce a scorgere qualche personaggio originale. Magari suo malgrado, come in questo caso.
La pettinatura da Jackson 5, un paio di pantaloni da abito strappati all'altezza del buco del culo, cuciti (si fa per dire) con del nastro colorato, di quello che si usa per i pacchi regalo. Tra le varie toppe che coprono le lacerazioni della sua giacchetta ce n'è persino una a forma di banconota da un dollaro, dettaglio tristemente ironico, considerando le condizioni in cui versa il soggetto. Indossa un guanto da palestra. Uno solo. Magari è un ex discobolo o lanciatore di giavellotto. Lo osservo da alcuni minuti e non ha mai smesso di succhiarsi i polpastrelli. Non so se immagini soltanto di averci della cioccolata appiccicata o se magari ce l'avesse veramente, qualche ora fa s'intende, perché ora le dita sono lucide come würstel: ecco, magari è proprio a causa di questa curiosa illusione ottica che se le lecca. 
Dopo un po' qualcosa attira la sua attenzione, si toglie le mani dalla bocca e col passo del pinguino, sbandando a destra e a sinistra, lentamente se ne va.

lunedì 8 aprile 2013

Pensieri/18


- C'è chi compra benessere pagando in libertà. Io, quando posso, faccio esattamente il contrario.

- Da ragazzino ero talmente imbranato con le donne che, quando in preda alla frustrazione decidevo di masturbarmi, facevo fatica persino a sedurre la mia mano.

- Ti fai degli scrupoli quando si tratta di mettergli la museruola e poi lo addestri come un cane della gestapo? In quel modo non gli metti in gabbia solo la bocca, ma l'intera anima!

- Sì, sì, certo, è facile prendere le decisioni degli altri.

- Alcuni sostengono che una ragionevole dote di stress faccia bene alla salute. Ho notato però che dopo avermelo spiegato tremano, balbettano e si contorcono in maniera mostruosa.

venerdì 5 aprile 2013

Versetti balsamici: Quella libertà non la voglio

Vista da una finestrella del forte di Qaitbay - Alessandria d'Egitto
"Ti lascio libero, vai!" mi hai detto ad un tratto,
ma la franchigia che m'offri io non l'accetto:
voglio essere ostaggio, prigioniero, recluso,
alle sbarre dei tuoi capelli accostare il viso,
tra i tuoi seni e le cosce mendicare il rancio,
ricevere via flebo ogni goccia di bacio,
e nell'afosa penombra dei tuoi abbracci assopito
assuefarmi inconsciamente al tuo respiro viziato.
Non mendico grazia, cauzione o clemenza,
per il reo cuore l'ergastolo è la giusta sentenza.
Carceriere non cedere, non avere pietà,
gettami nelle segrete e spezza la chiave a metà!

mercoledì 3 aprile 2013

Come, come? Cos'è che avreste compreso? - Bangkok, Thailandia

Il segnale del km 0, nei pressi del Monumento alla Democrazia
Ci sono degli emigranti a Bangkok (o come amano farsi chiamare loro, expat) - non tutti certo, ma comunque molti, direi troppi - che camminano, si muovono e stanno persino fermi con l'aria di chi sembra avere una presa sicura sulle maniglie della città. Di chi l'ha osservata a lungo, studiata con attenzione, compresa totalmente. A tal punto da non doversi più aspettare sorprese. Presa sulle maniglie? Sì, certo! Le maniglie dell'amore forse, o meglio quelle del sesso, magari a pagamento, le altre, mah, ho forti dubbi a riguardo.
Secondo me si tratta soltanto di una flebile illusione. Pochi stranieri si trovano in una posizione più incerta di quelli che vivono in Thailandia. Osservati con ostilità da una porzione rilevante della popolazione (non crederete davvero che tutti quei sorrisi siano manifestazioni di allegria?), con visti e status precari, eterni ospiti non del tutto graditi di una società che mantiene barriere ben marcate tra sé e quelli che chiama, alle volte con una punta di disprezzo, farang, ovvero francesi. Ci sono decine di diritti concessi da ogni paese occidentale persino agli immigrati più indesiderati a cui nemmeno lo straniero più ricco, colto e astuto si può sognare di aspirare da queste parti. Come potrebbe una nazione così orgogliosa e permalosa svelarsi tanto facilmente a una cozzaglia di presuntuosi fanfaroni di quel tipo?

venerdì 29 marzo 2013

Un'impertinente domanda pertinente

Una famigliola...belle facce sveglie!
Questo lo scrivo mentre mi trovo a Kuala Lumpur, ma si tratta di una pura coincidenza: potrei osservare delle scene anaggole in qualunque altro posto. Sicuramente in ogni grande metropoli asiatica.
Guardali lì, imbambolati davanti allo schermino. Quanti sono? Tanti, troppi, quasi tutti in pratica. Attorno ai tavoli del caffè, nei mezzi pubblici, al ristorante. A controllare gli aggiornamenti in Facebook, a giocare ai giochini, a chattare, persino a farsi le foto da soli, in posa sorridente davanti al loro stesso braccio teso. 
Non starò qui ad aggiungere l'ennesima critica alla lunga lista, un nuovo pedante giudizio su questa smania assurda. Mi pongo solo una domanda: ma prima, quando quegli aggeggi non esistevano, questi individui che cazzo facevano? Non dico quando non c'erano i cellulari, perché molti di loro a quel tempo erano ancora dei marmocchi, ma solo pochi anni fa, quando l'espressione smart-phone ai più sarebbe sembrata una specie di ossimoro, ai tempi in cui gli schermi erano ancora grigi o verdi, e le scritte nere. Quando coi telefoni ci si potevano solo fare le chiamate o mandare i messaggi.

mercoledì 27 marzo 2013

Segnali buffi/7

Spesso mi imbatto in segnali, cartelloni, scritte o etichette divertenti. Quando capita mi assicuro sempre di non andarmene senza una foto. Le propongo a rate anche qui.
An'vedi, non era veneziano ma...irlandese! (Costanza, Germania)

Che pesanti questi divieti! (Firenze)

Pensavo fossero delle schifezze qualunque, invece è e-waste! (Pattaya, Thailandia)

lunedì 25 marzo 2013

Italiani in Thailandia/8: il liquame umano continua a colare verso il basso

Sembra liquame, invece è un rigagnolo

E continua a colare precisamente da qui 

Storia 3) Un terzo puttaniere bighellonava con dei colleghi presso la piazzetta dei delfini con una bella telecamera in mano. Gli si è avvicinata una ragazza carina. Dopo un breve scambio di battute se ne sono andati assieme. I colleghi si sono guardati l'un l'altro in preda allo stupore. Ma come? Una figona del genere se ne va con quello sfigato? (Nota personale: non me l'aspettavo proprio, ma probabilmente anche per andare a puttane bisogna essere dei fighi.) Nessuno di loro l'ha più visto per un giorno. Dopo la seconda notte di assenza si sono ricordati della telecamera, hanno messo assieme i tasselli del puzzle e preoccupati sono andati a cercarlo. Non è stato difficile trovarlo: era stato sedato e ronfava ancora pesantemente in una delle stanze che loro stessi avevano frequentato spesso in passato, con donne della stessa risma. Per alcuni giorni (!) lo hanno accudito. Dal momento che era sempre mezzo addormentato hanno cercato di tenerlo sveglio, trascinandolo regolarmente in spalla a prendere aria. Né la vittima né alcuno di quegli altri disperati aveva (voglia di spendere) soldi per l'ospedale. Oltre alla telecamera questa doppiolavorista (puttana e anestesista, la rima è casuale ma ci sta giusta) gli ha fottuto tutto il denaro che aveva addosso. Senza nemmeno doversi sfilare le scarpe. La possiamo accusare di varie nefandezze ma non certo di essere una che vende il proprio corpo per quattro spicci.

Storia 4) Q stesso una volta (o forse più d'una) è stato narcotizzato da una puttana.

venerdì 22 marzo 2013

Ho (ri)letto I Promessi Sposi: ecco le mie chiavi di lettura

Ho riletto di recente I Promessi sposi. Anzi, direi che l'ho letto per la prima volta, visto che al liceo avevo seguito la vicenda attraverso i riassunti della leggendaria Casa editrice Bignami, con l'unico obiettivo di non fare una figura meschina alle interrogazioni, senza alcun interesse letterario. L'ho letto in versione e-book tra l'altro, e spero che l'Alessando  (con l'articolo, alla milanese) non si rivolti nella tomba. 
Tra i vari motivi che mi hanno spinto a farlo c'era una curiosità: dopo tanti anni c'è ancora qualcosa di attuale in questa storia? O la leggiamo soltanto per tradizione, per costrizione, perché i programmi scolastici sono dei muri spessi, difficili da abbattere e ricostruire, o anche solo da restaurare?

Ricordo che Manzoni veniva spesso elogiato per le poetiche descrizioni dei paesaggi e per l'ideazione di personaggi elaborati, rappresentativi, intriganti. Onestamente non sono d'accordo. Mi spiego, tutto ciò è sicuramente vero. Per un lettore del diciannovesimo secolo però. Ma ora? Dopo aver letto Tolstoy, Faulkner, Flaubert, Updike, Pirandello, Greene, Roth, Eco? Mah, i personaggi e i paesaggi di Manzoni non vengono fuori troppo bene dal confronto. Provate ad analizzare il profilo di Herzog, il protagonista dell'omonimo romanzo di Saul Bellow o il modo in cui McCarthy dipinge con le parole i tramonti al confine tra Messico e USA. Poi tornate a quel ramo del lago di Como o alle macchiette stereotipate di Azzeccagarbugli, Don Abbondio, Agnese o Perpetua e tirate le somme. In realtà mica è colpa del buon Alessandro: il confronto non è nemmeno corretto farlo. Sarebbe come paragonare i tempi degli atleti di due epoche diverse, o le tecniche chitarristiche o le velocità dei sistemi di trasporto. La letteratura si evolve, così come la società e la tecnologia. E a un lettore del ventunesimo secolo tenderà a piacere di più quel che è stato scritto in tempi a lui più vicini.

mercoledì 20 marzo 2013

Italiani in Thailandia/7: l'escalation dello squallore

Squallore
Come vi avevo detto tempo fa, pur avendo lasciato Pattaya da un pezzo non vi ho ancora raccontato tutti gli aneddoti raccolti quando ci abitavo.

Eccovi le ultimissime storie di Q (che abbiamo conosciuto qui). Spero siano davvero quelle conclusive perché l'escalation dello squallore non accenna a placarsi.
Le ho buttate giù in fretta poco dopo averle apprese, preoccupandomi innanzitutto di non dimenticare nulla, utilizzando un tono e una terminologia di basso livello, adattandomi semplicemente a quel che avevo appena ascoltato. Pensavo di levigare il tutto in seguito, poi però ho pensato che questa spazzatura merita strumenti espressivi di pari qualità. Le "prostitute" sono quindi chiamate "puttane", i "rapporti sessuali" sono "scopate" e...eccetera eccetera, non c'è bisogno di aprire una sezione dedicata al vocabolario tecnico a questo punto. Se non digerite il pastone (contenuti e stile) mi dispiace, spero troviate altri post nel blog di vostro gradimento. Io questo qui lo dovevo scrivere così. A volte ci vuole l'anima corazzata anche solo per provarci a essere politicamente corretti, e la mia in questo momento è come una bolla di sapone, che ondeggia e si deforma mentre svolazza verso il basso, rischiando di esplodere per una semplice folata d'aria polverosa.

Storia 1)
Il signor Gallina (nome inventato, in realtà si tratta di un altro volatile, comunque è un italiano) si è sposato con una puttana e poi ha costruito una villa per andarci a vivere assieme.