giovedì 29 novembre 2012

Si sono venduti l'entrata del centro commerciale - Kuala Lumpur, Malesia

L'entrata che fu, convertita in negozio
A Bukit Bintang, in pieno centro città, c'è un noto centro commerciale. Come tutti i centri commerciali anch'esso aveva un'entrata, con le grandi porte automatiche a vetri, i giochi di luce, il pavimento in stile. Quelli che lo gestiscono se la sono venduta. Sì, si sono venduti l'entrata. Il centro è regolarmente aperto al pubblico ma l'entrata è stata sostituita da un negozio di abbigliamento che bisogna attraversare se ci si vuole recare all'interno o all'esterno. Con le porte piccole, i corridoi e una fastidiosa sensazione di essere un intruso.
Proviamo per un momento ad andare indietro nel tempo e immaginiamoci la scena seguente. Si sta tenendo il consiglio di amministrazione della società di gestione del centro commerciale. Un cliente importante ha chiesto uno spazio per l'apertura di un suo nuovo punto vendita. 
"Non abbiamo nulla da offrirgli."
"Come nulla? L'ultimo piano è mezzo vuoto!"
"Questo genere di clienti non li metti all'ultimo piano. Vogliono il piano terra, possibilmente a ridosso dell'entrata..."
"D'altra parte non abbiamo contratti d'affitto in scadenza fino al 2020."
Nella sala cala il silenzio. Nessuno ha uno straccio di un'idea da proporre. Poi un giovane assistente, un neolaureato appena assunto, piuttosto annoiato si abbassa a scrutare la mappa della struttura e ci punta un dito sopra. Quindi, tra sé e sé, bofonchia:
"Qui c'è uno spazio libero..."
Il capo butta un'occhio, scoppia in una risata arrogante e lo falcia con un commento sprezzante:

martedì 27 novembre 2012

KL Monorail: il mezzo di trasporto più tenero al mondo - Kuala Lumpur, Malesia

Il musetto da topolino della KL Monorail
La Monorail di Kuala Lumpur sembra quasi un giocattolo, un modellino di metropolitana, una sopraelevata della Lima. Con quelle sue stazioncine, le tensostruttirine, le lucine, i cartellini segnaletici, i semaforini, le scalette per spostarsi tra i binarietti, i vagoncini, il musetto da topolino, i faretti, i sedilini, le porticine, gli allarmini che ne segnalano la chiusura, la vocina che annuncia le fermatine, le ruotine, le rotaiette, tutte quelle curvine che rendono il percorsino così tortuoso. Già, perché la Monorail, piccina, ha dovuto adattarsi a tutto e niente in città si è spostato di un centimetro per farle un po' di posto. Come se non bastasse le hanno dato soltanto una rotaia: per un mezzo del genere due erano in effetti troppe.
Nella vicina Bangkok la Monorail ha un cugino: il massiccio, sicuro di sé, superbo Skytrain, che avanza con fierezza in linea retta sopra le direttrici principali della città: poche le curve e gli ostacoli da aggirare.
La Monorail invece sembra quasi uno scherzo, o meglio, uno scherzetto. Ma dopotutto è così tenera: ogni volta che sali a bordo è come se un fantasma ti pizzicasse gli angoli della bocca tendendoti un gran sorriso sul volto. E più avanzi verso l'interno più le sue dita tirano e più il sorrisone si espande. Caldo torrido, piogge monsoniche, traffico e smog, la situazione all'esterno può anche essere disperata ma la Monorail di KL non ti tradisce mai: quando la utilizzi ti prende sempre il buon umore.

giovedì 22 novembre 2012

L'onta della business class - Da Bangkok a Kuala Lumpur

Ne avevo sempre sentito parlare come scelta di qualità, come compensazione per problemi di overbooking o sedili danneggiati, persino come scorciatoia per stringere conoscenze utili. Ero però sempre riuscito a starne alla larga, io, membro orgoglioso del popolo rozzo, animato da selvaggia avversione nei confronti dei vezzi degli arricchiti: il golf, i circoli esclusivi, le auto pacchiane, i monili, le villette borghesotte, e, per l'appunto, la business class. Alla fine però, dopo anni di viaggi scomodi e polverosi, carri bestiame, convogli per prigionieri, pullman in bilico sul ciglio di un precipizio, attese prolungate in terra di nessuno e trafile noiose per clandestini alla dogana, mi è toccato subirne l'umiliazione. Io, quello che si lamentava per averci messo solo 32 ore da Venezia a Bangkok, ripromettendosi per compensare di farlo un giorno via terra. Proprio io, sì, infilato di straforo in business class. Non per mia scelta, sia chiaro. Quelli dei corsi l'hanno tirata per le lunghe, si sono ridotti all'ultimo momento e visto che i posti in economy erano tutti esauriti sono stati costretti a prenotarmene uno nella classe superiore. L'alternativa era quella di non avere un insegnante al primo giorno di lezione: francamente impraticabile.
E così mi sono ritrovato stordito da un susseguirsi di privilegi di cui non avevo mai sentito la mancanza: banco preferenziale al check-in, premier lane alla dogana in uscita, la sala d'attesa di lusso, i priority seat al gate, la precedenza all'imbarco, il divano volante, l'ampia scelta di riviste patinate, le hostess che si fermano a fare conversazione (non mi avete mai cagato quando stavo stipato tra gli altri passeggeri-sardine lì dietro, siete a caccia di un marito ricco? Continuate pure a cercare...), l'aperitivo dopo il decollo, la frutta secca selezionata (meno del 30% di arachidi!!! Non è fantastico?), la tovaglia di broccato, le posate in tungsteno, i bicchieri di cristallo, il vicino che sorride, ringrazia e annuisce come uno studente di Eton e di nuovo la premier lane alla dogana in entrata. Se mi avessero sgamato a camminarmi le poche centinaia di metri che separano la stazione della navetta dall'alberghetto, con il borsone e la chitarra a tracolla, mi avrebbero bandito dal circolo del lusso a vita.
Oh intendiamoci, sono comodità eh, dettagli che indubbiamente ti cambiano il viaggio. Anzi, che non ti fanno proprio sentire in viaggio. Ma io devo comunque parlarne male: sono capricci che non fanno per me a cui però si fa presto ad abituarsi. Quando mi imbatto in qualcosa che luccica un po' troppo...preferisco adottare la diffidenza dei pezzenti.

Foto di caribb (CC)

martedì 20 novembre 2012

Essere eroi può anche non bastare

Nonostante vi trovi spazio qualche bufala di troppo Facebook può essere utilizzato per diffondere delle storie interessanti. Ma soprattutto autentiche. Questa per esempio.
Durante la seconda guerra mondiale una signora polacca, Irena Sendler, salvò 2500 bambini ebrei da morte certa per mano dei nazisti, tirandoli fuori di nascosto, a piccoli gruppi, dal ghetto di Varsavia. Alla fine fu scoperta, torturata e condannata a morte. Condanna a cui riuscì per fortuna a sottrarsi. Nel 2007 fu tra i nominati per la vittoria del Nobel per la Pace, con l'appoggio ufficiale dei governi di Polonia e Israele. Non vinse: le 2500 vite innocenti che ha salvato, i rischi che ha corso, il coraggio, le torture sofferte, la condanna a morte scampata e le sponsorizzazioni illustri non sono bastate. Per la commissione c'era infatti quell'anno un candidato più meritevole: l'ex vice presidente americano Al Gore. Sì, non ho scritto male, avete letto bene. Il Nobel per la pace nel 2007 non andò a Irena Sendler, bensì ad Al Gore. Colui che riuscì a dilapidare l'enorme vantaggio che i democratici avevano alla fine della presidenza di Bill Clinton, permettendo al mediocre George W Bush di vincere le elezioni e fare il bullo in giro per il mondo per otto anni. E che si è poi messo a girare film.
Avevo già espresso dei dubbi sulla credibilità del premio quando lo vinse Barak Obama. Per fortuna la proposta per la nomination di Silvio Berlusconi non ebbe successo, se non nel suscitare grande ironia e sonore risate (comprese le mie). Ma Al Gore al posto di Irena Sendler è inquietante. Se questo è il modo in cui la commissione sceglie i vincitori il premio è soltanto un mucchio di spazzatura.

sabato 17 novembre 2012

La leggenda dei poliziotti tedeschi "buoni"

Manifestanti e polizia si sono scontrati in varie città italiane. Il paese, come al solito, si spacca su questioni del genere: chi ha ragione, chi ha torto...probabilmente la verità è che sia tra i dimostranti che tra gli agenti si annidano degli esaltati poco interessati alla questione centrale e desiderosi di far cagnara, esibirsi e menar le mani. Un po' come quei tizi che stanno allo stadio a petto nudo, megafono in mano, sciarpa in faccia e spalle sempre rivolte al campo da gioco. Ma non è su questo che volevo soffermarmi.
Molti utenti di Facebook hanno deciso di rispolverare una foto vecchia di qualche mese, scattata a Francoforte, nella cui didascalia si sostiene che gli agenti tedeschi si sarebbero tolti i caschi e avrebbero marciato a fianco dei manifestanti.
La foto, o perlomeno quel tipo di interpretazione, è un falso. Dimostrato dal quotidiano online linkiesta.it in quest'articolo pochi giorni dopo lo scatto, che risale a maggio '12. A provarlo ci sono le dichiarazioni dell'inviato del giornale, del fotografo di AP e degli stessi leader della manifestazione.
Ma a chi diffonde fesserie in Facebook questo non importa. L'importante è darsi delle arie da saputello terminando il post con un "ITALIANI SVEGLIA!!!" strillato in stampatello. Continuando nella vita reale a dormire sonni tranquilli. E allora...sogni d'oro!

giovedì 15 novembre 2012

Soi Country Club, il posto giusto per l'adulterio - Pattaya, Thailandia

Il nome è fuorviante: Soi country club. Soi in thailandese significa vicolo, ma questa è una strada, lunga e battuta, che scorre tra negozi, ristoranti, villaggi, un golf e un polo club, un maneggio, lo stadio del Pattaya Utd e un lago - il Mabprachan - meta per scampagnate pomeridiane, ma anche notturne. Proprio così, notturne. Lungo la riva meridionale ci sono infatti file di bar con donnine che se approcciate non oppongono certo una resistenza da fortezza medievale assediata, e poi birra, musica, biliardi, persino i ladyboy, proprio come nelle zone a luci rosse del centro. Appunto, ma chi ci viene fino a qui, dal centro? Chi si fa dieci chilometri per godersi una versione scadente e limitata di ciò che può trovare anche a cento metri da casa? La risposta la sa chi vive qui da anni: sono quegli uomini, fidanzati o sposati, che hanno bisogno di un luogo sicuro dove abbandonarsi senza paranoie ai piaceri dell'adulterio. L'area infatti offre anche motel a ore e centri sauna/massaggi dove le mani - e magari qualcos'altro - di altre donnine compiacenti si concentrano su ogni parte del corpo dei loro clienti.
Altri due chilometri e il ronzio della moto viene parzialmente attutito dagli schiamazzi dei bimbi di una scuola. Qui il mezzo non è il solo a rallentare: anche il progresso scala e avanza a marce ridotte. Non è una questione di tecnologia o di mode, bensì di dettagli e atmosfera: la polvere argillosa, le ciabatte, i tetti di ondulato, i pali sbiechi ricavati dal bambù, il conflitto fra quelle catapecchie e la vegetazione circostante che sembrerebbe quasi essere ancora in bilico. C'è aria di Cambogia, di Laos, forse addirittura di Birmania, proprio qui, nel vecchio Siam!
Poi un camion sbuffa fumo nero e alza un polverone. Tempo di riprendersi ed è già un torrente in piena di moto, auto, semafori, con vortici di clacson, fischietti e calcestruzzo, che sfocia schiumoso nel bacino a sei corsie di Sukhumvit, con i suoi megamall, gli ipermercati, gli svincoli, gli incroci, le aree di servizio.
E’ di nuovo l'inizio...è già la fine.

martedì 13 novembre 2012

Satira censurata...brutta storia!

Una scrittrice italiana ha fatto un viaggio in Thailandia. Incuriosita e divertita da alcuni aspetti del mercato del sesso di quel paese ha avuto un'idea: creare un blog sulla sua cittadina, Camogli, puntando il dito contro autorità, esercenti e cittadini colpevoli di averla in un certo senso sedata, riducendo al minimo le attività, gli eventi, i luoghi e opportunità di incontro, inibendo in questo modo la vita sociale del centro, trasformato, a suo modo di vedere, in un deserto dal lunedì al venerdì.
L'autrice si è immaginata un'inverosimile operazione di rilancio del turismo locale, convertendo Camogli, la località ligure che diede il nome al famoso panino dell'Autogrill, in una fantasiosa città del sesso, come recita appunto il titolo del blog.

venerdì 9 novembre 2012

Fresco come una rosa - dintorni di Urumqi, Cina

Un tizio che si fa una ronfata in strada a Saigon
Ricordi dell'estate 2006

Ehi, guardate lì!
Gli altri si avvicinano al finestrino e osservano stupiti, in silenzio per qualche secondo. Poi, a poco a poco, il turbamento si fa spazio nel gruppo.
Ma è caduto! Forse è ferito, bisogna fermare il pullman e soccorrerlo!
Avrà avuto un malore!
Magari un incidente!
No, no, sta solo dormendo…
Ma come, dormendo? Per terra? Sulla strada? Non è possibile…
Guardate attentamente. La bicicletta e il carretto a rimorchio sono parcheggiati bene, lungo il ciglio della strada e anche l'uomo è steso sul terriccio a lato della carreggiata, parallelamente alla direzione di marcia. Inoltre ha messo qualcosa di morbido sotto la testa e ha cercato riparo all'ombra delle fronde. Dunque dorme. Certo, da noi non lo farebbe nessuno, ma qui, in questa strada di campagna nello Xinjiang, ha senso. Ti viene sonno, quindi dormi, dovunque ti trovi. Al netto di perbenismo e regolette ipocrite se ci pensate ha anche la sua logica. Magari non è sicurissimo, ma i cinesi sono un popolo tanto anarchico quanto ardito, e questo tipo di pericolo per loro è di scarsa rilevanza. 
Magari è sveglio dalle 4 di notte, un riposino non può fargli che bene. Fra un po' si sveglia, salta in sella e si rimette a pedalare verso casa. Fresco come una rosa.

lunedì 5 novembre 2012

La fine del mese - Pattaya, Thailandia

A volte le circostanze producono dei problemi. Nell'ambito di questi problemi nasce poi qualche detto particolare, che cattura, magari anche con un pizzico di ironia, uno scorcio di un'epoca. In Italia i tempi di crisi hanno generato l'espressione non arrivare a fine mese. Si tratta di una metafora, di un piccolo gioco di parole, infatti se tradotta letteralmente in inglese risulterebbe incomprensibile alla maggior parte dei madrelingua. In realtà a fine mese, tranne casi estremi, ci si arriva comunque. Quel che non ci arriva è l'ultimo stipendio percepito. Ma è davvero così?
Ho l'impressione che, casi limite, reali e tragici a parte, la maggior parte di chi la utilizza si stia dilettando con uno degli hobby preferiti dagli italiani: la drammatizzazione degli eventi.
Se è pur vero che con gli effetti della crisi e la crescita dei prezzi il potere d'acquisto di uno stipendio tende necessariamente a diminuire, va anche notato che in molti non si fanno comunque mancare l'abbonamento alla TV satellitare, il telefono touchscreen, l'automobile fighetta, lo scooter, l'aperitivo in piazza, la cenetta fuori, le scarpe carine, i jeans alla moda. Mettendo da parte qualche vezzo a fine mese probabilmente ci si arriverebbe senza bisogno di entrare in apnea.
R, un italiano venuto a trascorrere qualche mese in Thailandia, ha conosciuto T al banco della frutta presso il quale lavora. Hanno cominciato a frequentarsi, T lo va spesso a trovare al suo albergo ma anche a R è capitato di vedere dove vive lei. Un monolocale in un condominio, anzi sarebbe meglio dire un minilocale, visto che si tratta di un cubicolo di quattro metri per tre.