venerdì 15 aprile 2011

Troppo tardi - Kuala Lumpur, Malesia

An unattractive angle, by Arty Smokes (CC)
C'è un banco in fondo alla sala, un registro sopra il banco e un uomo all'altro lato. Un altro uomo sta pagando la stanza, gli ha consegnato il denaro e aspetta il resto. Quell'altro uomo sono io. I miei occhi scorrono sovrappensiero lungo la lista di nomi, nazionalità e numeri di passaporto segnati sul registro. E' curiosità solo in piccola parte, più che altro sto ammazzando il tempo. A un tratto ho l'impressione che l'uomo mi stia osservando e che stia cercando di attirare la mia attenzione per consegnarmi le banconote. Quando alzo lo sguardo mi accorgo però che mi sta fissando, con un'espressione severa dipinta sul volto.
"Non sei autorizzato a leggerlo!"
"Mi dispiace, non volevo...non sapevo che non fosse..."
"Se non è tuo, non è tuo, e non lo leggi."
"...ma è aperto, proprio davanti a me..."
"Sono informazioni riservate, per legge le possiamo far vedere soltanto alla polizia."
Mi ha zittito. Predo i soldi e me ne vado, turbato, ferito, senza essere stato in grado di esprimere ciò che sentivo, di fargli capire che non aveva il diritto di rimproverarmi in quel modo...ci vuole così poco per neutralizzare il mio sistema di autodifesa alle volte.
Questo successe nel 2003, in un piccolo hotel a Kuala Lumpur. Avrei potuto dimenticare l'incidente in un'ora, ma per qualche ragione - così come altri episodi dello stesso tipo - è rimasto incastrato da qualche parte sul fondo della mia mente. Di tanto in tanto mi ritrovo a pensarci, mentre tutte le parole che quel tizio arrogante meritava di sentirsi dire sgorgano dal mio cervello, ribattendo a qualsiasi sua risposta.
"Se non è tuo, non lo leggi!"
"E se lei non vuole che gli ospiti lo leggano, non lo lascia aperto sul bancone, girato verso di loro."
"Sono informazioni riservate, per legge le possiamo far vedere soltanto alla polizia."
"Allora quello che ha fatto è ancora più grave, visto che ha lasciato aperto sul banco un registro che LEI stesso avrebbe dovuto tenere nascosto."
E poi il tocco finale, quello più soddisfacente, quello che lo umilierà a tal punto da farmi provare quasi pena per lui, mentre il suo baffone folto e lucido starà tremando e lui spingerà le labbra all'infuori in un broncio infantile, incapace di dire anche solo un'altra parola.
"Le sembra che sia troppo duro con lei? Allora non doveva essere duro con me. Non le va che la faccia sentire in colpa? Allora non doveva fare sentire in colpa me. Non vuole che la gente la riprenda come un bambino e le manchi di rispetto? Allora non deve riprendere gli altri come fossero bambini e mancare loro di rispetto. Non credo ci sia bisogno di continuare, il trucco ormai lo ha capito, no?
Ma io ero risentito, e lui no, e dal momento che non fui in grado di dire nulla avrà pensato di avere ragione. E io ho odiato quella sensazione e ancora mi capita di pensarci a distanza di tanti anni. E non sono nemmeno sicuro che se succedesse di nuovo saperei finalmente cosa dire.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La sensazione che trasmetti è che oltre ad essere una persona molto sensibile, tu abbia anche una bella dose di empatia. Che in questo caso ha giocato a tuo sfavore, lasciandoti addosso una sensazione così sgradevole che dopo anni non te ne sei ancora liberato. Il poveretto doveva essere veramente una schifezza!
Ma lui è rimasto lì, con la sua immondizia mentale e tu invece sei andato avanti.

Mi piacciono i tuoi post.

Fabio ha detto...

Niki: conosco gente che lo avrebbe mandato a quel paese e poi avrebbe dimenticato la faccenda. Per certi versi li invidio. Ma io i rapporti con gli altri li vivo così. Il sistema emozionale è sempre acceso: se è stimolato dal rapporto col prossimo reagisce (nel bene o, come in questo caso, nel male), altrimenti mi annoio e preferisco stare da solo.
Grazie molte per il (generoso) commento, saluti.