venerdì 10 settembre 2010

La linea di demarcazione - Bangkok, Thailandia

Traffico di Bangkok-Pahonyothin Rd. in una notte di pioggia, di Fabio
Sono in autobus, in piedi, con una mano stretta attorno a un palo. Sono l'unico straniero a bordo, come sempre su questa linea. Le prime volte provavo un vago senso di imbarazzo. Ero conscio degli sguardi dei thailandesi puntati su di me, potevo quasi sentire i loro pensieri: "Ma che ci fa quel farang su questo mezzo? Perché non prende un taxi, o guida, o abita in centro?" È vero che spesso questo è ciò che qui pensano degli stranieri, ma di sicuro una leggera brezza di paranoia soffiava sui miei pensieri facendomi sentire più sguardi addosso di quelli che effettivamente mi venivano dedicati: la maggior parte dei passeggeri continuava infatti a sonnecchiare dopo una lunga giornata di lavoro, o a leggere, chiacchierare, ascoltare musica. Ora comunque i miei sensori hanno sviluppato un filtro per questo genere di sensazioni e non ci faccio quasi più caso.
Il semaforo è rosso, siamo in coda, in terza corsia. La mia fermata sta poco dopo l'incrocio ma io mi conosco bene e so che ora comincerò a fantasticare, a farmi trasportare e distrarre da una catena di pensieri, numerosi, arrugginiti e ammaccati come i suoi anelli, dimenticandomi di scendere. Mi avvicino alla porta e premo il pulsante in anticipo. La bigliettaia mi osserva e così fa anche qualcun altro, e questa volta non me lo sto immaginando. Vuoi vedere che...ma no, non può essere...poi l'autista preme un tasto e la porta si apre. Un diabolico, inaspettato esempio del principio di causa-effetto: io ho premuto il pulsante e lui ha aperto la porta. Proprio così, apposta per me. Era quello che temevo, anche se la mia mente non ha fatto in tempo a sviluppare un'immagine precisa. Normalmente uno suona il campanello per prenotare la fermata successiva, non per farsi aprire le porte seduta stante. Tra l'altro c'è scritto dappertutto che gli autobus possono raccogliere e depositare i passeggeri soltanto alle apposite fermate. Questo è un incrocio, trafficato e pericoloso. Ma io ho premuto il pulsante e il conducente ha aperto quella maledetta porta. Aspetto un secondo, magari qualcuno scende e mi cancella dalla scena come un omino in un fumetto in lavorazione. Com'era prevedibile nessuno si muove. Ora che faccio? Io scendo. Meglio che restare a bordo, abbozzare un sorriso scemo per far capire che non miravo a tanto e fare quindi la figura del babbeo. Un saltello, op-là, attenzione ai motorini e sono già sul marciapiedi, camuffato con un discreto velo di proposito e determinazione. Come a dire: "è esattamente quel che volevo fare!" 
Ora i thailandesi staranno pensando: "Ma guarda questo farang, come si destreggia bene, ha imparato a muoversi con disinvoltura tra le varie sfumature dei costumi locali." Così o con parole loro lasciamoglielo pensare. Non possono nemmeno sospettare quale sia il laido retroscena.
Vedi però, chi l'avrebbe mai detto, la linea di demarcazione tra una figuraccia da sfigato e un figurone da figo a volte può essere molto sottile!

4 commenti:

Enzo ha detto...

Eh si, ricordo bene la mia peggior figuraccia..Io e un amico passeggiavamo beatamente in centro quando, vediamo avvicinarsi due avvenenti ragazze..Io mi rivolgo a lui dicendo: " Guarda quella di destra che faccia da t.." Trenta secondi dopo quella con la faccia da t..mi stava stringendo la mano: era la sorella del mio amico. Poi, sono sprofondato nelle viscere della terra! Ciao Fabio..

Fabio ha detto...

haha...fantastica, ne ricordo una simile anch'io. In quel caso però la linea di demarcazione è abbastanza spessa!

Anonimo ha detto...

Ahah.. è sempre questione di punti di vista!

Fabio ha detto...

Certo Chiara...ma come vedi a volte possiamo influenzare il punto di vista dell'osservatore (o come nel caso dell'autobus finiamo per farlo involontariamente)