mercoledì 19 maggio 2010

Panico soffuso: coprifuoco a Bangkok - Thailandia

Guardando verso il centro da un ponte pedonale il cielo appare diviso da una curva netta: celeste sopra, grigio scuro sotto. È il fumo che sale dai siti che ardono: centri commerciali, banche, il palazzo della borsa, copertoni agli incroci, stazioni della metropolitana.
I duri della protesta non hanno accettato la resa, o forse, chissà, era già tutto organizzato. Piccoli gruppi di irriducibili si muovono agilmente, compiendo atti di vandalismo e lanciando bombe molotov. A causa degli impedimenti accumulatisi in quasi due mesi i mezzi dei pompieri non possono raggiungere gli incendi. Le fiamme divampano e si mangiano pezzi di città. Centri nevralgici, punti di riferimento, attività commerciali. Il governo era alle strette e ha imposto il coprifuoco: dalle 20:00 alle 6:00 si sta tutti in casa.
Alle cinque di sera, tre ore prima dell'ora X, esco incuriosito e faccio una passeggiata nei dintorni. Pahonyothin road di solito è piena come il budello di un cotechino, ma stasera il traffico sembra quello di Padova a ferragosto. I supermercati e i centri commerciali stanno già chiudendo. C'è un minimarket al distributore, è stato preso d'assalto: sullo scaffale della carne stanno due salsicce e qualche coscia di pollo: sembrano canotti rosacei nel mezzo di un pallido oceano. La coda alle casse arriva fino all'uscita, scatto due foto e me ne vado confuso. Arrivo a un 7eleven, sbircio, mi ci avventuro. I clienti percorrono le corsie in gran fretta, quando trovano un articolo che stavano cercando gettano spesso nel cesto l'intera scorta in offerta. Se non avessi ascoltato le notizie in inglese la fantasia che mi ronza in testa sarebbe un lecito dubbio: è un coprifuoco di dieci giorni, non di dieci ore!
Sulla via del ritorno la sensazione persiste. La gente non passeggia, non cerca, non compra: sono insetti che brulicano, strappano, trascinano. È una nevrosi di gruppo, sorta di panico soffuso.

Foto: scaffale della carne al Tesco Lotus Express, Ratchayothin-Bangkok, di Fabio.
Altre foto scattate da Fabio nella stessa area qui.
Foto del Central world in fiamme qui. E un video dell'incendio qui.

martedì 18 maggio 2010

Troppo semplice per essere vero - Bangkok, Thailandia

Ding daeng now on TwitpicDa giorni le camicie rosse ripetono: "Ritirate le truppe!"
E il governo risponde: "Prima disperdetevi voi!" 
Ma i disordini continuano, nuove barricate vengono erette, copertoni bruciano agli snodi principali, misteriosi cecchini sparano dalle finestre dei grattacieli, i soldati usano cartucce cariche, i manifestanti lanciano pietre, molotov e razzi artigianali, se non peggio. Di conseguenza il numero delle vittime sale, il centro città è bloccato, il trasporto pubblico interrotto, l'apertura delle scuole rinviata, il numero dei turisti in arrivo precipita, l'economia nazionale pure.
Dai governi dei paesi esteri e dalle organizzazione e istituzioni non governative arrivano le solite dichiarazioni futili e qualunquistiche.
La stampa internazionale fornisce un quadro confuso, incompleto, spesso apocalittico della situazione. E lo fa sempre con un certo ritardo. Come se non bastasse molte testate tendono a prendere posizione, sulla base di quale profonda conoscenza della situazione i loro commenti non lo lasciano intendere.
Ma dopo cinque giorni di scontri finalmente arrivano delle proposte sensate. Alcuni leader dei partiti minori della coalizione di governo hanno presentato una lista di azioni da intraprendere per avviare il paese verso una soluzione fattibile della crisi: le camicie rosse interrompano la protesta, il governo ritiri poi le forze armate e loro usciranno quindi dalla coalizione facendo cadere la maggioranza in parlamento. Il che significherebbe nuove elezioni.
Quasi contemporaneamente il portavoce del senato fa sapere che l'assemblea si offre per mediare. 
È evidente che in qualche modo bisogna arrivare a una cessazione delle manifestazioni, a un ritiro delle truppe e infine a nuove elezioni, in cui i partiti che appoggiano le camicie rosse si potrebbero giocare le proprie carte per una vittoria politica e non basata sulla forza e sul ricatto. E quelli di governo avrebbero l'occasione di sottoporre la loro gestione dell'emergenza al giudizio dell'elettorato.
Ma il governo sembra aver molto da perdere in questa storia. E pure molti dei leader dei manifestanti, finanziati sottobanco dall'ex premier in esilio. 
Riuscirà la ragione a prevalere sull'intransigenza che sembra essersi insinuata nella coscienza di una fetta così grande della popolazione? 
Sembrerebbe troppo semplice per essere vero.

Foto scattata a Din Daeng-Bangkok, di agnesdherbeys, da twitpic 

Altre ottime foto dei disordini qui

giovedì 13 maggio 2010

Una storia di successo - Vientiane, Laos

In un bar a Vientiane, sul lungofiume del Mekong, un turista coreano mi racconta una storia. "Hai mai visto i motorini o i camion Kolao?" Il nome mi suona ma è un ricordo confuso tra la nube di sottomarche e imitazioni cinesi. "Una decina di anni fa un coreano venne qui, si spremette le meningi e fiutò un'opportunità. Cominciò ad importare moto e veicoli dal suo paese. L'idea funzionò, accumulò un capitale, cambiò strategia e aprì una fabbrica." La Kolao nel frattempo è diventata una piccola Honda laotiana. L'imprenditore non era nessuno quando partì per quel viaggio, ora in Corea la sua è una storia di successo. Sembra un racconto di altri tempi, di corse all'oro, di dopoguerra. Ma in effetti il Laos dieci anni fa era proprio questo: uscito da mille conflitti...una terra di conquista.

Foto di una moto al Buddha Park - Vientiane, di Fabio

martedì 11 maggio 2010

Il tappo di cacao - Kuala Lumpur, Malesia

La fiumana di gente che scorre al KLCC si schiacciava tra un venditore di pretzels e uno di dessert. Gli illuminati gestori ci hanno ficcato un negozio di cioccolata e ora quel collo di bottiglia non esiste più: il suo posto è stato preso da un tappo di cacao...

Foto del complesso KLCC (dettaglio), di Fabio