giovedì 31 dicembre 2009

Una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata - Kuala Lumpur, Malesia

Col ristorante pakistano ormai alle spalle, uno thailandese che mi appare sulla destra e un hotel giapponese poco più in là, è come camminare su una cartina dell'Asia, da un angolo in basso verso nord-est. Un signore indiano esce dall'hotel, con la barba annodata, il panzone e il turbante, e io comincio a giocare un gioco solitario, con calcoli in background di derivate e integrali, uno studio delle funzioni che regolano le traiettorie, alla ricerca di un flesso, un punto di intersezione. La mente calcola involontariamente e il passo segue una curva ampia che cambia inclinazione in modo graduale. A sua insaputa l'indiano sta al gioco e risponde all'apertura con mosse calibrate che tengono la partita agganciata all'equilibrio, verso uno scontro in un punto che non muta, a cui ci avviciniamo inesorabilmente. A un metro di distanza la faccio finita e scarto a sinistra con passetti di danza. Lui si volta, mi fissa con gli occhi a palla, in uno sguardo ipnotico che mi fa sorridere, poi mi strappa dall'illusione di quel gioco tra me e me. "Sei una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata." Ho un po' di fretta e continuo a camminare. Mentre mi allontano le sue "r-r-r" masala continuano a raggiungermi come il fischio di un treno, modulato e distorto dall'effetto Doppler. "E lo sai per-r-r-rché?" "Certo, certo..." e detto questo giro l'angolo. 

Che avrei fatto se non lo avessi riconosciuto? Ma sapevo già tutto. Gli indovini sikh, gli impostori di Bangkok, li hai visti tante volte nelle aree turistiche. La filippina a cui hanno chiesto seimila baht. Affretto il passo sotto la cappa di mezzogiorno. Dal retro di un edificio ne spuntano altri due. Un generale del corpo d'armata del nord-ovest ha sguinzagliato le pattuglie del suo esercito mistico, a caccia di palmi e polli da spennare. Questi due mi fissano mentre mi camminano incontro. "Lo sai che sei una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata?" "Sì, sì, e come non lo so?" "E sai per-r-r-rché?" "Perché sono riuscito a non farmi fregare dal tuo collega. E stai pur certo che non mi fregherai nemmeno tu." Non so fino a che punto ho pronunciato la frase e da quale in poi l'ho soltanto pensata. Ma una cosa è sicura, dichiarata, esposta: sono una per-r-r-rsona molto for-r-r-rtunata.

Immagine "Indovino", di Daniel Fort, da AllPosters.com

martedì 29 dicembre 2009

Tsunami 2004: è soltanto la vita che funziona così - Phuket, Thailandia

Alla fine del 2004, dopo lo tsunami che colpì l'Asia, scrissi un lungo resoconto su ciò che vidi quei giorni. L'ho compresso di recente in un post di pochi paragrafi.

(Fine 2004)
Sveglia al naturale, è la mattina di Natale. Il corso a Kuala Lumpur riprenderà tra una settimana, compro un volo low-cost e atterro a Phuket. Ho un piano nebbioso che mi porterebbe a Koh Phi Phi, ma cambio idea all'aeroporto: è la stagione super-alta, l'isoletta-paradiso è costosissima e affollata. E questa si rivelerà una scelta fortunata. Alloggio a Phuket town, un po' lontano dalla costa, scelta fortunata numero due. Incontro degli amici ad una festa a Nai Harn, in una casa con piscina, non lontana dalla spiaggia. Verso mezzanotte partiamo per Patong, alla thailandese: in tre su un motorino. La serie di colline offre un film di cartoline: Kata e Karon sono falci scintillanti, sfiorate dalla marea, le palme e la luna. Siamo tra gli ultimi che le vedranno così.

In spiaggia è festa e gironzoliamo fino all'alba. Quando stiamo cercando un angolo di sabbia, dove sdraiarci e riposare all'ombra per un po', cullati dalla brezza e dal suono delle onde, il destino vola basso e ci afferra per il collo, ci mette sulla moto e ci riporta a casa.

Mi sveglio tardi ed entro in un cybercaffe. Quando sto per aprire il sito di un giornale, il telefonino vibra, squilla, prepotente. È mio padre che dall'altro capo del pianeta mi spiega cosa succede a pochi chilometri da qui. Incontro i miei amici e seguiamo i notiziari. Vorrei raggiungere la spiaggia ma mi dicono che è impossibile: non mi perdonerò mai per non averci provato. Vado al centro di soccorso, allestito in fretta al municipio. Ci tornerò spesso nei giorni che seguono. Faccio un po' da interprete e aiuto qualche vittima, parlo e ascolto, osservo e imparo.

Dicono che a Natale la gente si sente più buona, e che coincidenza: è proprio Natale, ma le feste non c'entrano con tutto ciò, la gente è buona a causa della tragedia, buona o cattiva, cattiva e buona. Qualsiasi sentimento ne esce amplificato. C'è una ragazza straniera che si muove tra le tende, urla e posa, piange e ride, ha captato un'opportunità che palpita nell'aria e non resiste alla tentazione di mettersi in mostra. Ma la maggior parte degli ospiti siede in cerchi, alcuni attorno ai bagagli ed altri attorno al nulla, silenziosi e pazienti, aspettano e riflettono. I thailandesi distribuiscono vestiario e cibo. Un bolognese vaga in costume e ciabatte, e questo è tutto quel che gli è rimasto: niente passaporto, contanti, occhiali. Mi chiede informazioni, poi mi sorride e ringrazia. Il dramma non cancella gli anni di bon ton. 

L'atmosfera di questi giorni ha un profilo surreale, è come un vecchio giradischi che accelera da 33 a 45 giri. Senti l'intensità e cerchi di assorbirla, ti riempie il petto e svuota il cervello. Riesco finalmente a contattare alcuni amici che da alcuni giorni cercavo di rintracciare. Un inglese è a Chiang Mai dove si è innamorato, non è mai salito sul treno per il sud. Un altro era a Koh Lanta, è stato colpito dalle onde ma se l'è cavata con qualche livido e dei tagli. Una ragazza thailandese lavora in un resort, di preciso non so come, ma è riuscita a salvarsi. 

Il mondo rallenta, io risalgo la Thailandia, arrivo a Bangkok e da lì volo a Kuala Lumpur. L'intensità cala e le sensazioni si attutiscono, più la situazione ritorna alla normalità più io mi sento vuoto, debole, confuso. 
Ma non c'è da preoccuparsi, non è nulla di strano: è soltanto la vita che funziona così.

PS pochi mesi più tardi peacereporter.net pubblicò anche un reportage che scrissi sugli effetti dello tsunami a Koh Phi Phi

Foto segnale di pericolo tsunami, Koh Phi Phi, di Sergio Pitamitz, da AllPosters,com

domenica 27 dicembre 2009

Sperimentare - Kuala Lumpur, Malesia

Il livello dell'inglese in Malesia è ottimo. Malese, cantonese, mandarino e tamil devono dare spesso la precedenza all'inglese. Ma c'è una tentazione a cui i malesiani non resistono: l'uso sfrenato di buffi formalismi. L'espressione "sperimentare" è una delle più abusate. Le specialità di un ristorante non si assaggiano né mangiano, si preferisce piuttosto sperimentarle. Un frullato non si beve, ma se ne prova l'esperienza. Stessa cosa per l'aria pulita in corriera, che non ci si può certo limitare a respirare. I malesiani sperimentano, sono degli empiristi: se Galileo fosse ancora vivo verrebbe da queste parti e lancerebbe i suoi pesi dalle torri Petronas.

Ritratto di Galileo Galilei, di Leoni (P.D.)

sabato 26 dicembre 2009

L'effetto di un gesto - Kuala Lumpur, Malesia

Percorro le viuzze, in salita e discesa, alla ricerca di un'ispirazione e di qualcosa da mangiare. Le trovo dietro un angolo: una zuppa di pan mee - fettuccine in brodo - in un ristorantino cinese. Un locale tipico, squallido, col pavimento sporco, di quelli che fra qualche anno non esisteranno più: perfetto per la zuppa, proprio quello che cercavo. Sarei potuto andare in un centro commerciale, qualche posto asettico, modulare, luminoso, tavoli e sedie di formica colorata. Niente frasi carine qui, pochi sorrisi, ma quel poco che raccatti è merce autentica: brilla di timidezza, di mezzi sguardi - roba con carati, umanità di zecca. Utilizzo le bacchette con mano sicura, sistemo con pazienza le tagliatelle sul cucchiaio, poi la carne macinata, le verdure, le acciughine. Finisco il brodo con cucchiaiate laterali, mi concentro sul succo, le spezie, i frammenti: è un vortice di gusto, odori forti, consistenza. All'uscita mi fermo sotto la tenda di plastica, il cielo di Kuala Lumpur è una spugna di piombo che gronda strati opachi di liquido tiepido. La signora mi chiede dove voglio andare, poi fa un cenno al ragazzino e questo mi chiama. Estrae un ombrellone da uno dei tavoli e attraversiamo la strada schivando auto e pozzanghere. Arrivo al centro commerciale eccitato e imbarazzato mentre un gruppetto di indiani ride divertito. Sento che un sorriso mi si aggrappa al volto: devo sembrare ridicolo dietro a quel film di gengive. È un sorriso da idiota, con effetto ostrica: si apre lentamente, divaricando le ganasce come uno strumento da dentista, inserito e avvitato. Sarà un sorriso da idiota ma non ci posso fare nulla: l'effetto di quel gesto durerà per un bel po'.

Foto "Singing butler" di Jack Vettriano, da AllPosters.com

venerdì 25 dicembre 2009

Natale tropicale atto III: distorsione festiva - Kuala Lumpur, Malesia

Non c'è la neve e quello ci può stare. Le musichette mielose le pari con le cuffie. Ma la distorsione festiva ha raggiunto il suo picco: c'è un'interferenza halloweeniana, un carnevalesco intruso. I malesiani sono in strada, con trombette e bombolette, tra scoppi di petardi e tentacoli di plastica. Loro si divertono, io sorrido o sghignazzo. San Francesco Saverio, gesuita esploratore - apostolo d'Asia - sussulta e apre gli occhi. Pensa “sogno o son morto?” e si rivolta nella tomba. “Se l'avessi saputo sarei rimasto in Navarra. Un monastero silenzioso, in cima ad un monte. Me lo sarei risparmiato quell'inferno d'oriente, in una spugna di monsoni, tra Goa e Macao.”

Foto "Battaglia di neve artificiale", Jalan Bukit Bintang - KL, di Fabio Pulito

mercoledì 23 dicembre 2009

Nostalgia per il presente

Avete mai provato nostalgia per il presente? Il nostalgico nato trascorre anni e anni galleggiando in pozze di malinconia termale, incollato al pavimento di anticamere mentali, in cui proietta a ripetizione brandelli di ricordi, ad ogni giro edulcorati, ovattati, romanzati, incapace di uscirne e di riprendere a vivere. Dopo anni di esercizio è diventato un asso, un esperto puntiglioso, all'occorrenza un baro. Sa riconoscere al volo la circostanza o le persone, quelle sfumature di atmosfera che innescheranno il sentimento. Così anticipa il dopo, comprimendo il processo, provando nostalgia per quel che sta avvenendo. La sensazione è addictive, uno stupefacente per l'anima, sono pere di momenti, sniffate di vita. Disintossicarsi è impossibile e le attese snervano, così questo tossico diventa proattivo. Riconoscere l'occasione non gli basta più, impara a cercarla, a pilotarla, a comporla. La vita di costui non è convenzionale, gli ruba il sonno, lo scombussola un po', ma è una pentola a pressione di emozioni e intensità. E lui non riuscirebbe a viverne un'altra.

Immagine "Violino con giradischi e nostalgia" di Martin Fox, da allposters.com

martedì 22 dicembre 2009

Senza fissa identità - Kuala Lumpur, Malesia

Changkat Bukit Bintang è una via secondaria appoggiata su un piano dolcemente inclinato. Sbuca dal quartiere degli hotel di lusso, tra saloni di massaggi e centri commerciali, per arrampicarsi su una scala di ristoranti e bar, verso il cucuzzolo di quella collinetta. È un'area dinamica, senza fissa identità, come un volto che ogni mese cambia occhi o naso. Sul marciapiedi i camerieri ti invitano a fermarti e se il locale ti piace è meglio che li segui: le attività da queste parti hanno la vita di un insetto, quel posto domani potrebbe non essere più lì.

Foto Bukit Bintang di Esther Lim (CC), da wikipedia.org

Città accogliente - Kuala Lumpur, Malesia

Bangkok, Vientiane, Hanoi e Pechino sono un po' come l'Europa, hanno stagioni fisse, con un inizio e una fine, una diversa dall'altra. Stagioni secche, torride, monsoniche, inverni. Ma Kuala Lumpur è un posto speciale. Per dividere l'anno in base al clima si è costretti a giocare con sfumature piovose. I nomi delle stagioni potrebbero suonare così: non-stop, acquazzoni, pioggerella, piovischio. La città è accogliente non soltanto coi turisti: dopo aver subito i monsoni che le spettano, riceve a ondate quelli delle altre, che svernano qui nei periodi di bassa.

Foto "Uomo che guida un rickshaw durante la stagione dei monsoni" di John Dominis, da allposters.com

giovedì 17 dicembre 2009

That's China - Kunming, Cina

Dopo giorni di ricerca abbiamo trovato casa. Tre stanze da letto, un salone enorme. Sta al quinto piano e non c'è l'ascensore ma la vista sul Green Lake è da ore di ipnosi. Non sappiamo chi ci abitasse, né da quanto sia vuota, ma i pavimenti e il mobilio sono in condizioni pietose. L'agenzia ci consiglia un'impresa di pulizie. Arrivano tre ometti, in giacchetta e mocassini, un paio di secchi, spugne, stracci. Li osserviamo ammutoliti e ognuno pensa in silenzio al mantra che continuiamo a sentire da giorni. Se qualcosa non quadra la spiegazione è...that's China...

Per un paio d'ore fanno finta di pulire: all'inizio puntualizziamo, poi lasciamo stare. Quando è l'ora di andarsene sembrano aver fretta, sorridono nervosi e rimbalzano giù dalle scale. Ci guardiamo e questa volta lo diciamo ad alta voce, la spiegazione dev'essere per forza...that's China! Giriamo su noi stessi e osserviamo il risultato. Beh, dai, non lo avranno pulito, ma almeno hanno grattato via il primo strato. 

Il giorno seguente apro un cassetto e rinvengo la borsa in cui tengo i contanti. Di tutto ciò che c'era nella casa è l'unico oggetto che hanno ripulito per bene. Non mi hanno lasciato nemmeno un renminbi.

Ma anche questa storia ha qualcosa da insegnare. L'espressione "That's China" non è una chiave universale e alla fine per certi aspetti tutto il mondo è paese.

Primavera 2006

Foto "Green Lake da una finestra", di Fabio Pulito

martedì 15 dicembre 2009

Uno zoo itinerante - Verso la Piana delle Giare, Laos

Il Songthaew (*) sfila parallelo al sentiero di Ho Chi Minh, sul lato occidentale, quello laotiano. Il sentiero non c'è più, forse non c'è mai stato: un percorso immaginario tra la giungla e il napalm. L'arrivo a Phonsavan ha un orario incerto. Al punto d'origine abbiamo atteso a lungo: se il mezzo non è pieno l'autista non parte. Lungo il tragitto ci fermiamo spesso, gente che sale, altra che scende, fermate per spuntini e capatine al bagno. Da qualche ora però l'assetto è stabile. Legato al predellino, come se fosse sulla brace, un maiale scuro ringhia e borbotta. Il pollame razzola tra le valige e i sacchi, mentre un animaletto sonnecchia in una gabbia di vimini. 

Tra i passeggeri alcuni dormono, altri sono in trance. Picchiamo su una buca e scendiamo sulla terra. Do un'occhiata alla gabbietta che ha lo sportello aperto. Il padrone se ne accorge, ci guarda dentro, comincia ad agitarsi e si butta al suolo. Infila la testa sotto le panchine, scosta le borse, alza i pulcini. L'animale corre lungo il bordo del camion e quando l'uomo lo blocca in un angolo, lui attende atterrito e poi gli morde una mano. L'uomo impreca, scatta, lo insegue. Alla fine riesce a riportarlo nella gabbia. Ridono tutti, poi ritornano offline. Un biondo hippy russa tra le mosche, un laotiano rutta mangiando uova nere, le galline starnazzano e il porco grugnisce. È quasi il tramonto, siamo in mezzo al nulla, con un ampio zigzag tra i crateri delle bombe scivola a lumaca uno zoo itinerante.

(*) Songthaew: versione asiatica di un autobus, camioncino con due panchine per accomodare i passeggeri.

Autunno 2001

Foto di Philipp L. Wesche (CC), da wikipedia.org

La grande signora - di William Stabile

Riporto qui una poesia di William Stabile, un amico, scrittore, poeta e viaggiatore. I versi di William sono rubini birmani, in questa miniera di spezie, giungla e sudore. È un onore averlo qui.

Durante un viaggio a Panama nel 2003, seduto su uno sgabello al bancone di un bar, William scrive le prime strofe su un pacchetto di sigarette. Brandelli dei suoi viaggi stanno sparsi in queste pagine. Cercateli.

La grande signora

"La poesia è l'unica prova concreta dell'esistenza dell'uomo", Luis Cardoza y Aragòn

Corteggi l'angolo assolato,
molto vicino al muro teso ad arco
della Plaza de Toros.
Al pomeriggio, la fascia di sole fa la strada bianca
che sfetta verso il mare.
Pietre, negli alveoli spugnosi di sapienza miliare
rimuginano sulle parole, lamentano caldo
e sudano storie: nel milleduecentonovantadue,
Sancho IV El Bravo ributtò indietro i Mori.
Non conosceva il damerino di Granada
sparato dai franquisti
che andava a spasso in campagna
con un agave come polipo pietrificato sulla testa.
Non sapeva che oggi, a Tarifa,
i ragazzi strizzano il vento dalle vele
e si aggrappano alle tette.
Ma, contro di te, fu già violenza,
Gran Signora.

lunedì 14 dicembre 2009

Una questione di forma - Bangkok, Thailandia

Sei in un bar all'aperto, sono le due di notte, la calura del giorno ha rilassato le ganasce: siedi con gli amici e vi fate quattro chiacchiere, una Singha grande è proprio quello che ci vuole. Il cameriere dissente, è già troppo tardi e quando stai per rifilargli la tua smorfia sconsolata, aggiunge però che puoi ordinarla in bottiglie piccole. Freni i muscoli del viso prima che sia troppo tardi e li risistemi in un sorriso di quelli standard, che potresti classificare con codici alfanumerici. Questo è il DX-7, bocca aperta ma non troppo, mani a mezz'aria con i palmi verso l'alto, significa: "chi se ne frega...vanno benissimo anche quelle!" Torna con le birre, e altrettanti bicchieri, tu sventagli la mano...quelli non ci servono. Lui versa e sorride, scuote il capo e versa, poi se ne va portando via i vuoti. Ma non l'hai ancora capito? C'è una legge sugli alcolici, non si può trasgredirla così sfacciatamente. È una questione di forma: la birra va bene, ma le bottiglie sul tavolo, quelle no!

Foto di Fabio Pulito

Italiani in Asia/2: la Cina va presa con filosofia

Ci sono altri italiani che vivono in Asia. Alcuni, come me, si guardano attorno, osservano attenti, tentano di capire, di estrapolare un senso, che può essere sociologico, culturale o storico, ma se non ci si raccapezzano anche soltanto ironico. I loro resoconti - ognuno col suo stile, carattere e taglio - sono una guida alternativa, una bibbia di momenti, un campionario di angoli e una galleria di volti. Mi ripropongo di segnalarli periodicamente.

Pubblico qui sotto il link ad un post del blog di un italiano che vive in Cina. Uno che secondo me ha capito esattamente come va compreso e poi raccontato quel paese: informandosi, leggendo, imparando la lingua, parlando con la gente e con tanta ironia. Senza di quella uno è spacciato, pronto per un volo diretto ovunque - purché parta dal terminal degli internazionali -, per il reparto psichiatrico o per una serie di guai. La Cina va presa con filosofia, aggiornando ogni sera l'almanacco degli aneddoti.
Altruismo, da "Itariajin"

©  Foto dallo stesso blog

venerdì 11 dicembre 2009

Natale tropicale atto II: Tradizione e moda - Bangkok, Thailandia

I centri commerciali hanno installato gli alberi. Plastica su acciaio, e un'idea di abete. A migliaia si aggirano in questi boschi fittizi: macchine compatte, reflex, treppiedi. Domani aprite Facebook e digitate "Bangkok". Centinaia di profili, pagine di foto: truppe di thailandesi, expat e turisti, sorridenti, pensierosi, o addirittura annoiati, in posa dinamica davanti ai coni di fuffa. 
Poco più in là però c'è un angolo intoccato, i santuari di Buddha e del dio Ganesh. I fedeli a strati accendono l'incenso, congiungono i palmi, meditano, pregano, dopo qualche minuto aprono gli occhi e se ne vanno. A pochi metri di distanza due rituali di massa. Sono sequenze ripetute, imitate, all'infinito. Ma non ci si può ingannare, una differenza li separa: la differenza che passa fra tradizione e moda.

Foto: famiglia con giocattoli davanti all'albero di Natale, Griffith & Griffith, Filadelfia, 1897.

giovedì 10 dicembre 2009

Da sfigato a figo - Bangkok, Thailandia

I dentisti thailandesi ci hanno visto dentro. Hanno convinto la gente che l'apparecchio è figo. Le ragazze lo sfoggiano come un accessorio alla moda, da abbinare agli orecchini o alle lenti colorate. Se la dentatura è complessa è uno strumento correttivo, altrimenti lo si porta per esaltare il sorriso. C'è pure chi ne ha comprato uno finto al mercato, ma le autorità si sono opposte per motivi di sicurezza. Ad ogni visita di controllo si può cambiare il colore, filo rosa, azzurro, verde, fucsia. Se alle ragazze vanitose aggiungiamo qualche gay, il bacino di clienti è davvero notevole. E i dentisti felici continuano a installare.

Foto di Jason Regan (CC attribution 2.0), da Wikipedia.

mercoledì 9 dicembre 2009

Natale tropicale atto I: Natale spaesato - Bangkok, Thailandia

È di nuovo inverno, dicembre, Natale. L'atmosfera ci avvolge con luci e festoni, le musichette di rito, la neve finta sui vetri. Ragazze in minigonna con cappelli di feltro distribuiscono i volantini di una nuova discoteca, mentre nel ristorante le note di White Christmas si intrecciano col soffio dell'aria climatizzata. Un Babbo Natale suona un campanaccio per attirare clienti in un supermercato. Si ferma un attimo, poggia la campana, alza la barba e si asciuga il sudore. Il Natale ai tropici sembra spaesato, confuso tra lingue e riti diversi; e tu fendi l'afa cercando l'ombra, tra turisti in ciabatte e occhiali da sole. 

Immagine: "Merry Old Santa Claus" di Thomas Nast, illustrazione dell'Harpers weekly, 1 gennaio 1881

lunedì 7 dicembre 2009

Un'indagine originale! - Bangkok, Thailandia

In seguito ad un picco di infezioni di HIV - specialmente tra la comunità dei maschi omosessuali - il governo thailandese ha deciso di lanciare una iniziativa coraggiosa e a dir poco originale. Parte dei 200 milioni di baht stanziati per la campagna anti-HIV saranno utilizzati per distribuire profilattici e...uno strumento per la misurazione della dimensione del pene, allo scopo di facilitare la scelta della taglia!

Il problema è serio e urgono soluzioni, ma evidentemente le buone idee non arrivano in massa...

Foto da "The Nation"

Italiani in Asia: certi momenti si raccontano così - Hong Kong

Ci sono altri italiani che vivono in Asia. Alcuni, come me, si guardano attorno, osservano attenti, tentano di capire, di estrapolare un senso, che può essere sociologico, culturale o storico, ma se non ci si raccapezzano anche soltanto ironico. I loro resoconti - ognuno col suo stile, sensibilità ai temi, carattere e taglio - sono una guida alternativa, una bibbia di momenti, un campionario di angoli e una galleria di volti. Mi ripropongo di segnalarli periodicamente. 

Riporto qui il link ad un post tratto dal blog di un dottorando italiano che vive a Hong Kong. Credo che in questo come in altri suoi pezzi abbia azzeccato la descrizione, il racconto o la trasmissione di alcuni stati d'animo di un occidentale in oriente. Lo leggo, sorrido, rifletto e sento. E in fin dei conti non è cosa da poco.
Esercizio di meditazione con rare beef noodles, da "Cuore, cervello e altre frattaglie"

Foto di tizi che meditano in mezzo al niente (CC) by Gurumustuk Singh

mercoledì 2 dicembre 2009

Come polli in batteria - Da Siem Reap al confine, Cambogia

(Primavera 2002) 
Dai, dai! Non c'è tempo da perdere, sarà un viaggio infinito, un giorno doppio, al solo pensarci mi viene l'ernia al disco. Mi devo sbrigare, senza cincischiare. La scaletta, seguila, l'hai preparata ieri notte, quando l'afa e le zanzare non ti facevano dormire. Ingolla il pancake, trangugia il te, paga la stamberga e rotola giù dalle scale. Il mototaxi, il motorino, dove sono i ragazzini? Ce n'era sempre un vespaio quando non mi servivano! Eccone uno che ha adocchiato il pollo, mi viene incontro per tirarmi il collo.

"Serve una moto? I templi di Angkor, Sir?" Ma quale Angkor, quali templi, sono arrivato a Siem Riep una settimana fa, li ho consumati più io che i secoli e la giungla..."All'incrocio principale, dove partono i pick-up." Mi guarda inespressivo come un sonnambulo o un koala. I koala sono dotati di sole due espressioni: la mastica-eucalipto e la deglutisci-eucalipto, in entrambi i casi sembra che il sonno li stronchi. Ma come diavolo si dirà incrocio principale? La padrona dell'albergo, lei mi può aiutare. "Signora, hei! Signora, quaggiù! Mi faccia un piacere, glielo spieghi in cambogiano." La signora fa uscire cinque schiocchi dalla gola, sembra quasi che spezzi dei rami con la bocca. Il koala-mototaxi assume l'altra espressione, il suo secondo modo di sembrare inebetito. Fa un cenno con la testa, abbassa il mento di un centimetro, vorrà dire sì ho capito? O ha deglutito l'eucalipto? Non ho tempo, mi butto, salgo in sella al motorino. Accelera, parte, e vai, ha capito! Arriviamo all'incrocio, so che è quello giusto, ci saranno perlomeno un centinaio di pick-up. Quale sarà il mio? Ma chi parla l'inglese? Questo non è certo un luogo per turisti, quelli se ne vanno col pulmino pseudo-comfort, io sono arrivato tardi, posti già esauriti. 

martedì 1 dicembre 2009

Pregando i robot - Bangkok, Thailandia

Percorro il marciapiedi e con la coda dell'occhio percepisco distrattamente la vita al bordo della strada. Parrucchiera, 7/11, bancarella, estetista. La sera thailandese mi scorre attorno, tra profumi, attività, confusione e gente. È il rumore di fondo, l'ambientazione a margine: mi sfiora gentilmente solleticando i sensi, stimolando piacere senza farsi notare.

Dietro una vetrina una signora prega, rilassata e immobile in un devoto wai. I palmi giunti, il capo chino, gli occhi chiusi ed un mantra in mente. Il mio sguardo scende verso il luogo sacro, aspettandosi di poggiarsi su una ghirlanda gialla, un tempio rosso-oro, statuette di Buddha. La sequenza delle mie mosse si svolge in background, non è un pensiero attivo ciò che la comanda, ma un riflesso, un istinto, una serie di immagini, già impresse nella memoria, che cercano conferme. Ogni oggetto, profumo, colore o suono, trova il suo posto in un armonia dimensionale. Se nulla stona la mia trance prosegue, il passo costante e lo sguardo mobile.

Ad un tratto rientro in possesso attivo dei miei sensi, è qualcosa che ho visto, che non mi aspettavo. Non mi sto sbagliando, non c'è alcun equivoco: la donna sta rivolta verso un angolo del negozio, davanti a lei c'è soltanto un tavolino e sopra il tavolino ciò che mi ha bloccato: sistemati con ordine, schierati in file e colonne, dei robot giocattolo di plastica colorata. Un plotone di Gundam o di mostri di Vega, ritti sull'attenti, di fronte alla donna che prega.

Quando credi ormai di esserti abituato, di essere in sintonia con ciò che ti sta attorno, di riuscire a dare un senso anche se non afferri l'essenza, ti ritrovi confuso in mezzo al marciapiedi ad osservare una signora che in devota preghiera si rivolge ad una truppa di eroi della tua infanzia. 

E hai la vaga sensazione di cominciare daccapo.

Foto di Fabio Pulito