sabato 28 novembre 2009

The survivors - Bangkok, Thailandia

Survivors. In inglese significa sopravvissuto, o chi sopravvive, sopravvivente. La scelta del nome la devo a qualcun altro ma sono anni che le noto, le osservo, le studio. Ho visto gente che campa nelle periferie cinesi, o che vegeta tra l'immondizia nelle strade dell'India, poveri in Cambogia, criminali in Brasile, ma la maggior parte delle survivors sopravvive in Thailandia. Vivono al limite, camminano con eleganza su una linea che scorre alta, tra lusso e povertà. Non hanno un lavoro ma fanno di tutto, sfuggono le categorie prendendo a prestito qua e là. Sono orgogliose e dignitose, hanno rispetto per se stesse, hanno una reputazione e non fanno cazzate. Tutto è calcolato, profitable, appropriato. Può capitare che estorcano denaro a qualche uomo, ma anche quando dormono con uno che non amano, la persona e il posto sono scelti con cura. Non puoi chiamarle puttane, non sarebbe giusto, non lo fai con le donne che fanno lo stesso in occidente. Aiutano un uomo d'affari a trovare clienti, o un agente a chiudere una trattativa difficile, danno una mano agli amici quando il lavoro è troppo. Le guardi affascinato, sembrano così forti, hanno un obiettivo e le idee sempre chiare. Sanno ciò che vogliono e come ottenerlo, si vestono con stile e quel loro sguardo...
Ma non devi dimenticare che sono solo ragazze, a volte si incasinano, fanno qualche sbaglio e tutto ad un tratto sono così fragili. Non devi sorprenderti se vengono a cercarti. Sanno leggere la gente e l'hanno fatto anche con te. Non vogliono il tuo denaro, non saresti il tipo giusto. Sono sicure, socievoli e il mondo ruota attorno a loro, ma a volte, nel loro intimo, si sentono sole e vogliono stringersi a uno come te. Mi hai sentito bene, ho detto uno come te.

Foto "Woman's curls" di Nishan, da Allposters.com

giovedì 26 novembre 2009

Si è arresa... - Bangkok, Thailand

"Quando ci stai provando può essere frustrante ma poi, all'improvviso, succede qualcosa..." Questo mi hanno detto quando ho deciso di conquistarla. Ed oggi infatti...è successo qualcosa. Non so come spiegare, non so se stia funzionando, ma sento che sto andando nella direzione giusta. 

È come se a sorpresa avesse ceduto alla mia corte cominciando a sentire che le piaccio un po'. Lei mi ha catturato fin dal primo momento. Certo, era una presenza po' ingombrante e mi faceva sentire goffo, ma ero affascinato. Lei, beh, non era reciproco. Anzi direi che persino mi odiava: mi affettava i polpastrelli, mi segava le gambe, picchiava contro le pareti e i mobili della casa, lanciando delle urla penetranti e fastidiose con il chiaro intento di mettermi contro i vicini. Ma alla fine si è arresa. Dopo giorni di lotta ha gettato la spugna e ha detto: "Va bene, io continuo ad umiliarti ma tu ogni volta ricominci. Non mi fraintendere, fai veramente schifo. E il modo in cui mi usi,se possibile, è anche peggio. Ma sei cocciuto e non posso fermarti, dammi la mano e vai pure avanti, non cercherò più di opporre resistenza".

La mano gliel'ho data, anzi gliene ho date due. Ora se la tocco non mi distrugge le dita e mi sento più a mio agio quando sto con lei. Io non mi arrendo e tiro avanti spedito, continuo a provare a suonare questa chitarra. Vi chiedo scusa se abitate a fianco.

Foto "Guitar girl", da Allposters.com

Il mio spirito custode - Bangkok, Thailandia

Una ragazza con cui uscivo, una mattina al risveglio, mi disse che nella mia stanza viveva un fantasma. Le era apparso in un sogno e indossava il tipico lenzuolo. Non era esattamente un'apparizione spaventosa: una versione asiatica dello spiritello Casper.

Le si è avvicinato, galleggiando a mezz'aria, e con fare cortese le ha chiesto chi era. Quando ha risposto che era soltanto un'amica lui ha annuito, le ha dato il benvenuto, l'ha invitata a tornare e poi è scomparso.

I thailandesi credono nei fantasmi e negli spiriti, ne sono spaventati e affascinati al tempo stesso, ne parlano spesso, ci fanno dei film. La cultura dei fantasmi è articolata e interessante.

Quando vai in un ristorante, un'abitazione, un ospedale ai confini del complesso noterai un piccolo santuario, un tempietto, una casetta in cima a un piedistallo. Sulla veranda della casa bibite gassate, frutta, riso, fiori e incenso. I thailandesi credono che degli spiriti custodi si aggirino nei dintorni della loro proprietà: se ne prendono cura, per rispetto e per timore.

Ho detto alla ragazza che ho parlato con lo spirito, spiegandogli che in effetti eravamo amici. Sorprendentemente non stavo scherzando: nel modo di uno che viene da lontano, con origini cristiane mischiate a socialismo, scetticismo razionale, materialismo storico, liberalismo, romanticismo, eccetera eccetera, senza la minima idea di come approcciare un fantasma, in colpevole segreto e fretta imbarazzata, avevo davvero parlato col fantasma! Lei mi ha ringraziato, senza occhiate di scherno.

Non credo ai fantasmi ma qualcuno mi ha detto che ce n'è uno che vive nel mio appartamento. Potrei sbagliarmi, magari esistono davvero: per questo forse metterò dell'acqua a fianco al letto.

Immagine "Amleto e il fantasma di suo padre" di J.H. Fussli, 1780-1785, da Wikipedia.org

mercoledì 25 novembre 2009

Quel secondo boccone - Bangkok, Thailand

Sei con un amico, è appena arrivato in Thailandia. Lo porti al ristorante e ordini Som Tam (*). Chiedi al cameriere di farla mai pet (**). Quando arriva la assaggi per primo perché vuoi dire al tuo amico se è piccante o no. Sembra saporita, così fresca e croccante. Aspetta! Non lo fare, non gli dire che "va bene", come se non conoscessi i probabili sviluppi. Attendi un po' e mangia un altro boccone. Le restanti fettine di papaya verde potrebbero essere state soggette a combustione spontanea. La salivazione precipita, il tuo volto è una rapa e la forchetta flotta tra il piatto e il tuo naso. Non pensare male, hanno capito cos'hai ordinato, il problema è che non hanno lavato il mortaio. E se questo è un autentico ristorante Isan (***), il cliente precedente ha chiesto trenta peperoni.

(*) Som tam (ส้มตำ): insalata di papaia acerba. Ne esistono molte varietà.
(**) Mai pet (ไม่เผ็ด): non piccante. Ciò che i thailandesi considerano "non piccante" potrebbe essere carbone ardente per un occidentale. Se stiamo parlando delle province nord-orientali potrebbe essere anche molto peggio. Se volete che il vostro cibo non sia piccante dovete ordinarlo mai pet lei (ไม่เผ็ดเลย), che significa "per niente piccate", oppure mai sai prik (ไม่ใส่พริก), che significa "non ci mettete peperoncino". Possono sembrarvi sfumature linguistiche, ma sono autentici gradienti di temperatura. 
(***) Isan (อีสาน): regione del nord est, culturalmente affine al Laos.

Foto di Fabio Pulito

Due libri - Bangkok, Thailandia

Di solito le mie letture le porto avanti in serie. Quando finisco un libro ne scelgo un altro. Ma questa volta, per motivi vari, ho cominciato due volumi e non riesco a metterne uno da parte. Le storie sono belle ma ciò che mi ha catturato è piuttosto il modo in cui sono scritte. Il problema ora è: come organizzarsi? Uno per la notte e uno per il giorno? A seconda dell'umore? A giorni alterni? La soluzione che ho adottato me l'hanno suggerita i libri stessi. In quanto a dimensioni, "Underworld" di Don De Lillo è grande il doppio di "Tropic of Capricorn". Quindi quando esco, per la metropolitana o il caffè, metto Henry Miller nella tasca della borsa. Quando sono a casa, dove l'ingombro non conta, mi siedo sul divano e leggo Delillo. 

Foto Henry Miller (GNU, CC), da wikipedia.org

lunedì 23 novembre 2009

L'ultimo legame - Bangkok, Thailandia

Ci sono delle notti in cui addormentarsi è un delitto. Magari è un libro che hai appena finito, oppure una serata, una relazione o un incontro. Hai la sensazione che col sonno e la chiusura del giorno se ne andrà il legame tra te e quell'esperienza. E l'ultima cosa che ti senti di fare è tagliare il vincolo utilizzando un sogno.

(Immagine: Le Rêve, Pablo Picasso. 1932)

Allacciamo quel casco! - Chiang Mai, Thailand

(Estate 2005)
È verde, accelero e mi infilo tra le auto. Passato l'incrocio noto qualcosa a sinistra: figure in movimento formano un mucchio fluido, da cui si stacca un poliziotto che sorridendo mi dà l'alt. Do un altro giro di polso ma in senso contrario, parcheggio il motorino e mi preparo alla scenetta.

L'agente pacioccone continua a sorridere, mi chiede la patente e poi indica il casco. Mentre penso che ha ragione osservo il traffico che scorre: una marea di motorini trasportano sacchi di granaglie, elettrodomestici, cani, gatti, polli, intere famiglie, inclusi nonni e marmocchi, con le chiome corvine che turbinano al vento. Hanno tutti un casco, ben assicurato al manubrio, oppure ad un gancetto che sta sotto la sella.

Sorrido pure io mentre annuendo l'ascolto: "Devi andare in stazione e pagare cinquecento baht, ci porti la ricevuta e ti ridiamo il mezzo". Dovrei prendere un taxi per andare a pagare, poi prenderne un altro per tornare al posto di blocco. "Devo restituire la moto al negozio del noleggio, non ho molto tempo, potrei pagare qui?". Il poliziotto ridacchia, fa il finto imbarazzato e dopo cinque secondi mi chiede duecento baht. "Facciamo cento e non ne parliamo più?" Ride di nuovo, si guarda attorno, intasca la banconota e mi fa pure un predicozzo: "La prossima volta, allacciamo quel casco!"

Foto di Fabio Pulito

mercoledì 18 novembre 2009

Speculazioni di una notte troppo lunga - Bangkok, Thailandia

Cambia posizione per la centesima volta. La testa sprofonda di nuovo nel cuscino ma un occhio fissa sempre quella chitarra nell'angolo. Ha letto, ha scritto, ha navigato e suonato. Un triathlon tra pagine, schermate e accordi. Poi ha messo via tutto: si è lavato i denti, ha fatto le flessioni e si è infilato a letto. Con le guance tese ha letto l'ultimo capitolo, poi pensando che fosse tutta colpa degli ormoni ha preso le salviette e ha fatto un altro esercizio. Ma è ancora lì, con gli occhi strabuzzati, solo una parte del suo corpo si è finalmente addormentata.
La chitarra lo chiama e lui non risponde, ma è come cercare di dormire in un'acciaieria. Poggia il libro e afferra lo strumento. Accende il portatile e trova gli esercizi, prova due o tre accordi ma senza suonarli. Poi guarda l'orologio: ormai è mattina, l'obbligo del silenzio non vige più. La chiamano insonnia, ma lui è solo sfasato: quando gli altri sgambettano si addormenterà. E mentre i pensieri si scontrano tra i lobi trova il primo accordo di How do you sleep di John Lennon.

(Immagine "L'Insonnia, Tacuinum sanitatis casanatensis", XIV secolo, da wikipedia.org)

La valvola di sfogo, violenza thailandese - Bangkok, Thailandia

Dal tavolo accanto arrivano suoni familiari. Mi eclisso, origlio, non mi sbagliavo: i due ragazzi si rivolgono alle ragazze in inglese, ma tra loro usano l'italiano e...il dialetto veneto! Farciscono le battute con bestemmie e oscenità e più di qualche volta offendono i clienti.

C'è molta confusione e non ho intuito se alcuni dei commenti erano diretti a noi. Per evitare malintesi scherzo in italiano. Uno dei due mi guarda inebetito e all'inizio ho l'impressione che non abbia capito. Poi però reagisce e comincia a parlarmi, ma è ubriaco fradicio e si mangia le parole. Tra un singhiozzo e un'eresia metto assieme il puzzle: è convinto che non essendo veneto io non possa intendere le sfumature culturali della loro conversazione. Per dimostrare che si sbaglia gli parlo in dialetto. Gli ci vuole un po' per realizzare ma quando lo fa mi guarda stupito, poi si alza in piedi, mi stringe la mano, mi fa i complimenti e mi allunga un bicchiere. 

domenica 15 novembre 2009

Pasticcio diplomatico - Bangkok, Thailandia

Sembrava che le acque si fossero calmate. Che i disordini di Bangkok scoppiati alcuni mesi fa fossero soltanto un brutto ricordo. E invece la disputa tra thailandesi e cambogiani sul tempio conteso di Preah Vihear, problema fino ad ora totalmente distinto, ha finito a sorpresa per ravvivare le polemiche. Attraverso l'Interpol la Thailandia ha emesso un mandato di cattura nei confronti dell'ex premier Thaksin Shinawatra. E quale è stata la contromossa di quest'ultimo? Si è fatto nominare consigliere per l'economia del governo cambogiano presieduto da Hun Sen.

A peggiorare il clima è spuntata un'intervista pubblicata di recente dal quotidiano "The Times". Secondo molti in Thailandia l'articolo conterrebbe frasi offensive nei confronti della monarchia. Thaksin sostiene che le sue dichiarazioni sono state distorte e respinge le accuse. Ora sia Thaksin che il governo thailandese chiedono spiegazioni alla redazione del quotidiano.

venerdì 13 novembre 2009

Malesia: una società complessa - Kuala Lumpur, Malesia

Dai miei polpastrelli sale ancora al naso l'aroma speziato del cibo Tamil. Sulla via del ritorno passeggiamo sulla strada: il marciapiedi è ricoperto dai tappeti dei musulmani accorsi alla moschea per la preghiera del venerdì. Prima di arrivare al centro di formazione attraversiamo il piazzale della Bank of China. La Malesia è tutto questo: un paese complesso, figlio di coloni, immigrati e mercanti. Basta una passeggiata di pochi minuti per attraversare India, Indonesia e Cina: comunità che vivono senza integrarsi, saldamente aggrappate ai propri costumi.

Foto di Fabio Pulito

giovedì 12 novembre 2009

Viagra precoce - Bangkok, Thailandia

Afferra il pacchetto, estrae cinque sigarette, ne distribuisce quattro e una se l'accende. Poi alza il bicchiere, ma qualcosa non va, ci dà un'occhiata e vede i resti del giaccio. Si concentra sulle bottiglie e si prepara un altro drink. Ride, scherza, beve, fuma. Adocchia una ragazza con cui ci proverà. Il ragazzo europeo è a Bangkok per uno stage. Ma i due mesi di tirocinio più che nella finanza, lo hanno gettato nel pantano delle notti decadenti.

Nei giorni feriali fa fuori litri di birra, mentre il fine settimana son bottiglie di whisky. Si riduce a uno straccio, dimentica che sta facendo, telefona a caso e cammina barcollando. Ma se incontra una ragazza e capisce che ci sta, non si tira indietro e si aggrappa al Viagra. Bello, alto, tirocinio all'estero: proviene da una delle regioni più ricche del mondo e un domani potrebbe essere una persona di successo. Ma si sbronza ogni giorno e usa già il Viagra. 
Ha ventiquattro anni, che farà da vecchio? Comunque vada sarà in buona compagnia: ne ho già incontrati tanti di tipi come lui.

mercoledì 11 novembre 2009

La spolverata di pepe - Bangkok, Thailandia

Al ristorante italiano, da qualche parte all'estero.

Il cameriere arriva con i piatti che ho ordinato. Mi preparo alla sfida puntando la forchetta, quando lo vedo tornare con un arnese di legno. "Some pepper, Sir?" Osservo attentamente quell'oggetto scuro: quello che all'inizio mi era sembrato un palo, era in realtà un macinapepe lungo mezzo metro! Non ho fatto in tempo a rifiutare l'offerta: osservo il cameriere che ruota con ardore mentre una coltre speziata cala sul mio piatto. Alla fine il pepe mi piace abbastanza, non mi faccio problemi e inforco la pasta.

La spolverata di pepe è come il garlic bread: qualcuno ha detto in giro che per gli italiani è un must. Osservo il cameriere che si aggira con l'attrezzo. Lo brandisce con una mano pressapoco al centro, mentre con l'altra all'estremità sta pronto a ruotare. Offre ad ogni commensale due o tre giri di pomello.

Raggiunge il tavolo di un signore romano, che ascolta l'offerta e poi scuote la testa. Quando il cameriere è lontano lui dà sfogo al suo orgoglio: "Ab-bello, che stai a fa'? Ma porta via quer pepe: sui bucatini all'amatriciana ce se gratta er PE-CO-RI-NO!"

martedì 10 novembre 2009

Milioni! - Kuala Lumpur, Malesia

Sono già alcuni giorni che ho lasciato Kuala Lumpur, ma c'è una frase di Vijay che mi ronza ancora in testa: “Questi malesiani  parlano sempre di milioni. Prendi diecimila e li investi in quel progetto: in un battibaleno hai fatto i milioni. Milioni di ringgit, milioni di dollari. Ma se non guadagnano nemmeno i primi centomila!”

Foto di Fabio Pulito

domenica 8 novembre 2009

Una scena pietosa al banco degli insetti - Bangkok, Thailandia

Passeggio in una strada affollata di turisti. Un crocchio si accalca attorno ad un banchetto. Mi avvicino per vedere di cosa si tratta: sono i soliti gruppetti di nuovi arrivati che fissano sbalorditi degli insetti fritti. Su vassoi separati, impigliati per le zampe, ci sono grilli e cavallette, oltre a scorpioni e larve. Dei giovani cinesi assaggiano un grasshopper: lo reggono per una zampa come se fosse incandescente e lo masticano timorosi, un millimetro alla volta.

All'altro lato del banchetto ci sono degli occidentali. Un ragazzo palestrato si infila in bocca uno scorpione, mentre delle amiche eccitate gli scattano una foto. Con delle smorfie fa capire che lo spuntino gli fa schifo, ma lo fa a brandelli come se fosse un tacchino. Azzanna una chela, la mastica in fretta, poi la manda giù mentre pompa i pettorali. All'inizio l'ambulante sorride divertito, ma l'armonia della scenetta si è quasi esaurita.

I ragazzi occidentali sono ubriachi fradici. Un biondo sconvolto infila la mano nel banchetto, afferra dei grilli e li spinge in bocca al nerboruto. Lui ne mangia uno e poi chiude le labbra ma il biondo non si arrende e gli schiaccia gli altri in faccia. Poi apre il palmo e fa una smorfia di disgusto mentre osserva la poltiglia di zampe, ali e corazze. Quindi senza pensarci li rimette nel vassoio. Il thailandese a questo punto è molto infastidito ma non osa rivolgersi ai turisti occidentali. Li osserva imbarazzato e poi accenna un sorriso che non ha nulla a che fare con il divertimento.

giovedì 5 novembre 2009

In moschea - Kuala Lumpur, Malesia

Ho visitato i Lake Gardens e il Butterfly park. Ho camminato tutto il pomeriggio, sotto il fardello dell'afa. Al ritorno mi fermo alla Moschea Nazionale, un edificio ultra-moderno dalle linee inusuali. Alcuni anni fa un turista arabo mi sorprese e divertì con un suo commento: “Pur essendo un luogo di culto mi ricorda vagamente una centrale nucleare”

Mi tolgo le scarpe, mi avvio al banco di controllo, indosso una tunica che mi copre fino ai piedi e poi salgo gli scalini che mi portano all'interno. L'ingresso alla sala centrale è riservato ai musulmani ed io mi fermo sull'uscio per scattare delle foto.

Mi raggiunge un elegante signore Malay. Indossa un abito tipico, in tessuto leggero. Lo zucchetto bianco che gli cinge la fronte ne esalta la tonalità calda e scura della pelle. Quando viene a sapere che sono italiano il volto gli si schiude in un sorriso solare. Mi comincia a raccontare di un suo viaggio in Europa. Ricorda di aver attraversato il confine a Trieste e di aver percorso a tappe la costa croata. Di aver poi viaggiato da Dubrovnik a Corfù per imbarcarsi infine in un traghetto per Brindisi.

lunedì 2 novembre 2009

Garlic...what? Garlic bread! - Kuala Lumpur, Malesia

Chissà chi ha messo in giro la voce che il garlic bread è un piatto tipico della cucina italiana. Nei menu dei ristoranti nostrani all'estero, camuffato da antipasto tra bruschette e insalate, l'intruso è sempre lì, come un uovo di cuculo.

Il pane non si serve e questo impostore, che spesso purtroppo ne è l'unico surrogato, è disponibile soltanto tra le portate à la carte.

Ma le voci calunniose colpiscono un po' ovunque
e ogni cultura culinaria ha le sue leggende metropolitane. Chi glielo va a spiegare ai cinesi, per fare un esempio, che il loro dessert più famoso in Italia è il gelato fritto?

(Foto di OMGsplosion, wikipedia.org)

domenica 1 novembre 2009

La membrana semipermeabile - Kuala Lumpur, Malesia

C'è una teoria che ho elaborato un po' di tempo fa: l'atteggiamento della membrana semipermeabile. Per effettuare esperimenti e raccogliere dati non c'è bisogno di imbarcarsi per le isole Galapagos, basta aprire le orecchie quando sediamo al ristorante o togliersi le cuffie se viaggiamo in treno.

In un senso la membrana lascia uscire di tutto: opinioni, punti di vista, convinzioni, attacchi al veleno, dogmi, volgarità, grida e insulti. Nell'altro senso invece non fa entrare nulla.
Persone per cui il confronto non ha alcun valore: esiste solo il conflitto, lo scontro verbale attraverso cui scaricare sull'interlocutore non certo un'idea o una visione da discutere bensì frustrazioni, complessi e delusioni.

Che colpa ne ha quell'altro? Nessuna, ovviamente, se non quella di essere fatto della medesima pasta.

L'atteggiamento della membrana semipermeabile è una patologia che scavalca barriere di ogni tipo, che non conosce differenze di partito o di credo
. Si diffonde combinando la velocità di un virus mutato, la presenza sul territorio delle lattine di Coca Cola e l'appeal dell'ultimo prodotto lanciato dalla Apple .

Un fenomeno di una forza talmente dirompente che è forse inutile illudersi di poterlo contrastare.


(Immagine da wikipedia.org)