sabato 1 aprile 2006

L'uomo invaso - di William Stabile

Il Diverso sta scomparendo.
Questo é il grande pericolo.
V. Segalen

Erano quasi le otto e i pendolari del mattino aspettavano sulla banchina quando scivoló lungo i binari della stazione con quella lenta eleganza della mano di una donna che infila un guanto di raso; ma non era una mano di una donna né un guanto di raso e non aveva eleganza, il treno, quando si arrestó e le porte scorrevoli si aprirono e il ragazzo sali´.

Egli occupó con distrazione lo spazio sul sedile, tiró fuori dallo zaino il suo romanzo, lo apri´ dove aveva fatto l’orecchia la sera prima, accostó le dita alla bocca, e la pagina stampata se ne stette li´ a reclamare un’attenzione che non arrivó mai perché le unghie furono piú importanti.

Il ragazzo non lesse che alcune righe, ma in compenso mangió -con il gusto disperato di un’insetto che muove le zampine in modo meccanico e nevrotico- abbastanza unghie: almeno quelle che gl’erano rimaste.

E mentre mangiava, e con gusto mangiava, il telefono cellulare che gli gonfiava la tasca interna della giacca squilló, attirando la sua attenzione e, a questo richiamo tribale, lui rispose.

Dopo aver scambiato alcune frasi veloci con la sola voce, distante, all’altro capo, s’infiló nelle orecchie le cuffie dell’ IPod, e le infiló come la freccia che vibra quando centra il bersaglio: concentrando tutte le sue forze per non perdere la minima nota di suono.

Dopo due fermate era sceso dalla carrozza di pendolari del mattino e non era riuscito a leggere una pagina del suo libro.

Iniziava la sua giornata di lavoro...
 
Tormentarsi e farsi tormentare.

E’ l’uomo d’oggi: l’Uomo Invaso.

Questo sembra essere il destino; un destino comune alla maggior parte di noi che viviamo in cittá simili ad alveari, dove gli indici economici sono legati esclusivamente ai livelli di consumo.

Non si pretende di piú da se stessi, non si chiede di piú dalla vita.

Ci si accontenta di quello che si ha e ci danno, nello svolgimento di una vita cadenzata dai tempi del prossimo acquisto, consapevoli, a stento, della circolazione del proprio sangue.

Non si vola piú alto. Non si vanno a scoprire sentieri diversi. Non si gira l’angolo e non si gira il tavolo.

Dov’é finito il coraggio?

C’é ancora qualcuno tra noi che impugna il testimone della ribellione?

§

Il viaggio in treno potrebbe essere ancora un momento di passaggio e di calma riflessione -se non si sale per farli saltare come hanno fatto qui a Londra-, invece, sui treni, possiamo vedere le azioni e i comportamenti simili di soggetti diversi.

Non vuole essere la solita critica al capitalismo e alla societá di massa.

Anche questa puzza come un vecchio cappotto nell’armadio di naftalina.

Qui, é l’uomo stesso che é in gioco!

E’ il fallimento umano.

Il fallimento di uno stile di vita che l’uomo ha creato; della societá vista e intesa in senso corporate (corporativo), delle multinazionali o anche, senza voler approfondire l’argomento, della vita d’ufficio.

Perché tutti noi ne siamo artefici -spesso involontari-, e ne siamo pure consapevoli: non c’é lavoro o compagnia che ci possa dare la felicitá. Non c’é acquisto alcuno che tenga di fronte al desiderio dell’uomo di ricercarsi e di scoprire un senso.

Se in passato, il libro cercato, desiderato, acquistato, preso in prestito, regalato e letto, é sempre stato un simbolo di ´´ricerca´´ e allo stesso tempo uno strumento di conoscenza del sé, oggi, anche questo valore é sminuito e svuotato di significato.

È necessario acquistare libri il cui valore dura il tempo di una fermata? Non ci sono, forse, troppi cattivi libri e tanta scarsa comunicazione?

Si esce dal lavoro e ci si getta nel treno e sul libro alla ricerca di ´´un qualcosa...´´, e, come scrive Nicanor Parra: in una realidad que tiende a desaparecer. Vogliamo fare una riflessione, qui, sui mondi parelleli, inesistenti e virtuali della Playstation.

E´ perché la nostra realtá non ci piace, o ci fa paura?

L’acquisto e il possesso del libro é diventato manicale come l’acquisto e il possesso di un qualsiasi altro oggetto d’uso comune.

E´ forse vero, allora, che bisogna averlo tra le mani per colmare il grande vuoto interno?

Ecco come tutto viene passato e, effettivamente percepito, come interessante, culturale o educativo.

E spesso, ritenendo di fare una scelta libera e consapevole, si cade in una scelta determinata da altri.

Siamo noi gli uomini che si muovono nelle nostre cittá, quelli che vediamo tutti i giorni, i soli uomini possibili?

Ci riconosciamo nelle azioni e nell’immagine dell’uomo d’oggi?

Una corsa verso un treno, cellulare alla mano, una cuffia nelle orecchie, un libro solamente sfogliato, e forse..., tanto vuoto e tanta paura.

Cosi sono passati i tempi di quando per poter colpire al cuore si regalava un libro a cui si attribuiva un preciso valore.

´´Le parole che non posso dirti sono qui, impresse nero su bianco su queste pagine, ti comprendo, sai! siamo vicini ed accomunati, e questo é il patto che ci lega...queste pagine´´.

Chi lo riceveva era tuo.

Sono passati i tempi in cui ci si emozionava quando si voltava la pagina della copertina, e la rosa elegante e sinuosa della Mondadori appariva ai nostri occhi, e tra le spine, il motto: IN SU LA CIMA. 

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