lunedì 21 febbraio 2005

Guaio! - Singapore

Passeggio in Orchard Road, i piedi quasi li trascino. Le passeggiate pomeridiane a cavallo dell’equatore ti succhiano l’energia. E’ l’ora del tramonto e finalmente si respira. Lo sguardo si posa distratto sui soliti particolari.
Adolescenti malay che ruttano l’ennesima birra alla salute di Allah, le prime squillo che scendono dai taxi e salgono ticchettando gli scalini dell’Orchard Tower. Turisti col collo madido che scattano foto a chissà cosa, e giovani alla moda che sorseggiano frappè.
All’improvviso con la coda dell’occhio individuo qualcosa. Anzi qualcuno. Sta lì, sul bordo del marciapiede. Non si muove ma è come se lo facesse. Sta in una posa dinamica. E’ come se un fremito le percorresse il corpo. Un movimento invisibile, che soltanto l’intuito riesce a percepire. Ha appena mosso un passo? O lo sta per muovere? Sarà per quei capelli ondulati, così rari nelle ragazze asiatiche.
Dove l’ho già vista? Anche lei sta pensando la stessa cosa.
Mi ha puntato gli occhi addosso, e con una smorfia mi chiede: dove ti ho già visto?
Ma dura solo un attimo. Non mi sono nemmeno fermato, con malcelata indifferenza punto lo sguardo di fronte a me, e proseguo con aria decisa verso il mio nulla da fare.
Sarebbe bastato dirglielo, invece di ricacciarmi le parole in gola. “Dove ti ho già vista?”.
Cosa mi ha fermato? Un pensiero lampo, di una parola soltanto: guaio!
Non ho ancora capito chi sia, se e dove l’ho già vista, ma quel pensiero è quasi una certezza: tieniti alla larga da quella ragazza.
La curiosità mi sta divorando, devo sedermi su quella panchina e pensare. Chi è? Chi sei? Perché quella parola?
Scorro la lista degli ultimi posti in cui sono stato. Kuala Lumpur? No, il viso mi dice Thailandia. Phuket? In mezzo al trambusto dello tsunami quel volto non compare. Hua Hin? No. Bangkok? No. Torno ad inizio lista, Kuala Lumpur?
Ma sì! E avevo ragione: è thailandese. Alloggiavamo nello stesso residence. Lei con la figlioletta e il marito. Il marito. Un altro pensiero. Ancora una parola soltanto. Cornuto! E ancora: guaio. Ora mi è tutto chiaro. La vedevo quasi tutte le sere al caffè del residence. Una di quelle catene americane, con prodotti italiani e prezzi giapponesi. Io abbassavo gli occhi sul mio libro o sugli appunti, ma non resistevo a lungo.
Quando alzavo la testa sapevo che mi bastava aspettare un attimo, e lei si sarebbe voltata verso di me.
Ha la capacità di guardarti come se al mondo ci fossi solo tu. Come se lei fosse la ragazzina di prima media e tu il ragazzo di terza di cui si è presa una cotta. Ma soprattutto, lo fa come se fosse la cosa più pulita del mondo. Come se quell’uomo che le sta seduto accanto fosse solo un conoscente, come se non fosse il padre della bimba, suo marito.
Anche allora, sarebbe bastato aggiungere qualcos’altro a quei Hi! scambiati al volo quando la incrociavo nella hall. Il suo sorriso non chiedeva, piuttosto autorizzava. Anche allora mi fermava quel pensiero. Guaio! Quando l’ho vista poco fa, c’è arrivato prima l’intuito della logica.
Interessante scoprire i meccanismi della mente, quelli che funzionano quando non ce ne accorgiamo. L’intuito, le decisioni prese praticamente senza pensarci. Ne parlava Gabriele Romagnoli su Repubblica, citando un saggio di uno studioso americano. ‘Blink’.
Qualche giorno fa sfogliavo il libro tra gli scaffali di Borders. Books, music, movies and coffees. Per fare il verso all’Esselunga: Supermecato o libreria?
Lessi l’introduzione e lo catalogai tra i libri di cui ho pensato: “Bello l’inizio! Interessante...non lo compro...”.
Tutto in sincerità, senza ironia: bello, interessante, non lo compro. Non ho dovuto nemmeno rifletterci, ho utilizzato il concetto chiave del saggio, per decidere di non comprarlo. Ho la sensazione che Romagnoli, in quella pagina scarsa, abbia catturato l’essenza del libro.
Sono uscito da Borders con una copia di ‘Sudden Fiction: American Short-Short stories’. Una raccolta di racconti brevissimi, un genere che esiste da molto tempo - c’è ‘A very short story’ di Hemingway, pubblicato nel ’25 - a cui non hanno ancora dato un nome. Sudden, short-short. Qualcosa a che fare con Blink in fondo ce l’ha.
Mi rialzo dalla panchina, do un’occhiata indietro. Non la scorgo, ovviamente.
Resta una domanda. Come al solito, resta sempre una domanda.
Guaio! Cosa sarebbe successo senza quel Blink?

lunedì 14 febbraio 2005

L'imperatore, il pirata e l'avvocato - Kuala Lumpur, Malesia

Le torri Petronas allungano le loro ombre sulla città che si rinfresca. Non sono ombre qualsiasi, nessuna città al mondo ne può vantare di più lunghe.
La lezione è terminata. Attraverso la parete a vetri ci godiamo una panoramica di lusso della skyline del Golden Triangle, la punta di diamante della Kuala Lumpur che cresce, forse a dismisura.
Il riflesso del tramonto alle sue spalle cancella i lineamenti dal suo volto, e il profilo della sua testa sembra la cima di un nuovo, stravagante edificio. L’ex-avvocato inglese accavalla le gambe e aspetta la mia risposta.
E' di origine pachistana, giovane e, a detta di varie donne, molto bello.
"Quindi riesci a giustificare un massacro di innocenti, perché appoggi la causa finale." Non si scompone.
"Lasciami spiegare con un aneddoto.
"Il condottiero più forte del mondo, il dominatore dell’universo conosciuto, sta cavalcando il suo destriero in compagnia dei suoi generali più valorosi. Nelle vicinanze di una spiaggia incontrano il pirata più temuto dell’impero.
- Come osi, pirata, saccheggiare i porti del mio impero e seminare terrore tra i miei sudditi?
- Lo dici tu a me, imperatore, tu che saccheggi tutto il mondo e terrorizzi popoli interi?"
Ha terminato. Quel colto avvocato dal volto immacolato mi sorride compiaciuto, mentre io, senza rispondere, resto lì insoddisfatto, interdetto, e pure un po' incazzato.
Qualcosa non quadra, qualcosa mi sfugge. Ho quell’impressione che si ha quando c’è nell’aria un fetore che ci è familiare, ma di cui non riusciamo ad identificare l’origine. Sono sicuro che ha torto ma non riesco ancora a spiegare il perché Ho l’impressione che lui sappia il perché senza però essere convinto di aver torto.
Poco più tardi scopro di cosa si tratta, e identifico l’origine di quell’odore sgradevole. La risposta gliela posso inviare soltanto con una lettera.
Caro avvocato,
ti voglio raccontare una storia.
“Il pirata più temuto della contea sta passeggiando coi suoi scagnozzi in una viuzza del porto. Incontra il monello più terribile della contrada. Il monello ha picchiato un ragazzino e gli ha rubato due mele.
- Come osi moccioso perseguitare i fanciulli del borgo?
- Lo dici tu a me, pirata? Tu che hai ucciso mio padre e derubato i miei fratelli?"
Come sanno i cantastorie, caro avvocato, quel che più conta è il punto di vista.
E il tuo, se mi permetti, è un po' tendenzioso.
Se i crimini dell’imperatore servono a giustificare quelli del pirata, allora per un attimo sono disposto a dimenticarli. Il pirata ha i suoi motivi per accusare l’imperatore, ma noi non abbiamo il diritto di ignorare le sue vittime.
Con stima e affetto.
Chi siano l’imperatore e il pirata, le vittime dell’uno e dell’altro, decidetelo voi.
Tutti prima o poi incontriamo il nostro avvocato. Quando capiterà a voi non fate come me, rispondetegli in faccia.